giovedì 12 gennaio 2017

POST – CATTOLICESIMO (di Giuliano Rodelli)

“La modernità si rivela enigmatica nella sua intima essenza e apparentemente non vi è modo per superare questo enigma…una generica consapevolezza di questo fenomeno affiora nelle ansie di tutti.”[i]  
Non sappiamo quanto la traduzione sia stata fedele, ma il termine enigma” (gr. ainigmad a ainissomai “faccio allusione copertamente”, parlo oscuramente”) attribuito alla nostra epoca, sembra corrispondere in qualche modo alle definizioni che ne dette il mondo della Tradizione. Ma chi l’avrebbe detto che l’età ultima, il kali-yuga, si sarebbe risolta in sussurro apparentemente inoffensivo, in un appena distinguibile “come se…?

La mia preoccupazione nasce dal timore che le anime dei cattolici vengano un po’ alla volta forzate dentro una sorta di tunnel di narrazioni (ossessive, le si trova ovunque nei messaggi pubblicitari, sui rotocalchi, sui quotidiani, sul web, ma penso anche alle immagini prodotte dalla nostra mente dopo la lettura di uno scritto) che ormai costituisce un intero sistema di immagini, abilmente confezionate dai dottori del potere. Il tunnel appare come rivestito da narrazioni sulla realtà, una quantità incredibile di “come se…” premuti sulla nostra fede e sulla vita di tutti i giorni con il dissimulato scopo di sostituire la stessa realtà. Il senso è molto simile al “mito della caverna” che si trova nel VII libro della Repubblica di Platone scritto all’inizio del IV sec. A.C.

Potremmo dire con un po’ di immaginazione che all’entrata di quel tunnel esista la scritta post-cattolicesimo o anche cattolicesimo “come se” o ancora emozioni cattoliche (e nessun intelletto) o infine estetica del cattolicesimo. Occorre precisare: “l’estetismo” è la dottrina che considera i valori “estetici” come i massimi nella vita dello spirito; estetica è il termine che dal greco indica la dottrina della conoscenza sensibile e anche la teoria dell’arte. Se lasciamo che si innestino nel cattolicesimo generici valori “estetici” (dal greco aistethikos = che si riferisce alla sensazione, alla percezione) assumendoli come i massimi nella vita dello spirito e lasciamo prevalere la conoscenza “sensibile” delle verità rivelate sulla conoscenza del cuore, rischiamo all’improvviso di sbattere contro il diamante di Gesù che dice di sé “io sono la Via, la Verità e la Vita e non si va al Padre se non attraverso me”. La nostra religione si fonda sullo Spirito Santo ed è tanto fondata su di Esso che “… qualsiasi peccato e bestemmia sarà perdonata ma la bestemmia contro lo Sprito Santo non sarà perdonata.”[ii] Fra il credere ed il non credere non esiste un “credere come se”, un credere emotivo, non esiste una terza via del credere come non si possono servire due padroni. O se ne “odierà l’uno e amerà l’altro oppure sarà fedele a questo e disprezzerà quello.”[iii]
Mi preme mettere in guardia in particolare dalle narrazioni che mirano ad imporre di fatto ai fedeli una terza via cristiana, un come se…(fossi cristiano, un cristiano così e così). É possibile che esse muovano da centri di potere (politico, economico, massonico, finanziario, religioso, intellettuale), dalle grandi università, dagli intellettuali vogliosi di successo, dalle agenzie di stampa internazionali (ricordo che l’agenzia italiana, l’ANSA è stata fagocitata di recente dalla Associated Press e sarà questa che da New York ci dirà che cosa dobbiamo sapere e che cosa no). La vita intellettuale di tutti noi si muove ormai all’interno di molti post-, orientati tutti verso il “superamento” della storia, della verità o della realtà utilizzando come ho già detto il sistema delle narrazioni, dei racconti, del come se… La verità, la realtà, la storia che restano fuori delle logiche di superamento sono condannate alla perdita di importanza. Il timore è che il cattolicesimo, restato fuori delle logiche di superamento dello stesso, possa dar vita ad un del post-cattolicesimo. Piede di porco, la seduzione.
La seduzione (sedurre significa indurre al male, allettare, circuire allo scopo di ottenere qualcosa) suscitata dalle immagini che alterano la realtà, la edulcorano, la pilotano, la stornano dalla sua essenza (penso per esempio ad avvocatesse che per strada sembrano modelle in sfilata o a prossime giovani madri che maliziosamente fanno virare la loro immagine verso quella dell’indossatrice magari un po’ più tonda, eccetera), la seduzione dicevo, sposta la riflessione del fruitore dal naturale desiderio di conoscenza, di valutazione dei dati circostanziali in suo possesso verso il piacere estetico, verso la sensazione e la percezione: clicca pollicione “mi piace”, dai dai emoziònati… (non c’è bisogno che tu perda tempo elaborando altro tipo di giudizi tanto se piace, vendo, se piaci, ti vendo, se piace…). Narrando la realtà impercettibilmente la si storna e infine la si riduce al foglietto di carta o alla manciata di pixel che stiamo guardando. Il limite della falsità conclamata sta lì a soli due millimetri. Cacciari ricordava che non occorreva più scomodarsi a dichiarare la morte di Dio, bastava solo pensarlo come irrilevante.
