venerdì 14 aprile 2017

PIANTO SUL RISO (di Piero Nicola)

  La faccenda è paradigmatica: rappresenta il flagello della mondializzazione, cara nondimeno all'UE. La produzione nazionale del riso sta attraversando una crisi nera a causa della concorrenza internazionale, orientale, e chi dovrebbe porre rimedio fa promesse risibili.
  A Roma i risicoltori hanno manifestato sonoramente la loro protesta. Gli argomenti sono forti. Al di là della semplice concorrenza priva di confini (di per sé iniqua, in quanto impedisce di tutelare la vita di comunità storiche e popolose) i danneggiati denunciano una concorrente produzione estera che sfrutta la manodopera e usa pesticidi, vietati dalle nostre leggi.
  Il ministro dell'agricoltura ha dichiarato alla tivù che chiederà a Bruxelles il permesso per i venditori italiani di riso d'applicare le etichette che indicano la provenienza del prodotto. Questa, è lo stato di dipendenza del nostro Paese nei confronti di un governo europeo, chiamato "commissione", autonomo rispetto alle nazioni dell'unione, fedele al progetto del mondialismo.
  Cari amici, il mondialismo riposa sul corollario del libero mercato, il quale è un principio democratico inviolabile. Non sempre lo fu; i dazi doganali ebbero, sino a non molti anni or sono, le loro brave giustificazioni. Ma il Progresso evolutivo, consorte della Libertà, non ha mancato di onorarla superando le separazioni, le anacronistiche protezioni così contrarie agli scambi esenti da discriminazione, da privilegi, contrarie alla benefica e buona solidarietà universale. Infatti il posporre l'economia, la sua legge universale agli interessi di una comunità, oggi è negato e disprezzato col termine denigratorio di protezionismo. E questo, nella presunzione che i liberi scambi di ogni genere siano la premessa necessaria per un vantaggio generale, per il benessere di tutti.
  Tale dottrina economica malfondata, che riguarda gli interessi materiali e di sussistenza, che tocca il portafoglio individuale, va a sostenere il miscuglio delle nazioni, è incentivo a credere al  profitto che verrebbe da una società che è congerie di varie civiltà, dove si esclude una civiltà egemone assimilatrice e degna di simile ruolo. Non vale neppure l'esempio degli Stati Uniti quale federazione e paese cosmopolita. Essi, almeno fino qualche tempo addietro, facevano ben assimilare all'emigrante il loro spirito e la loro cultura, e gli emigranti divenivano americani, non già dei senza patria, astratti cittadini del mondo. Per altro, tale identità statunitense, se ebbe un certo successo materialistico, essendo liberale e democratica fu moralmente scadente, destinata al brutto declino in cui adesso va brancolando. Il lavoro, la produzione tecnica, l'iniziativa sono un'igiene che da sola non salva l'anima e, alla lunga, rovina il corpo personale e sociale.
  In Italia la decadenza provocata dalla mancanza di ideali e di valori autentici, la democrazia sostanzialmente individualista e immoralista, il buonismo, l'animalismo, la religione corrotta, corrispondono a una disgraziata unione europea e a un mondialismo privo di qualsiasi profitto.
  L'Alitalia semi svenduta allo straniero sta fallendo. Le grandi aziende di servizi pubblici (ferrovie, telecomunicazioni, autostrade, banche, assicurazioni) non sono più nostre: sono sul mercato, alla mercé di qualsiasi interesse superiore al nostro interesse. Non abbiano una moneta nazionale, utile per difendere i nostri beni. Il nostro debito pubblico è largamente in mano a finanzieri esteri e all'altrui speculazione. La liberalizzazione economica senza frontiere, ha consegnato aziende d'ogni importanza a multinazionali che agiscono anzitutto a vantaggio di soggetti estranei, noti o ignoti, e ha condotto altre nostre imprese fuori dell'Italia. Nel Gran Milàn, il Milan e l'Inter non sono più milanesi, ma di proprietà asiatica. Berlusconi culla e bacia il candido agnello pasquale con un'aria proprio commossa, commosso come la Brambilla non sa mostrarsi, adusa com'è alla popolare battaglia per la salvaguardia degli animali; nella quale un tempo eccelsero gli inglesi, tanto che i maligni dissero che a loro l'animale stava più a cuore dell'uomo straniero.
  Ma erano pregiudizi di tempi oscuri, riscattati dalla pienezza democratica, dalla pienezza dalla libertà e dei diritti, dall'evoluzione dell'Unesco, che conferisce patenti ambite alle bellezze d'ogni contrada, la quale ne esce un poco espropriata, perché esse appartengono all'umanità.
  Gira e rigira si finisce sempre nella melassa internazionalista, solcata dalle prore superbe dei grandi magnati; escluso il Berlusca. Egli è troppo dolce per il dominio, e deve credere sul serio nei suoi poveri ideali. Mi sa che anche Trump farà la stessa fine, oppresso e rincitrullito dai ricatti.


Piero Nicola 

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