venerdì 17 marzo 2017

IL BEATO STATO DI DIRITTO (di Piero Nicola)

  I beati conformisti vagamente prostituiti amano chiamare Stato di Diritto uno stato che si regge sulla legge positiva, emanata da un parlamento di eletti qualsivoglia, molti dei quali sono poverini, aventi appena i requisiti morali e intellettuali del chiacchierone o del facilone sprovvisto di soverchi scrupoli.
  Ma non sono soltanto i politici e i loro collaboratori da telenotiziario a vantare e ricordare l'illibatezza, la dignità, il pregio eccellente e precipuo dello Stato di Diritto, ovviamente democratico; ci sono barbe di professoroni, di esimi studiosi, che hanno plasmato, rifinito, offerto alla venerazione universale il monumento dello Stato di Diritto. Essi hanno dimostrato come sia un'inezia, un fatale neo di poco momento il fatto che lo Stato di Diritto si fondi sull'uguaglianza, morale e delle capacità politiche, attribuita a tutti i cittadini, aventi pertanto una stessa sovranità di elettori. I professori avrebbero posto in non cale il piccolo inconveniente, se uno zotico campagnolo non avesse osservato che gl'ignoranti hanno minima voce in capitolo nelle questioni che contano per la comunità, nessuno di loro è capace di diventare il sindaco del paese, e se il sempliciotto non avesse bensì protestato che le persone oneste bisogna che abbiano un maggior potere civile rispetto ai disonesti, la cui vita disordinata è di pubblico dominio. Insomma allo zotico suonava male che lo Stato di Diritto potesse commettere l'ingiustizia dell'uguaglianza di ciascuno e di chiunque nella sovranità.  
  I soloni in materia istituzionale sorridono comprensivi e dicono: "Trovami tu il sistema per distinguere i migliori e i peggiori fra i cittadini e dare loro una patente di elettore, o di candidato, di prima, seconda e terza classe!" I più intelligenti ti mettono a terra effondendo la parola sublime: la Dignità umana, così cara a Bergoglio e ai suoi predecessori, che non guardarono per il sottile di fronte ad essa. Tutti sono figli di Dio, tutti idonei a svolgere, attraverso la facoltà di voto, le medesime funzioni di giudici sui costumi e sull'intera conduzione della vita pubblica. Tutti anche degni di essere eletti e incaricati dei poteri statali. Il magnifico principio dell'égalité - proclamano i semplici umanitari - ignora la preparazione, che rende, per esempio, certi individui e non altri, capaci di svolgere un mestiere o una professione; l'égalité aborre dal privilegiare gli idonei a ricoprire incarichi di fiducia, rispetto alle care persone cui non si affiderebbero le chiavi di casa. Purtroppo l'intelligenza non arriva a tutto, e quei perspicaci, magari tratti in inganno dalla neochiesa, non sanno che l'uguale dignità delle creature è alla nascita, mentre, in seguito, dipende dalla responsabilità individuale l'essere degni, meno degni o indegni, anche senza aver perduto la facoltà elettorale. Quei saggi stabiliscono che chiunque abbia la fedina penale pulita può scegliere per il meglio il candidato legislatore il quale, a sua volta, approva o disapprova il governo. Esula dalla loro sapienza, in maggiori faccende affaccendata, e pare loro trascurabile che i candidati dei partiti (costituzionali) si contrappongono fieramente, con idee e programmi tra loro incompatibili, e che, per forza di cose, le fazioni curano anzitutto il proprio interesse. La grandezza della primitiva Dignità umana risolve ogni deficienza di conoscenze, di discernimento, e anche di buona condotta.
  Dunque, bando alle fruste obiezioni mosse alla validità e all'onestà democratica. La democrazia ha dimostrato di reggere a lungo con le sue magagne, con i suoi peccatucci giustamente nascosti ai sovrani popolari. L'essere umano è sacro, il sovrano popolare è sacro, sacro il consesso dei deputati, sacre le loro leggi. Perciò, essendo intangibili i decreti d'assemblea costituente o di parlamento, la questione è chiusa. Casomai il presupposto di tale intangibilità venisse meno, coloro che vantano il nostro Stato di Diritto straparlerebbero, anzi ci avrebbero preso per i fondelli.
  Però non finisce qui. Come mai lo Stato di Diritto tollera l'empietà con cui si sfornano leggi che gridano vendetta al cospetto di Dio, violando il Decalogo (libertà di offendere l'Altissimo data alle false dottrine che oltraggiano il Signore, liceità di commettere peccati mortali), e tollera che si violi la legge di natura con la legalizzazione dei delitti contro natura?
  Ma siamo umili, da bravi cattolici rimettiamoci all'autorità religiosa, che si fa mallevadrice dello Stato di Diritto. Potremmo citare centinaia di dichiarazioni dell'ultimo magistero che approvano e sostengono i principi della vigente democrazia, ossia il diritto del laicismo statale. Si chini, ancora una volta, il capo davanti all'autorità che siede sul Trono di Pietro, o dovremmo rigettarla? O una cosa o l'altra. Esiste forse una via di mezzo, una parziale autorità? Ma sì, che la troviamo! Per una volta salviamo capra e cavoli, riconoscendo papa legittimo Bergoglio, e altrettanto i suoi ultimi irenici predecessori, che pure predicarono l'eresia della cosa pubblica indipendente dal Re dei cieli. Così staremo in pace con la nostra coscienza corretta, corretta come si fa zittendo le voci impertinenti che cercano di scombussolare i buoni, i rispettosi delle potestà disposte da Dio, rispettosi degli usi e dei costumi legali, all'ombra del consolante Stato di Diritto. Perché, se lo Stato di Diritto è la legge uguale per tutti, esso deve anche garantire che le leggi siano rispettabili, altrimenti esso è disprezzabile e la sua presunta imparzialità non vale un fico secco. Suvvia, prendiamo esempio dai versipelle vegliardi ecclesiastici, che hanno mostrato in che modo si debba stare al mondo!


Piero Nicola 

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