La notizia è stata riportata da Maurizio Blondet. In Ucraina si è svolta una “processione della pace” che ha attraversato il paese, “portando a Kiev centinaia di migliaia di persone in pacifica protesta contro il  regime. Nessun medium europeo ne ha parlato. Un gruppo elvetico di cittadini ha chiesto alla televisione svizzera il perché del suo silenzio. Risposta: “Fino ad oggi non abbiamo ricevuto dalle agenzie indipendenti, da cui riceviamo le immagini, Reuters, AP, AFP, alcuna informazione e alcun materiale video su questa marcia. Secondo le ricerche del nostro corrispondente, la marcia non è così importante come si pretende”.[iv] Indipendenti, le agenzie! Tradotto: un illustre sconosciuto dice al resto del mondo: il fatto non l’ho giudicato importante dunque… non è esistito. Nemmeno Dio ha potuto far tanto! Lazzaro non è che non sia morto, è resuscitato ma non si è potuto fare come se non fosse morto. Sottacere una verità importante come una processione per la pace in un contesto geopolitico come quello ucraino ed in tempi come i nostri equivale a mentire. Per il tornaconto degli USA. 
Occorre ricordare che l’Associated Press “è la rete di informazione globale essenziale che fornisce notizie tempestive ed indipendenti da ogni angolo del mondo per tutte le piattaforme media ed in tutti i formati. Fondata nel 1846, oggi AP, è la fonte più riconosciuta di notizie ed informazioni verificate e indipendenti (sic!). Ogni giorno oltre la metà della popolazione mondiale vede notizie di AP.”[v] Come dubitare del fatto che le menti degli abitanti di questa terra possano sfuggire alla presa? Se si ignora il fatto, il fatto non esiste, se se ne conosce l’esistenza si può sempre mentirvi intorno, ti pare? Clicca pollicione “mi piace”… oh sì, buongiorno Satana! 
Dalla seconda metà del ‘700, in occidente, come un impazzito seminatore di zizzania all’opera, una specie di Potere che appare anonimo e ubiquista – servendosi di circoli di volta in volta creati in funzione di uno scopo da raggiungere secondo uno schema ignorato dai sudditi distratti ma rinvigorito giorno dopo giorno dallo gnosticismo dei pochi eletti – rilascia messaggi ed immagini relative alla realtà (si pensi alle agenzie pubblicitarie, al circuito gossip-rinomanza-danaro-televisione-cinema-premi (Oxford vorrebbe premiare anche una singola parola) capaci, mediante l’estetismo, di alimentare all’infinito la seduzione. Ricordo che l’estetica e gli estetismi attengono se mai al bello, che sia seduttivo o meno non importa, ed è menzogna grave – perché gravemente distorsiva – lasciar credere che estetica e seduzione coincidano. Anzi l’immagine seduttiva è quasi sempre pattume, cascame di una immagine bella (il bello ha le sue regole, come ad esempio il rispetto delle proporzioni, ed occorre conoscerle anche se siamo stati indotto a dimenticarle). Insomma una sproporzione può sedurre ma resta brutta. Ora, confondere il bello col brutto (piacente)…
Vorrei aprire una parentesi circa la natura e l’uso dell’ideologia. Parafrasando Marx potremmo dire che mediante la seduzione si induce una viscerale falsa coscienza dei rapporti di dominazione. Al centro dell’ideologia permarrebbe la nozione di falsità. I pontefici della falsità possono essere di volta in volta gli “immettitori” (il senso lo vedremo dopo), o i Padroni del Discorso (anche questo vedremo) o i distruttori creativi o, se più piace, gli “illuminati”. Personalmente preferisco il termine allocrati (allokrati, dal greco alloz = altro,  diverso  e  kratos  = potere )uomini dalle anime perse. Credo infatti che si tratti di uomini “altri”, secondo la qualità e persino secondo la natura. “Altri” e dunque lontani dal Bene, dall’Etica, dalla  Politica, altri dalla Società, altri dai bisogni dei popoli, altri dalla gerarchia dei valori intorno ai quali l’umanità, per quasi tremila anni ha ruotato.[vi] Con allocrazie ho inteso indicare quella forma di potere che è sì un potere antropologico ma che si realizza mediante “presa” (di potere). Ed ho preferito l’etimo di kratos a quello di arkeuω per le ragioni addotte da Schmitt secondo il quale esiste una profonda differenza fra “archia” e “crazia”(ad esempio fra mon-archia e demo-crazia)[vii]. La “archia” indica un potere che proviene da un Principio, dall’origine, dal divino, mentre la “crazia” designa “un potere antropologico mediante presa di potere (sottolineatura ns.)”. Di recente, entità sconosciute hanno provveduto in occidente a realizzare una simile presa di potere. Non da Dio, quel potere, non dal popolo ma da se stesse.
