martedì 14 febbraio 2017

Domenico Longo, critico del fisco vorace

Qualificato studioso e intrepido esponente della destra popolare, oggi resa invisibile dalla fumosa e indecorosa presenza di brutte copie, il compianto Domenico Longo è stato uno fra i più lucidi e spietati critici della stupidità neocapitalistica e dei suoi soffocanti/asfissianti comandamenti.
 Un puntuale giudizio formulato da Longo decapita e ridicolizza i pensieri in umiliante, disastrosa circolazione nelle menti dei consumatori manipolati dai capitalisti vestiti di nuovo, come il Valentino di pascoliana memoria: E' assolutamente impensabile che si possa vivere al passo con i tempi senza avere il telefonino o l'autovettura o gli altri strumenti a cui la modernità s'ispira e su i quali poggiano i suoi presupposti. Tutti vanno a caricare il telefonino, così come tutti mettono il carburante nelle proprie vetture”.
 Refrattario alla implacabile censura attuata dagli scagnozzi dell'oligarchia democratica, atea e materialistica, Domenico Longo ha dimostrato e rappresentato magnificamente la perfetta distanza che corre tra gli indifesi contribuenti e un fisco in perpetua oscillazione tra demagogia, rapacità e soggezione ai dogmi del neocapitalismo.
 Di qui un approfondito, puntuale e impietoso esame dell'infelice rapporto instaurato tra i contribuenti italiano e il fisco. Rapporto che Longo ha descritto con singolare puntualità: “Quando si parla di evasione dobbiamo con rigore fare una doverosa distinzione e cioè dire che v'è l'evasione fiscale, quella vera, e che v'è l'evasione fiscale attuata per legittima difesa da esercenti deboli e da piccole e medie imprese aggredite spropositatamente da un fisco predone. La maggioranza di queste piccole imprese riesce a mantenersi in vita perché non ottempera a quanto previsto dalle inique leggi fiscali italiane”.
 A dimostrazione del tragicomico funzionamento del vorace fisco nazionale, Longo cita alcune storiche vischiosità, potenziali pagine di un calendario surrealista: “in materia fiscale paghiamo, su ogni litro di carburante, le accise per la guerra di Abissinia del 1935, per la crisi di Suez del 1956, per il disastro del Vajont del 1963, per l'alluvione di Firenze del 1966, per il terremoto del Belice del 1968, per il terremoto del Friuli del 1976, per il terremoto in Irpinia del 1980”.
 Le deprimenti e incubose statistiche riguardanti il numero dei fallimenti, dichiarati ogni anno dai tribunali italiani, confermano le ragioni di Longo e perciò pongono il problema (o il sogno) di fondare (finalmente) una destra capace di uscire dal porto delle nebbie progressive e di navigare, con la necessaria intrepidezza, nelle acque continuamente agitate dai macigni in caduta dai vertici del capitalismo e del socialismo.
 Refrattario ai peli, che il potere democratico posa sulla lingua dei giornalisti di servizio, affermava il Nostro coraggioso e compianto amico: “Sono tanti gli esponenti di governo, mascalzoni, disonesti, che continuano a farla franca e ad approfittare ai sacrifici della gente onesta, laboriosa, per assicurare a se stessi una condizione di opulenza addobbata di sfarzosità e privilegi”.
 L'umiliante naufragio della vecchia destra, oscillante tra il vuoto politico di Gianfranco Fini e l'affarismo dei Tulliani, conferma che aveva la ragione l'onesta, implacabile e purtroppo inascoltata critica di Longo.
 La rinascita di una destra fedele alla genuina tradizione italiana non può fare a meno della lezione che si legge nella magnifica biografia di Domenico Longo e nei suoi scritti, ispirati da un invincibile amore per la Patria italiana per la giustizia.

 Di tali indeclinabili valori è degna erede la sagace figlia di Domenico, Rosalia, direttrice della intrepida rivista L'Altra Voce, fondata dal padre negli ormai lontani anni Ottanta del Ventesimo secolo.

Piero Vassallo

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