lunedì 22 agosto 2016

LA DEMOCRATICA LEGGEREZZA DELLA LEX (di Piero Nicola)

  Quante volte politicanti e governanti vantano lo Stato di diritto, la democratica certezza del diritto, l'uguaglianza di fronte alla legge. Basterebbe la reale mancata applicazione delle leggi (senza dire delle osservate leggi inique e abominevoli) per distruggere quel vanto e quella garanzia. Troppi disordini, dallo spaccio della droga ai taglieggiamenti, all'ingresso clandestino di stranieri, potrebbero essere soppressi e non lo sono.
  Ma quasi ogni giorno veniamo a sapere di pericolosi delinquenti stranieri inviati al rimpatrio. A parte il fatto che di tali immigrati può essere impossibile stabilire la provenienza e che i denari mangiati dalle indagini e dai viaggi escono dalla saccoccia del contribuente italiano, perché essi non subiscono il regolare processo e la debita incarcerazione? Perché concedere l'immunità a chi ha commesso reati in casa nostra, è soggetto alla nostra sovranità, e potrà ritornare da clandestino per delinquere qui nuovamente? - Casi simili sono già avvenuti in abbondanza - Ragioni di convenienza, ragioni politiche, ragion di Stato? Allora qui siamo alla stregua di qualsiasi regime autoritario, che almeno ha il coraggio di dichiararsi costituito per applicare ad arbitrio due pesi e due misure, legalmente parlando.
  Sussiste un divieto di uscire in pubblico col volto mascherato. Invece alle donne maomettane è permesso di farlo, in barba al Codice penale. E chissà che in tale facile travestimento non abbiano a celarsi uomini e individui terroristi?
  Ai giudici, poi, è data una tale facoltà di interpretazione (filosofica, morale o politica) delle leggi, così che, per la medesima imputazione, alcuni magistrati scagionano l'imputato, altri lo condannano, alcuni lo tengono in prigione, altri lo lasciano a piede libero. Per esempio, circa la cosiddetta procreazione assistita (uso di ovuli e spermatozoi) e circa l'adozione del figlio del compagno da parte di una coppia omosessuale, si danno sentenze opposte.
  Volgiamo uno sguardo indietro. Quasi all'improvviso, il divorzio privò marito e moglie della certezza sulla durata indefinita del loro matrimonio (dopo secoli di indissolubilità di quel vincolo) in forza di un decreto del tutto umano, dovuto all'umano talento, privo d'una superiore autorità da cui discendere. In seguito, il capofamiglia venne deposto dalla sua carica senza che ne avesse colpa, fu stracciato il contratto per il quale egli aveva il preminente ufficio di condurre la famiglia. Sua moglie e sua figlia acquistarono il diritto inedito di abortire. La società tutta dovette accettare la liceità e gli oneri degli aborti prima giustamente vietati ed esecrati.
  Oggi si è legalizzata la coppia di fatto, inclusa quella degli omosessuali, assegnandole uno statuto quasi matrimoniale. La società ha subìto questa rivoluzione (nondimeno etica ed economica) essendo sbalzata dal precedente assetto giuridico su cui si fondò una sua sicurezza.
  Non vale eccepire che i costumi cambiano e quindi la legislazione. Ci sarebbe ben donde per entrare nel merito, ma, prescindendo da ciò, viene comunque meno l'assegnamento promesso sulla giustizia, quando essa risulta del tutto incerta e mutevole.
  Domani ai figli sarà dato di procurarsi la cannabis lecitamente, a scuola essi saranno invogliati dall'insegnamento a cambiare il gusto sessuale e a fare qualsiasi uso del sesso. Non è questo un capovolgimento del diritto, basato sui costumi fino a ieri reputati onesti?
   In conclusione, questo nostro ordine civile costituzionale è oltremodo disordinato, e mendace quando assicura la certezza del diritto.