Il “nomos”[viii] significa “il luogo di dimora, distretto, luogo di pascolo… in base alla mentalità di un sistema positivistico della legalità – viene reso col termine “legge”. Sostiene ancora Schmitt[ix], il “nomos” compenetra le archie e le crazie. “Nessuna di loro fa a meno del nomos… Monarchia è, per esempio, la forma di sovranità nella quale uno comanda, questo uno, il monos, è soggetto e detentore della sovranità o potere. Nella democrazia è il demos soggetto e detentore della crazia. Invece nella parola oikonomia (economia = amministrazione della casa, ns.), al contrario, l’oikos (= la casa)  non è soggetto e detentore dell’economia e dell’amministrazione, ma piuttosto oggetto e persino materia”. Risulta così evidente che il principio ordinatore, l’ordo ordinans, in economia è posto fuori di essa. Il soggetto e detentore dell’economia infatti non è la casa stessa ma il capofamiglia patriarcale, quel che corrisponde al demos in “democrazia”ed al monos nella “monarchia”. In esso risiedono le potestà “religiosa e morale, potestas giuridica e competenze decisionali in materia economica”. Nel nostro caso, nel caso dell’economia, la presa di potere di cui si è detto viene realizzata da elementi di umanità “altra”. Non dal legittimo e naturale detentore dell’economia, (il politico, il sovrano ad es.) colui in testa al quale sta la “potestas”. A conferma ricordiamo che in passato molti sono stati i richiami espressi da politici illustri diretti a censurare la cessione di quel potere a terzi, a soggetti cioè non legittimati da alcunché
Credo che riflessioni del genere acquistino un maggior peso se le si connette con il concetto di algenia. Esso “significa cambiare l’essenza di una cosa vivente… Le arti algeniche sono rivolte al miglioramento degli organismi viventi già esistenti e alla progettazione di organismi interamente nuovi con l’intento di perfezionarne le prestazioni… L’algenia è un modo di pensare la natura, ed è questo nuovo modo di pensare che stabilisce il percorso per la prossima grande epoca della storia.”[x] A me sembra che l’algenia abbia dapprima modificato l’essenza di alcuni uomini facendoli mutare in allocrati dall’anima buia, oscura, irredimibile proiettati ben lontano dai loro simili. Solo successivamente ha cambiando l’essenza dell’uomo della strada e lo ha fatto diventare suddito e servo nell’anima. Ad essere sinceri “la prossima grande epoca della storia” non riesco ad intravederla. Oggi come oggi mi sembra di intravedere zero epoche, estinzione del mondo conosciuto, animato e non, morte e distruzione ovunque. Ma forse, come direbbe “babelwood”, mi son perso qualcosa per cui si ha la sensazione che ogni singola parola potrebbe bellamente essere non detta dal momento che se detta potrebbe significare simultaneamente due opposti. Forse è veramente tempo di tacere e limitarsi a cliccare o non cliccare pollicione “mi piace”.
La narrazione come sistema di pensiero intorno ai fatti si sarebbe sviluppata dapprima in ambito politico interessando successivamente l’economia, la sfera sociale, la dimensione religiosa, la finanza. Pensate, è accaduto che un bel giorno un blasonato banchiere centrale abbia pronunciato 4 (quattro) parole. I mercati sono andati a fondo o alle stelle non ricordo e nel frattempo persone in carne ed ossa si siano arricchite o si siano impoverite. Ecco un esempio di narrazione (del nulla) contro il buon senso della realtà.
Il peggio si ha, come ho detto, quando la narrazione pretende non solo di affiancare ma di sostituire la realtà, la narrazione diventa la realtà o, almeno, quella che qualcuno comanda che debba  interessare noi sudditi. I giovani in particolare ne vivono immersi. In clima di post-verità è così avvenuto, per esempio, che il giurista premio nobel per la pace abbia confuso disinvoltamente i fatti con la prova degli stessi. Egli, dopo aver ripetuto il concetto, lo ha fatto diventare (grazie alle agenzie di stampa) non più un assunto ma un fatto. 
Una docente universitaria non so se giurista, ha scritto:
“Il racconto è parte integrante dell’esistenza perché è attraverso la narrazione che si organizza il proprio vissuto e ci si mette in relazione con la società e con il vissuto degli altri. Questa necessità universale di disporre di storie entro le quali immettere la realtà e gli accadimenti quotidiani di quella realtà, che siano individuali o collettivi, ha una funzione di mediazione e di interpretazione del mondo, alla quale la politica non può sottrarsi [le sottolineature sono nostre ndr.].[xi] Precisiamo, ma molto altro ci sarebbe da dire, che non bastano le storie o le narrazioni (specie se ci si riferisce alle attuali) per ottenere interpretazioni del mondo. Si ha bisogno di ben altro, di meta-narrazioni eventualmente, realtà infinitamente più complesse delle narrazioni. Non è per caso che gli “immettitori” di realtà in storie possano lucrare dalle operazioni di  immissione? Per immettere non è che le nostre menti e ai nostri cuori siano stati in precedenza resi disponibili, “emozionàti” come suggerisce la pubblicità? Svenduto il buon senso, il peso dei fatti oggettivi scivola via mentre l’orecchio resta teso verso la captazione dei messaggi mediatici capaci di seduzione, ancora più seducente se  “narrata” (clicca pollicione “mi piace”.) É nella realtà che vanno immesse le storie specie se sono evidenti farneticazioni, non il contrario.   
