venerdì 21 aprile 2017

Una conquista del laicismo: La sanità separata dalla misericordia

Il sistema ospedaliero genovese, fondato, in altri e migliori tempi, dalla carità dei cattolici e sostenuto da una magnifica tradizione civile, oggi è umiliato e avvelenato dalla cultura, che si autodefinisce laica e democratica.
La buona volontà e la straordinaria competenza dei medici e degli infermieri si infrange contro il muro di usi e costumi ispirati dal delirio post-cristiano, in atto galoppante e furente nel pensiero della classe progressista al potere.
Ricoverato (grazie a Dio per una breve durata) in un ospedale genovese di antica ma epurata e censurata tradizione cattolica, ho sperimentato il conflitto, in atto tra medici e infermieri capaci e volonterosi e un sistema avvelenato e sconvolto dalla ideologia democratica e dalla taccagneria dei progressisti.
La promiscuità galoppante nelle risparmiose corsie, ad esempio. Nell'opprimente, obliquo e soffocante schieramento dei letti, pazienti di sesso maschile sono a stretto contatto con donne anziane e non silenti. Una soluzione umiliante e insensata, dal momento che l'ospedale di cui sto parlando gode di spazi enormi. Purtroppo la sanità democratica ha profonde e geometriche ragioni, che la ragione umana non può comprendere.
L'energica infermiera che mi consegna un termometro annuncia il fracasso della notte incombente e suggerisce e raccomanda di non nutrire l'illusione di dormire.
La notte, infatti, corre sul filo di un surrealismo socializzante: capannelli di attempate e dotte visitatrici (probabilmente abusive) affrontano (a voce alta, davanti al letto incolpevole di un loro parente) i più scabrosi e insensati dilemmi della filosofia, che esse associano al nome (da loro venerato) di Emanuele Severino.
La vanità (lo ha dimostrato Raffaele Perrotta nel magistrale saggio sul delirio trionfante) ha una struttura terribile/invincibile, tuttavia il teatrino chiacchierante a voce alta, si potrebbe sconsigliare e forse vietare, almeno, nelle corsie notturne degli ospedali.
La pornografia irrompe perfino nelle sedi della sofferenza, che la cultura progressista associa alla promiscuità. L'anziana vicina del mio letto, infatti, avvia (cantando a squarciagola) uno spogliarello, che per la fortuna degli occhi vedenti è interrotto e sventato dalle energiche infermiere di turno.

Nel fondo buio della corsia il rantolo assiduo di uno sconosciuto accompagna il concerto dei catarrosi. La fredda luce dell'alba interrompe l'incubo. Prelievi e analisi del sangue. Infine un valente e amico medico mi annuncia la dimissione. Giusta la sentenza di un celebrato scrittore, la malattia può attendere.

Piero Vassallo

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