Piero Nicola

domenica 21 agosto 2016

PRESIDENTE IMPEGNATO (di Piero Nicola)

  Il compìto, mite e garbato presidente della nostra Repubblica mica male alticcia, scivola giù in una condizione che non gli appartiene. Bisogna capirlo. Tutto ha congiurato a suo danno. Di già, militò in un partito. Si dirà che questo evento al Quirinale è consueto fin dai primordi dello Stato repubblicano. Ma su di un uomo così delicato le influenze politiche hanno un effetto disdicevole. Per lui rendersi super partes diventa un'impresa disumana. C'è il condizionamento del malo esempio dato dai suoi predecessori, e sarebbe un affronto alla sua probità pretendere che ne assumesse la stessa disinvoltura, la stessa abilità nello spacciarsi indipendente ed equanime.
  Egli si trova ad essere il proverbiale vaso di coccio tra vasi di ferro. Il vento imperioso che soffia da Oltre Oceano, combinato con quelli satelliti, spiranti dal Nord Europa e dal suo caro Vaticano, lo trasporta come un grazioso fuscello. Ma perché resiste alla sua onesta natura, che gli suggerisce di dare a vedere la propria fatalità? Perché, anche nell'ultima orazione al Meeting di Rimini, ha inteso onorare le Istituzioni e la Costituzione, che deplorano la sua condotta pro governativa, giunta a sottoscrivere la legge della famiglia omosessuale, deplorano il suo tenere per una rivoluzione progressista, sostanzialmente assai meno che italiana?
  Nell'approvare il Sì al prossimo referendum di Renzino, si è aggrappato a un povero argomento: un referendum fece la Costituzione, dunque un altro referendum potrà correggerla. A ben vedere, non ci sarebbe nulla di male in un cambiamento istituzionale che rafforzi l'esecutivo (converrebbe persino a Berlusconi, se egli credesse ancora d'essere vivo e vegeto), ma non è cosa sostenere l'attuale fantasioso e fallito capo del governo.
  Inoltre il timido Presidente continua la propaganda a favore dell'immigrazione. "Niente muri, apriamo le porte", egli raccomanda, all'unisono col coro della classe dirigente e delle televisioni che fanno eco ai super-potenti, preoccupati del populismo e del popolo restio a mescolarsi con estranei d'ogni provenienza. Egli ripete la lezione per la quale il miscuglio è bello e giova persino all'economia: tanti stranieri sono qui lavoratori e imprenditori, l'esodo migratorio è fatale e altrettanto l'integrazione, il prolifico rinsanguamento dei nostri paesi. Il suo ottimismo commuove. Egli crede nell'unità nazionale degli intenti, in una democrazia partitica, fondata sulla divisione. Quando la sua coscienza - investita e stordita dall'enorme onda dell'occidentale falsità autolesionista - dovesse riaversi, il suo essere ne sarebbe sconvolto, egli cadrebbe ammalato e, come il più grande deluso innamorato, perderebbe il senno. E dov'è mai un novello Astolfo che, salito sul carro di Elia, vada a riprendere il senno presidenziale finito sulla luna?


Piero Nicola   

mercoledì 17 agosto 2016

LA VIRTÙ CRISTIANA DI TOBIA (di Piero Nicola)