Vediamo di mettere un po’ d’ordine: il vissuto significherebbe, secondo W. Dilthey “…un nuovo approccio gnoseologico ai fatti psichici… (un soggetto, ndr) non viene oggettivato di fronte ad un soggetto ma è da questi appropriato come evento della sua stessa vita e così conosciuto.”[xii] Il tutto organizzato in narrazioni. Naturalmente l’estenditrice di cui sopra non si preoccupa minimamente di indicare le sorgenti delle narrazioni, le logiche utilizzate per narrare né chi sono i fruitori ultimi né come si faccia a vivere quando al mattino si apre la porta di casa e di narrazioni non ne trovi, ma trovi le zanne di lupi famelici pronti ad azzannarti. E quando sei fortunato e le zanne sono coperte, ti devi armare (come Tarabas) di molta scaltrezza, di forte senso di responsabilità, di esperienza e… di silenzio. E se ti resta qualcosa forse usi l’empatia. Chiedo: e nel caso della  “processione della pace” svoltasi a Kiev? Chi decide se un fatto di un certo peso sia o non sia importante? Non è per caso che ci vengano imposte “visioni” su quel che dobbiamo o non dobbiamo conoscere? La conoscenza è la tecnica, la disponibilità o il possesso di essa per l’accertamento di un oggetto qualsiasi. Qui non sussisterebbe né la tecnica, né la disponibilità né tanto meno il possesso di qualcosa per… Una narrazione che prescindesse dall’errore o dalla verità non sarebbe narrazione ma menzogna più o meno seduttiva. Svincolata dal modo di essere delle cose in quanto esistono fuori della mente umana o indipendentemente da essa la narrazione presta il fianco alla menzogna.
Se fossi sicuro della verità, potrei dire di avere appreso dal giornalista d’inchiesta Aaron Klein che “…il  Poynter Institute, [dovrebbe essere una scuola di giornalismo generata da una molteplicità di istituti che l’hanno preceduta, ndr] – che gestisce l’Ifcn – ha tra i finanziatori anche l’Open Society fondazione che fa capo al finanziere miliardario George Soros”.[xiii] Chiarisco: l’Ifcn (Inernational fact-Checkig Network) “riunisce grandi media e organizzazioni di fact checking” (il fact checking dovrebbe corrispondere, forse, ad “un’attività critica cooperativa… [concepita,ndr.] per verificare la veridicità dei dati e delle notizie che vengono messe in circolazione…”[xiv]. Ora, se non ho capito male, l’Inernational fact-Checkig Network sarebbe il soggetto capace di esprimere narrazioni dentro le quali immettere il fatto e la sua realtà (di cui nel frattempo abbiamo perso le tracce).   
A meno che non si brami di entrare a far parte dell’entourage degli “immettitori” (qualcosa di simile ai “Padroni del Discorso ipotizzati da Israel Shamir o ai “distruttori creativi” di cui Ledeen ci ha detto) se magari smettessimo di raccontare meno storie, di immettere in esse meno realtà e di esporre, con la maggiore lealtà possibile, la realtà nuda e cruda che, detto ad onore del più vecchio dei miei maestri [xv], “resta ciò che si oppone alla menzogna”; se smettessimo di imbottire l’essere umano di menzogne le più offensive ed inverosimili (offensive perché inverosimili), di creare dal nulla danaro a palate e guadagnare potere ambendo di dominare in giro di qua e di là ampie per il mondo, è possibile che il nostro mondo girerebbe meglio.
Non vorrei far torto ad Hegel citandolo in occasione di comprovate insipienze umane ma è per via di una mia certa ansia determinata dal timore – lo si sarà capito – che sia in atto un ennesimo male perpetrato ai danni della Chiesa cattolica.
Hegel scriveva: “Dalla facilità con cui lo spirito si contenta, si può misurare la grandezza di ciò che ha perduto.[xvi]
La “facilità” è sotto gli occhi di tutti. Mi ricorda il noto piatto di lenticchie ceduto da Giacobbe all’affamato fratello gemello Esaù ricevendone in cambio i diritti di primogenitura (che all’epoca non erano poca cosa). Esaù era considerato primogenito per essere uscito prima di Giacobbe dal grembo materno. Il “ciò che ha perduto” (la seconda parte dell’espressione hegeliana) lo vedremo nelle prossime righe. Il motivo d’ansia (personale ma non solo) risiede nel profilarsi dello spettro di un nascente post-cattolicesimo (una “narrazione” di cattolicesimo, un “estetismo” cattolico) in cui il post- varrebbe non solo per un “dopo” temporale ma anche per l’“oltre” gnoseologico, conoscitivo ed etico per un “come se” fosse cattolicesimo” cui sembra aver messo mano il corrente “francescanismo” di sapore buonista oltre misura, dal fare solidarista più solidarista dei solidarizzati.
Lo sconcerto affiora quando sembra che non si ottengano risposte o non ci si preoccupi di confondere le coscienze. Sorvolo sulle risposte date decisamente “contro”. Insomma,  un post-cattolicesimo messo in coda agli altri post-: post-realtà, post-verità, post-storia insomma post-un-po’-quel-che-ti-pare. Per questa via scopriamo dall’oggi al domani la possibilità che nel cuore delle verità di fede sia possibile negoziare criteri e categorie che per millenni NON SONO STATI NEGOZIABILI. Mi sembra che si vaghi in un nebbione di approssimazione certamente più seducente del rigore evangelico fondato su “Ego sum via, et veritas, et vita: nemo venit ad Patrem nisi per me[xvii]. E sono molti quelli che versano in uno smarrimento fino ad ora sconosciuto. Come mai era successo prima, l’essere umano si trova in ogni momento a tu per tu con la menzogna: dubbi, domande, suggerimenti, falsità conclamate, connessioni, riscontri e rovesciamenti di ogni ordine e grado. Si sopravvive in un eccesso tonitruante di informazioni, di contraddizioni, di abbandoni di notizie date per certe e mai più smentite o confermate.[xviii] Questo sistema di narrazione della realtà di fatto attacca i fondamenti stessi della realtà. E lo smarrimento sta diventando uno smarrimento esistenziale stabile, sovrapponibile alla vita stessa e non viene più vissuto come effetto accidentale di circostanze. Il cadere nell’approssimazione su temi capitali come Via Verità e Vita si tradurrebbe in una seconda inchiodatura di Gesù, tipo come se (fosse) Gesù, un’apparenza di Dio, una sua narrazione. Diventerebbe forse più seduttivo? Il timore è che con il rifiuto della Via Verità e Vita, l’ultimo uomo (se nel frattempo non sarà diventato post-ultimo) venga a trovarsi in un deserto (in esso infatti non si intravedono vie), nel regno della menzogna conclamata (dove si è incapaci di distinguere le verità dalle menzogne o dalle opinioni personali) paurosamente immerso in una cultura di morte. Per questa via, le tre V di Gesù (Via, Veritas, et Vita) si trasformerebbero in tre “m”: io sono il modo (un’ipotesi di via), la menzogna e la morte[xix]. Satana potrebbe essere smentito? Parliamo di fatti, stupid, non di narrazioni. E tuttavia le porte dell’inferno non prevarranno ed i primi a saperlo sono i ministri che presiedono al paventato post-cattolicesimo. Essi hanno fretta.
