martedì 7 febbraio 2017

Viaggio intorno alla pastorale talismanica

Una pseudo-pastorale della famiglia vuole piacere al mondo, alla  opinione pubblica, ai potenti di questo mondo, anziché alla chiara  ed esigente verità di Cristo.   I propagatori clericali di tale pseudo-pastorale  mostrano un amore al mondo che è sempre paura del mondo  e complesso d'inferiorità nei confronti del mondo.
 Athanasius Schnreider vescovo ausiliare della diocesi di Astana


 Insigne studioso e strenuo difensore della verità cattolica, che è calunniata, aggredita e alterata dai furori in ebollizione nelle pentole arroventate dal delirio iniziatico e del buonismo pseudo-ecumenico, Guido Vignelli è l'autore di un avvincente saggio, “Sei parole talismaniche”, in questi giorni edito in Roma a cura della animosa e strenua associazione cattolica Tradizione Famiglia Proprietà. Tale associazione contesta la teologia buonista, che promuove la tendenza (anarcoide) ad assolvere il trasgressore della morale e a contestare i tribunali ecclesiastici e le leggi da loro interpretate e applicate. 
 Vignelli va dritto al cuore del problema che affligge la cultura cattolica del post-concilio ed afferma, risolutamente, che “la nuova pastorale tende a concepire la parola misericordia come espressione di una carità che si pone in concorrenza o in alternativa con la verità. Spesso ci si preoccupa di ammonire che la verità non deve essere separata dalla misericordia, il che è vero; San Paolo avverte ce pieno compimento della legge è la carità (Rom., 13,1) per cui bisogna fare la carità nella verità (Ef., 4,16). Tuttavia talvolta si pretende che fare la verità non sia di per sé un'azione misericordiosa, per cui si debba bilanciarla o addirittura correggerla esternamente con la misericordia, il che suppone una misericordia estranea alla verità, realizzando quindi proprio quella separazione che si diceva di vole evitare”.
 Rigorosa è la puntuale confutazione della pastorale novista, influenzata dal pregiudizio buonista, secondo cui è finalmente esclusa la emarginazione di ciò che un tempo era giudicato irregolare o immorale: “oggi va incluso a pari titolo e senza condizioni, non solo nella società ma anche nella Chiesa”.
 Il furore inclusivo altera la vista e appesantisce la ragione dei pastori modernizzanti inducendoli a credere (osserva Vignelli) “che ormai sia difficilissimo trovare coppie o famiglie perfette in ogni aspetto. Pertanto, un sano realismo richiede di rassegnarsi alla crescente prevalenza di coppie e famiglie imperfette, con le quali la società e la Chiesa devono pur convivere”,
 Insieme con l'esuberante e sfrenato buonismo, figura della carità capovolta nel cimitero degli illuminati, procede la rivoluzione del vocabolario ecclesiastico, “ad esempio una coppia che vive in stato scandaloso di concubinato non può essere qualificata come meramente imperfetta, ma deve essere giudicata come immorale in quanto pubblica peccatrice”.
 Ridotta a scaramuccia cortese la guerra cattolica contro l'eresia e i mali che essa – infallibilmente – produce si rovescia nel teatrino dell'arrendevole buonismo.
 Di qui l'apprezzamento, che i cattolici refrattari alle suggestioni confusionarie e cineree emanate dalla teologia progressista, tributano ad autori refrattari (al pari di Guido Vignelli) al canto arrogante e sguaiato (ma esausto e obsoleto) delle sirene arruolate dai promotori del delirio teologico. Un fiume di parole rumorose, che sono emanate dal vano desiderio di stupire gli esausti tifosi dell'apostasia e di piantare il vessillo del nulla sulle rovine del mondo moderno.

Piero Vassallo

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