  Eretici e anticristiani vollero addurre il Vecchio Testamento a prova delle loro teorie. Alcuni pretesero che tra Jahvè e Cristo ci fosse incompatibilità, perché la legge mosaica e il loro Autore furono spietati, tanto verso i fedeli inadempienti quanto verso gli adoratori degli idoli, e perché certi virtuosi campioni di Dio, come Giuditta, avrebbero usato l'inganno. Altri adesso trovano che la poligamia dei patriarchi e il ripudio legittimo smentiscono il matrimonio monogamico sacramentale. Donde un pretesto per inficiarne l'indissolubilità, a dispetto della spiegazione data da Gesù Cristo.
  Accanto alla severa giustizia divina, nella Bibbia la divina misericordia è sempre presente, sempre riconosciuta dai convertiti e dai pii, sempre da essi onorata con obbedienza e conformi adempimenti. Le afflizioni, sino alla pena della morte, dovute al Cielo o ai responsabili del Popolo eletto, sono consone al raziocinio e al disegno della redenzione, sebbene quest'ultima fosse quasi impossibile prima del Sacrificio del Messia. Tuttavia alcuni eletti, resisi degni del loro privilegio (a differenza del saggio Salomone, che alla fine tralignò), figurano tra i Santi assunti dal Limbo in Paradiso.
  Fra le diverse storie veterotestamentarie, le opere del re Davide, il suo ravvedimento e la sua penitenza attestano il principio del cristianesimo, e il detto di Cristo che dichiarò di non essere venuto per abolire la Legge e i profeti, ma per darvi compimento. Perfezionare presuppone la continuità, lo spirito in nuce della cosa da compiere.
  Il Libro di Tobia contiene un chiaro esempio del corso di santificazione, precedente all'avvento del Redentore. Nella cattività assira di Ninive, Tobia "non abbandonò la via della verità. Tanto che di tutto quello che poteva avere ne faceva parte ogni dì ai fratelli compagni di sua schiavitù". In premio della sua osservanza religiosa, Dio "gli fece trovar grazia dinanzi al re" e fu libero di beneficare gli ebrei. Essendo provveditore del re, prestò del denaro a Gabelo, uomo della sua stirpe che a Rages viveva in miseria. Sennacherib, succeduto nel regno a suo padre, perseguitò gli israeliti. Tobia, caduto in disgrazia, continuò ad aiutare il suo prossimo finché gli fu possibile. "Andava attorno visitando i suoi parenti e li consolava, e faceva loro parte dei suoi beni secondo le sue forze, Dava da mangiare agli affamati, vestiva gli ignudi, e dava con sollecitudine sepoltura ai morti e agli uccisi". Per questo il malvagio sovrano, "fuggitivo dalla Giudea a causa del flagello con cui Dio lo aveva percosso", "comandò che Tobia fosse ucciso e confiscò tutti i suoi averi". Egli, "spogliato col suo figliolo e con la moglie", stette nascosto sino a che i figli del re non furono parricidi, e lo sventurato riebbe casa e beni.
  Ciononostante Tobia non ha requie, mentre si prodiga nel seppellire i morti resta accecato dallo sterco di una rondine, subisce i maltrattamenti della consorte e degli amici, che lo scherniscono. Sopporta la dura prova con somma pazienza come Giobbe. "Allora Tobia sospirò, e cominciò a fare orazione con lacrime. Disse: Giusto sei tu, o Signore, e sono giusti tutti i giudizi tuoi, e tutte le tue vie sono misericordia, e verità, e giustizia. Ed ora, Signore, ricordati di me, e non far vendetta dei miei peccati [fin da giovanotto, "quando tutti andavano ai vitelli d'oro fatti da Geroboamo re d'Israele", "si recava a Gerusalemme al tempio ad adorarvi il Signore, offrendo puntualmente tutte le sue primizie e le sue decime"] e non ti ricordare dei miei delitti, né di quelli dei miei genitori. Perché non obbedimmo ai tuoi comandamenti, per questo siamo stati depredati, menati schiavi, uccisi, divenuti favola e obbrobrio per tutte le nazioni, tra le quali tu ci hai dispersi [...] Ed ora, Signore, fa di me quel che ti piace, e comanda che sia ricevuto in pace il mio spirito, giacché è meglio per me il morire che il vivere".
  Intanto, a Rages, città dei Medi, Sara, figlia unica di Raguele, subisce l'oltraggio di una serva. Essendosi sposata con sette mariti, "appena accostatisi a lei erano stati uccisi dal demonio chiamato Asmodeo", e la donna l'accusa d'averli fatti morire. La giovane si ritira a digiunare e a pregare.
  "Or avvenne il terzo giorno che avendo terminato la sua orazione, benedicendo il Signore disse:  Benedetto è il tuo nome, o Dio dei padri nostri, che dopo esserti sdegnato fai misericordia, e nel tempo della tribolazione perdoni i peccati di quelli che ti invocano [...] Ti prego, o Signore, che tu mi sciolga dal laccio di questa ignominia, o almeno mi levi dalla terra. Tu sai, o Signore, che io giammai ho desiderato alcun uomo, e ho serbata pura l'anima mia da ogni concupiscenza. Non mi sono mai addomesticata con quelli che amano gli scherzi, né sono stata amica di quelli che trattano con leggerezza. E acconsentii a prendere marito nel tuo timore, non per effetto di passione. E, o fui indegna di loro, o forse quelli non erano degni di me, perché tu ad altro marito forse mi ha riservata. Perché nulla può l'uomo contro i tuoi consigli. Ma è tenuto per certo da chiunque ti onora, che se la sua vita sarà messa alla prova, egli sarà coronato; e se sarà in tribolazione, sarà liberato; e se sarà sotto la verga, potrà pervenire alla tua misericordia. Perché tu della nostra perdizione non hai diletto, e dopo la tempesta fai la bonaccia, e dopo le lacrime e i sospiri infondi il giubilo. Sia il tuo nome, o Dio d'Israele, benedetto nei secoli.
  "Nello stesso tempo furono esaudite le orazioni dell'uno e dell'altra nel cospetto della Maestà del sommo Iddio".