La miccia mi fu accesa nello stomaco da certe righe scritte da Maurizio Blondet [xx]. E poiché sono trascorsi quasi dieci anni da quando ho smesso di dibattere questioni di tanto peso, prego il lettore di perdonare gli svarioni inevitabili – si tratta di carità cristiana, per favore – avresti fatto meglio a resistere alla tentazione, diranno tutti tranne uno – ma l’enormità della guerra nemmeno tanto strisciante portata alla Via, alla Verità e alla Vita comanda l’urgenza della testimonianza.
Blondet sostiene che al vescovo Galantino manchi la conoscenza. Ho il timore non che gli manchi qualcosa ma, al contrario, che la possegga. Ho il timore che, forse un po’ pasticciando, egli faccia parte di quegli “immettitori” di realtà dentro narrazioni. Chi semplicemente erra magari fa tenerezza magari appare in buona fede.
È noto che egli abbia sostenuto la narrazione secondo cui Sodoma e Gomorra non sarebbero state incenerite. O almeno così mi è sembrato di capire. È possibile che Galantino abbia confuso Sodoma o Gomorra con Bela (divenuta poi Segor così chiamata per le esigue dimensioni della città) dove Lot ottenne di rifugiarsi invece di arrampicarsi sul monte su cui (a causa della sua vecchiaia) non avrebbe fatto in tempo a rifugiarsi. Comunque il Padre lo esaudì.
La narrazione galantiniana potrebbe essere risultata più gradevole, meno severa, qualcosa di simile al “volemose bene” di modo che le due città avrebbero ottenuto la salvezza in extremis? Ma che fine dovrebbe fare il testo biblico che dichiara l’esatto contrario per via dell’inappellabilità del Signore? Anche il Signore entrerebbe nella dimensione dei post- ? Ci sarebbe la possibilità di cliccare su “mi piace” leggendo la versione galantiniana? La sua narrazione si è poi diffusa viralmente in rete? C’è da chiedersi se la insipienza possa produrre malefici minori di quanto non faccia un errore preordinato o una perfidia conclamata. Siamo poi così sicuri che le coscienze sarebbero vessate meno immaginando che i vertici di una istituzione siano occupati da insipienti invece che ieratici dottori menzogneri? Farebbe meno danno una spallucciata di una critica motivata cui si potrebbe risponderebbe con logica stringente? Sotto l’impero del racconto, della narrazione, delle cronache non verificate su rotocalchi, web o sui network, davvero tutto e il contrario di tutto appare possibile. Appare? Quel che è certo e che resta e continua a girare per la mente e dentro il cuore delle persone è il dubbio. In ordine alla tesi galantiniana le due città saranno poi state salvate o incenerite?
Blondet prosegue e mi chiedo: una mancanza di qualcosa (conoscenza) può essere contagiosa? Scrive: “É amaramente divertente vedere come l’ignoranza di Bergoglio sia anche contagiosa. La Segreteria di Stato doveva sapere che il Militare e Sovrano Ordine di Malta è appunto, “sovrano”, non fosse altro perché  ha un ambasciatore accreditato presso detta  Segreteria.” E che quindi non poteva darsi mandato da parte di Francesco ad una commissione di inchiesta di cinque membri che facesse luce sugli ultimi atti di governo del Gran Maestro dell’Ordine. È credibile un grado così elevato di insipienza? Qual è il rischio? Il rischio è la spallucciata dei fedeli, la loro convinzione di irrilevanza dei dottori della propria Chiesa, la dappocaggine prestata all’Autorità. Per questa via è crollato Dio (secondo Cacciari), sono crollati gli Imperi, gli Stati mentre la Massoneria prospera. Se la mancanza di qualcosa non dovesse essere contagiosa, la inattendibilità anche a proposito di un fatto banalissimo facilmente controllabile (questa è la definizione di fatto)potrebbe essere contagiosa?
Non bastava: appartiene alla narrazione o è verità di fatto accaduto la risposta di Francesco resa a chi domandava della sofferenza dei bimbi? Non perché, ma per chi”. “Anche questo è teorico”, ha commentato [Francesco ndr.]. “Perché i bambini soffrono? Non c’è risposta a questo”, ha ripetuto: “Soltanto guardare il Crocifisso, lasciare che sia lui a dare la risposta. ‘Ma padre, Lei non ha studiato teologia, non ha letto libri?’ Sì, [risponde Francesco ndr. ]ma guarda il Crocifisso: soffre, piange, questa è la nostra vita.” [xxi]
E che avrebbe potuto rispondere la postulante? Resta il rammarico per il fatto che questa volta gli “immettitori” abbiano ritenuto le esternazioni di Francesco una narrazione importante (e sconfortante) e che quindi sia stata riportata. Ma forse lo è stata perché conveniva alla narrazione
Comunque la si rivolti, non convince. Sarebbe per mancanza di conoscenza dei giudizi orripilanti che Lutero dava di se stesso che, Francesco, rientrato da Lund e Malmö dove un eresiarca sembra essere diventato un buon riformatore (con statua al seguito) si sia limitato ad inviare (dice la narrazione del fatto) agli italiani terremotati disperati e alla crollata Basilica di San Benedetto, Patrono d’Europa dal ’64, la semplice espressione “vi sono vicino”? Lì il crollo oltre che materiale è stato anche, se non soprattutto, simbolico. Ma forse, dice la narrazione, Francesco si tratterrebbe sul Soglio per soli cinque anni. Già, perché potrebbe accadere che la Chiesa sia chiamata a “reggere” due dimissioni papali e due papi emeriti. Per i Giusti che Lo hanno commosso quando Lo hanno temuto e pregato, preghiamo che il Padre non permetta. Per altri giusti Egli ha desistito. Se non ricordo male ci sarebbe anche una profezia in proposito. Sempre che la frenetica distruzione di Chiesa e di quel che resta dell’umanità non si tenti di realizzarla mediante bande. Tipo le “squadre” che hanno operato in Italia con il metodo degli staffettisti: Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Forse l’opera del singolo individuo darebbe da pensare.
Tanto per fare conto pari, la narrativa sussurra che persino lo scisma verrebbe avversato perché nessuno si salvi nemmeno gli scismatici fattisi tali per amore della Via, Verità e Vita.
Sì, Satana sta scuotendo violentemente i fondamenti del Creato e tuttavia le porte dell’inferno non prevarranno. 
Casualmente mi sono imbattuto in una sventagliata di post-qualcosaltro. Il primo è stato uno scritto di Jacob Taubes[xxii] (insegnante, filosofo, rabbino, sociologo della religione e specialista di studi sull'ebraismo austriaco) dove si può leggere che “la tesi secondo la quale la filosofia come storia — dagli ionici a Jena — delle riposte (e delle decisioni in esse contenute) alla domanda «che cos’è la verità?», è conclusa. In suo luogo la riflessione filosofica è dominata da un’«estetizzazione della verità», circostanza che in un certo senso corrisponde all’idea di “post-storia”… Non è qui in questione — come si potrebbe pensare — un’immagine del mondo (nel senso di un modello ecc.) ma il fatto che il mondo viene presentato come immagine e viene riferito a un soggetto che è sostrato. Il nichilismo è per così dire l’immagine rovesciata dell’estetizzazione della verità. È lo scavare e svuotare l’accadere storico: accade infinitamente molto, ma ciò che accade non accade veramente, o tutto accade solo ancora «come se».
La storia ottiene questo carisma del «come se» interamente nella post-storia. La post-storia sta dunque per principio, come mondo dei puri problemi di forma, nel segno dell’estetica”.
Per questa via potrei sostenere che la mia morte o la mia salvezza fisica ottenuta grazie all’abilità dell’ottimo chirurgo siano “come se fossero” accadute? O come se non lo fossero? 
Se non ricordo male sia per Locke (ed è quanto dire) e la Scolastica il sostrato non è altro che l’individuo reale, il soggetto o la sostanza come soggetto.
È possibile che il passare degli anni mi stia privando della lucidità necessaria.
A proposito del fatto si afferma: “… il fatto che il mondo viene presentato come immagine e viene riferito a un soggetto che è sostrato …” E allora? Ma non ve ne curate, dice Taubes e con lui Fukuyama (costui già membro del CFR ha dovuto correggere l’ipotesi super venduta della sua “Fine della Storia” su cui Taubes ha tentato di fondare la post-storia) e Kojève il post-nipponico “…ciò che accade non accade veramente, o tutto accade solo ancora «come se»”. Il che detto in altre parole significa che dell’occidente resterebbe solo l’immagine o una narrazione squinternata altrimenti detta chiacchiera. Non ve ne curate, ci rassicura il nostro, magari poi vi svegliate, un bel sole illumina la vostra stanza, la scalda e, aperta la finestra, una bell’arietta carezzerà il vostro viso. Chiedo: alla fine chi è che paga il conto di tutta questa storia?             
Se per «estetizzazione della verità» come scrive Taubes si dovesse intendere che i valori estetici sono da considerarsi primari e fondamentali rispetto, ad esempio, ai valori etico-religiosi o solo morali sarebbe come dire che la qualità della conoscenza debba essere prima di tutto bella e gradevole. Forse ci si dovrebbe rileggere il processo contro Gesù celebrato da Pilato. Sì, Hegel ha veramente ragione. Solo che quel che abbiamo perduto è andato tutto a beneficio dei dottori della legge stratosfericamente arricchitisi.   