  Si rileva giustamente che, allora, il benefici del Signore consistevano nel procurare una buona condizione temporale.  Ma sembra pur vero che agli agi materiali dovessero accompagnarsi i beni spirituali, mezzo per non ricadere nel peccato e nella condanna, e che i devoti innocenti accettavano di pagare per gli empi, essendo già ricompensati dalla propria fede, e che accettando la morte in quei frangenti dovevano essere sinceri, né perdevano la speranza. Tutto ciò appartiene al cristianesimo, nondimeno a quello dei mistici.
  Credendo d'essere vicino a morire, Tobia impartisce pii insegnamenti al figlio, che ha il suo stesso nome, raccomanda le cure per la madre destinata a rimanere vedova, la quale ebbe a soffrire per lui. "Guardati di non acconsentire mai al peccato e di non trasgredire i precetti del Signore". "Di quello che hai fa elemosina, e non volger le spalle a nessun povero, di modo che la faccia del Signore non si distoglierà da te". "Usa misericordia secondo la tua possibilità. Se avrai molto, dà abbondantemente, se avrai poco, procura di dare volentieri anche quel poco. Perché ti accumulerai una grande ricompensa per il giorno del bisogno. L'elemosina libera dal peccato e dalla morte, e non permetterà che l'anima cada nelle tenebre". "Guardati, figlio mio, da qualunque impurità e, presa moglie, non voler sapere che cosa sia il male". "Non permettere che regni giammai nei tuoi sentimenti, o nelle tue parole, la superbia; perché da lei prende origine ogni sorta di perdizione". "Quello che tu non vuoi che sia fatto a te, guardati dal farlo giammai agli altri. Mangia il tuo pane in compagnia dei meschini e degli affamati, e delle tue vesti copri gli ignudi". "Benedici Dio in ogni tempo, e pregalo che regga i tuoi andamenti, e in lui si fondino tutti i tuoi disegni".
  Poi gli dice di andare da Gabelo e di riscuotere il prestito, rendendogli il chirografo.
  L'Angelo Raffaele si presenta a Tobiolo sotto spoglie umane e si offre di accompagnarlo nel viaggio. Il padre gli affida il figlio, di cui la madre piange l'assenza, tuttavia confortata dalla fiducia del marito.
  Durante una sosta nel trasferimento, al fiume Tigri avviene il fatto straordinario del pesce enorme che minaccia il giovane. Su istruzioni dell'Angelo, egli lo cattura, lo sventra e ne ricava i prodigiosi medicamenti del cuore, del fegato e del fiele, sia per scacciare i demoni, sia per guarire gli occhi. Quindi il misterioso compagno gli propone di alloggiare presso Raguele, uomo della sua tribù, suo parente e padre di Sara. Lo persuade a chiederla in moglie. Tobia ha sentito che ella ha avuto sette mariti, subito uccisi dal Demonio, e teme di venire a mancare ai suoi genitori facendo la stessa fine. Ma Raffaele gli mostra chi siano quelli che cadono sotto il potere del Demonio. Costoro si sposano scacciando Dio da sé: "soddisfano la loro libidine come il cavallo e il mulo, che non hanno intelletto". "Ma tu, quando l'avrai sposata, entrando nella camera per tre dì ti asterrai da lei, e non altro farai se non di star con essa in orazione. E quella stessa notte, bruciato il fegato del pesce sarà messo in fuga il Demonio. E la seconda notte sarai ammesso all'unione coi santi Patriarchi. E la terza notte otterrai la benedizione, affinché nascano da voi figli in buona salute. Passata la terza notte, prenderai la vergine nel timor di Dio, mosso più da desiderio di prole che da libidine, al fine di ottenere la benedizione riservata alla stirpe di Abramo".
   Ecco completata la morale per la salvezza: disposizione all'acquisto della fede salvifica, propria dei giusti dell'Antico Testamento.
  Tanta spiritualità necessaria mostra come anche oggi gli uomini da essa alieni e privi dei mezzi della Grazia (Sacramenti) procurati dal Redentore, siano uomini diretti all'eterno castigo.
  L'Angelo rassicura Raguele, che acconsente alla richiesta di matrimonio avanzata dal cugino Tobia. Si celebrano le nozze e saranno consumate secondo le indicazioni dell'Inviato di Dio, che "prese il Demonio e lo confinò nel deserto dell'Egitto superiore". "Ora tu sai, o Signore," prega lo sposo, "com'io prendo questa mia sorella per moglie non per principio di passione, ma per solo amore della prole, in cui si benedica il nome tuo per tutti i secoli".  
 Tutto procederà nel migliore dei modi. Raffaele, conosciuto come Azaria di nobile stirpe, si reca a ricevere il denaro da Gabelo, e lo conduce invitato ai festeggiamenti dello sposalizio. "Ma lo stesso convito nuziale era celebrato nel timore del Signore". Tobia torna dai suoi genitori con gli armenti, la servitù e il denaro della dote. Avendo insieme alla sua guida di puro spirito preceduto la carovana, subito dopo le commosse accoglienze dei suoi, unge gli occhi del padre col fiele del pesce e il vecchio ricupera la vista.
  Riunita la famiglia, i due Tobia vorrebbero ricompensare il provvidenziale accompagnatore con la metà di quello che avevano portato. Allora l'Angelo insegna loro a compiere la resa di grazie a Dio manifestamente, ricorda che "l'elemosina libera dalla morte, e purga i peccati, e fa trovare la misericordia e la vita eterna"; poi aggiunge, rivolto al padre: "Quando tu facevi orazione con lacrime, e seppellivi i morti, e lasciavi il tuo pranzo, e nascondevi di giorno i morti in casa tua, e di nottetempo li seppellivi, io presentai al Signore la tua orazione. E perché eri caro a Dio, fu necessario che la tentazione ti provasse. E adesso il Signore mi ha mandato a guarirti, e a liberare dal Demonio Sara moglie di tuo figlio". A questo punto si rivela essere l'Angelo Raffaele, "uno dei sette che stiamo dinanzi al signore". "Udite tali cose, profondamente turbati caddero tremanti bocconi per terra. E l'Angelo disse loro: La pace è con voi, non temete". Quindi scompare; "e non poterono più vederlo. Allora prostrati per tre ore a terra, benedissero Dio, e alzati che furono, raccontarono tutte queste sue meraviglie".