La preposizione post-, come si è detto sembrerebbe assumere (il condizionale di questi tempi è d’obbligo) un valore polisemico molto incerto dal momento che in essa sembrano coesistere il significato (temporale) di dopo o quello (concettuale) di oltre nel senso di superamento o quello (modale) di approssimazione nel senso di come se o di quasi. È di questi giorni un piccolo scritto ironico a proposito di un ipotetico post-Grecia connesso con un post-storia. Forse si sarebbe dovuto scrivere di un “post-greci” dal momento che è la popolazione greca in carne ed ossa a sopportare carichi che i dottori del valore non toccano nemmeno con un dito mentre il parlamento ue si indigna se a Natale viene concessa dal Parlamento Greco una piccola regalia agli anziani.
Nei fumi degli eccessi d’ira mi è venuto da chiedermi: ma quante Norimberga occorrerebbero un giorno e quanti stadi di calcio saranno necessari  per contenere gli imputati per crimini contro l’umanità?
Eppure c’è stato chi non ha avuto vergogna di dichiarare: La distruzione creativa è il nostro secondo nome, tanto all’interno della nostra società come all’estero. Noi abbattiamo il vecchio ordine ogni giorno, dal commercio alla scienza, alla letteratura, all’arte, all’architettura ed al cinema alla politica ed alla legge. I nostri nemici hanno sempre odiato questo turbine di energia e creatività che minaccia le loro tradizioni (quali che siano) e la vergogna per la loro incapacità di sostenere il ritmo - Noi dobbiamo distruggerli per avanzare la nostra missione storica”.[xxiii] L’autore dell’espressione è M. Ledeen che l’ammiraglio Fulvio Martini, divenuto capo dell’intelligence italiana, bollò negli anni ’80 e ‘90 come «persona non grata» in Italia. Oggi la casa del distruttore (prima o seconda che sia) “sta” a palazzo Chigi.
A tormentarmi l’ altro drammatico post- è il post-verità.

In questo caso la preposizione post- potrà essere intesa solo nel senso di “oltre” e di “come se”. Anche perché credo che oltre la verità resti la doxa, l’opinione intorno a qualche cosa, o direttamente la menzogna.[xxiv] Ad essere disprezzata come lo era in passato non è l’”opinione” ma la verità (aletheia) a dir poco non amata. Il discorso torna perfettamente specie se a sostenerlo è Gesù.

“La frequenza d’uso di post-verità è del resto destinata a crescere, almeno nel futuro immediato, dal momento che, proprio in questi giorni, la controparte inglese post-truth è diventata essa stessa notizia [corsivo ns.] con la decisione degli Oxford Dictionaries di eleggerla parola dell’anno per il 2016. E la definizione della parola inglese, un aggettivo, è rimbalzata dai giornali al web e viceversa: ‘relativo a, o che denota, circostanze nelle quali fatti obiettivi sono meno influenti nell’orientare la pubblica opinione che gli appelli all’emotività e le convinzioni personali…”. Ma sì, occorre picconare, rottamare… ma dove? Dove ti pare basta solo che esista qualcosa contro cui scagliare la punta del piccone. Ve lo ricordate il primo illustre picconatore, l’italiano Cossiga, sì? Ma non ricordate i motivi per cui picconava, dite la verità. E ve lo ricordate il meno illustre ma fresco rottamatore? Che ve lo ricordate… l’avete visto scodinzolare di recente a Courmayeur, ma dai, su. Vedete quante pronte braccia e quanti soldi si trovano picconando giù e picconando su, su tutto  quello che molte generazioni d’uomini hanno messo su? Vedete come si può lavorare nei decenni, tre per l’esattezza, di squadra (e di compasso)?
“La scelta degli Oxford Dictionaries, che con questa iniziativa intendono premiare una parola che sia particolarmente significativa nell’anno e che abbia buone speranze di consolidarsi nella lingua, appare per il 2016 particolarmente azzeccata. La post-verità, infatti, sembra davvero permeare a fondo la società contemporanea, se una falsa notizia sui soldi spesi dalla Gran Bretagna per l’Europa (dato verificabile) può spostare in parte il voto sulla sua adesione alla UE… o se i profili social sono spesso autonarrazione (sottolineatura ndr.) svincolata e svincolabile da dati obiettivi (Platone li avrebbe definiti “cose come sono” ndr.), perché quel che conta non è chi siamo, ma l’emotività e la simpatia con cui si è accolti (Sic!). Clicca pollicione “mi piace”... La rete ha senza dubbio delineato i connotati fondamentali di questa dimensione “oltre la verità”. ‘Oltre’ è il significato che qui sembra assumere il prefisso post- (invece del consueto ‘dopo’): si tratta cioè di un ‘dopo la verità’ che non ha niente a che fare con la cronologia, ma che sottolinea il superamento della verità fino al punto di determinarne la perdita di importanza…”
Ecco un altro come se... Credete voi che resti un vuoto nel mondo al posto della verità dopo che essa avrà perduto di importanza? Il potere ha orrore del vuoto, quel vuoto verrà colmato con la menzogna, con un sistema di menzogna, con la dittatura della menzogna che farà impallidire i dittatori.