Piero Nicola

lunedì 15 agosto 2016

Metamorfosi del femminismo, dal nudismo sessantottino all'incappucciamento islamico

Il Signore, come giusto giudice, se punisce spesso i peccati dei privati soltanto dopo la morte, tuttavia colpisce talora i governanti e le nazioni stesse in questa vita per le loro ingiustizie, come la storia ci insegna.
 Pio XII

 Le erinni protestatarie, che sfilavano impettite (ma eterodirette) intorno al torrido sessantotto, le mani disgiunte e alzate a significare il democratico diritto all'aborto, hanno ultimamente fatto propria la apparente antitesi del collaudato/attempato furore uterino: la passione islamica in rivolta fanatica contro la Tradizione cattolica e contro la civiltà occidentale.
 Delirio squisitamente maschilista, la superstizione maomettana, purtroppo, non ha risparmiato le discendenti e le eredi del femminismo urlante (in dialetto californiano e/o in lingua modernista e quasi neo papista) nella coda della consunta escandescenza rivoluzionaria.
 Il lato inquietante/allarmante della evoluzione femminista è visibile quando si pone mente alla convergenza dell'ideologia libertaria di stampo californiano, in corsa inarrestabile negli anni agitati dal tardo e anacronistico furore delle ribelli sessantottine, e la triste e incubosa superstizione islamica, finanziata dalle nazioni petrolifere del Medio Oriente e indirizzata al trionfo di una morale in cui la tetra severità è associata alla sfrenata poligamia.
 La violenta impennata di una tenera cultura sentimentale (si è tentati di dire uterina) parodia della solidarietà, concepita in alto loco per debilitare e corrompere l'Occidente ecumenico, incoraggia e quasi giustifica i fedeli della sgangherata/furente teologia, elucubrata dall'impostore Maometto per adeptare gli occidentali avviliti dal radical-capitalismo e alterati/fulminati dal solipsismo progressista.
 Esempio luminoso e autorevole del transito delle reliquie sessantottine nella condivisione (si spera inconsapevole) dei progetti egemonici migranti, è il rovente pensiero solidale della presidenta Laura Boldrini.
 Boldrini a parte, la mentalità e la tradizione dei popoli europei sono (sarebbero) strutturalmente incompatibili e refrattarie alla rozza teologia di Maometto.
 Purtroppo irresponsabili alleati degli islamici sono i promotori della rivoluzione laicista, i posseduti dal delirio ecumenico e gli attori dell'inversione sessuale, i tre scandalosi fattori della decadenza occidentale, in cui l'immaginazione islamica contempla un provvidenziale incentivo alla (non) santa guerra.
 Si scatena una selvaggia aggressione, che trova casuali alleati negli occidentali ben pensanti, scandalizzati e offesi dal potere esercitato dalle cosche pornografiche e dalle amicizie sodomitiche.
 La fragilità mentale e la corruzione della maggioranza si rovescia, invece, nella femminea parodia della misericordia e nella piagnucolosa tendenza ad accogliere una folla di presunte vittime ovvero supplici intesi a devastare e a capovolgere la civiltà cristiana.
 Inquinata dall'emozione delle mutanti femministe (e dei maschi effeminati), la misericordia si capovolge in un sentimento rugiadoso e bi-sex, che attribuisce agli invasori islamici lo statuto competente alle vittime incolpevoli di autentiche tragedie.