E, analizzando le modalità in cui il superamento si concretizza di volta in volta, colpisce la vocazione profetica che la parola nasconde tra le sue lettere: la post-verità, infatti, spesso finisce per scivolare nella “verità dei post”… la prima attestazione di post-truth per l’inglese: il 1992. In quell’anno Steve Tesich, in un articolo apparso sulla rivista "The Nation", scriveva a proposito dello scandalo e della guerra del Golfo Persico: «we, as a free people, have freely decided that we want to live in some post-truth world» (noi, come popolo libero, abbiamo liberamente deciso che vogliamo vivere in una sorta di mondo post-verità)… L’uso di post-verità come sostantivo è ormai molto diffuso sul web e sui giornali in riferimento alla pseudo-verità basata sull’emotività e sulle convinzioni personali a discapito dei fatti oggettivi; anzi, sembra ormai addirittura prevalente e con questo specifico significato è usato in quasi tutti i contesti e le accezioni in cui si potrebbe ricorrere a verità (la post-verità, le post-verità, ecc.), come del resto si è fatto anche in questo testo…” [xxv] Lo scritto è di Marco Biffi.
Non immaginavo che anche una parola potesse essere premiata (non so per via di quali meriti, non propri comunque) e non immaginavo (e sì che ne ho di immaginazione) che l’imperial marchio Oxford scendesse in campo e che l’«estetizzazione della verità» si estendesse anche ai lessemi che magari potranno sfilare sul red carpet.
Concludo anche perché confesso di accusare difficoltà a continuare a scrivere e a leggere di cose tipo “come se” paludate di una qualche legittimità. La quantità e la qualità delle obiezioni sarebbe di tale pesantezza da sconsigliare ulteriori considerazioni. Sia da leggere che da scrivere. Ho preteso colpevolmente di portare avanti con grande povertà di mezzi una critica alla facilità, “la facilità con cui lo spirito si contenta”. Ho finito col trovare l’immensità della “grandezza di ciò che ha perduto” e son costretto a tenermi l’ansia di un apocalittico post-cattolicesimo. La mia che voleva essere una denuncia si è imbattuta in un groviglio di logiche sataniche che stanno finendo di spalancare l’abisso della follia. Mi sono imbattuto in un groviglio di tentativi che pretendono di mettere di tutto e di più sullo stesso piano: clicca pollicione “mi piace”: narrazioni, racconti, invenzioni soggettive, seduzioni, estetismi e gli infiniti modi di essere delle cose in quanto esistenti fuori della mente umana (indipendentemente da essa, precisa Abbagnano), per portare il post-essere umano a preferire alle cose i lucidi deliri evocati da soggetti sconosciuti animati da inconfessabili interessi pecuniari e di potere bottegaio.
Pensierino della sera: non poco grato per la sintesi, lo dedico a Henry Miller[xxvi].

                                                                                                                                               Giuliano Rodelli




[i] Antony Giddens, Le conseguenze della modernità, Bologna 1994 p. 56
[ii] Mt. 12,31
[iii] Mt, 6,24
[iv] http://www.maurizioblondet.it/la-gente-vive-fede-anche-oggi-mille-anni/
[v] https://www.ap.org/press-releases/2014/alleanza-ansa-associated-press-dal-2015
[vi] Potrebbe tornare utile la lettura di M. Scheler, Il formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996
[vii] C. Schmitt, Nomos-Presa di possesso-Nome - Si trova in C. Resta, Stato mondiale o nomos della Terra, Roma, Pellicani, 1999 p. 109.
[viii] Carl Schmitt, Il nomos della Terra, Milano, Adelphi, 1991 pp. 65-70
[ix] Carl Schmitt, Nomos – Presa…, cit. p. 110
[x] J. Rifkin, Il secolo biotech, Milano, Baldini & Castoldi, 1998 p. 68
[xi] C. Moroni, http://www.istitutodipolitica.it/wordpress/2011/09/15/dalla-comunicazione-politica-alla-narrazione-politica-la-sfida-per-i-leader-di-domani/
[xii] U. Galimberti, Dizionario di psicologia, Torino, UTET, 2006 p. 966
[xiii] Il Fatto quotidiano, Breve guida ad un dibattito… 31/12/16 p. 2
[xiv] http://www.ahref.eu/it/media/comunicati-stampa/fact-checking.html
[xv] G. Thibon, Ritorno al reale, Roma, Volpe, 1972 p. 190
[xvi] G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia, , 1963 vol. I p.7.
[xvii] “Io sono la via la verità la vita e nessuno viene al Padre se non attraverso me” Gv. 14,6
[xviii] Potrebbe essere utile la lettura di N.N. Taleb, Il cigno nero, Milano, Il Saggiatore, 2007
[xix] Gv. 8,44. A Satana “Gli è naturale affermare il falso perché è menzognero e padre di menzogna”
[xx] La “rivoluzione” di Bergoglio: Ignoranza Dispotica – e anche contagiosa. http://www.maurizioblondet.it/la-rivoluzione-bergoglio-ignoranza-dispotica-anche-contagiosa/
[xxi] https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-udienza-al-bambino-gesu
[xxii] J. Taubes, Estetizzazione della verità nella post-storia.htm
[xxiii] http://www.controinformazione.info/vladimir-putin-rappresenta-la-maggiore-sfida-per-i-sostenitori-del-nuovo-ordine-mondiale/#more-12654)
[xxiv] Platone, Cratilo 385 b, “Vero è il discorso che dice le cose come sono, falso quello che le dice come non sono.”
[xxv] Cos’è la post-verità Risponde la Crusca - Linkiesta.it.htm
[xxvi] H. Miller, Domenica dopo la guerra, Milano, Mondadori, 1948 “La concezione americana della vita è di razziare, sfruttare e procedere oltre” p. 140.

Nessun commento:

Posta un commento