 Il tenace, categorico rifiuto opposto alla maternità dalle femministe estreme perfeziona il malinconico quadro delle facilitazioni concesse ai devastatori della Cristianità.

Piero Vassallo

giovedì 11 agosto 2016

La gaia guerra dei culocrati

Benedetti da acque laiche e pie, in uscita spurgante da intrepidi, autorevoli e alluvionali aspersori, i gay, un tempo detti sodomiti e/o viziosi contro natura, oggi sono venerati e incensati dalle autorità politiche e religiose.
 La persecuzione patita nei campi di concentramento eleva i sodomiti alla dignità dei martiri del nazismo e mette a tacere il qualunque critico del vizio contro natura.
 Tolta la maschera progressista e strappato l'ultimo indumento del pudore, i gay scendono in campo per combattere, squittendo e sculettando, la festosa/mistica guerra intitolata alla diade Eros e Tanatos.
 Finalmente democrazia fa rima con culocrazia. Affacciate ai balconi del castello politicante, intrepide femminucce sventolano fazzoletti e lanciano urletti d'approvazione progressiva. Il fascismo (per fortuna dei fascisti) non passerà sotto le loro vigilanti finestre.
 L'alto squillo di una canzone castrante accompagna in direzione del  vespasiano democratico il popolo indottrinato e iniziato dai sapienti californiani.
 Alleati dei sodomiti, i demo-malthusiani, comete volanti nell'universo mortifero e cinerario dell'Occidente laico e democratico, accelerano la corsa della popolazione italiana in direzione dello spopolamento.
 Se non che la natura odia il vuoto: gli italiani, castrati dall'antifascismo e fulminati dal cattoprogressismo, devono rassegnarsi a ripiegare mestamente  sulla fecondità diffusa dai rimpiazzi islamici, in continuo, inarrestabile arrivo dall'ex mare nostrum.
 L'Italia sta ricadendo in quel medioevo barbarico da cui è uscita a costo di guerre feroci contro gli invasori islamici. La memoria storica conferma (se fosse ancora necessario) la sua perfetta (popolare e gerarchica) inutilità. Onde la baldoria ecumenica, gli incauti/insensati baci papali/duali sul libro della falsa profezia maomettana e gli inviti agli imam ad assistere alla Messa cattolica. Inviti che si spera (almeno) dettati dall'ignoranza del truce disprezzo che gli islamici nutrono nel confronti di Nostro Signore Gesù Cristo.
 Lo sbarco degli immigrarti è l'alto e amaro prezzo che gli italiani, prolifici, sterili, abortisti o sodomiti, devono pagare ai devastanti effetti dei piaceri e dei costumi libertini diffusi dalla innaturale ideologia sessantottina.
 In teoria, rimane possibile compiere la scelta ragionevole del minore tra i mali inevitabili che sono diffusi dalle potenti agenzie del delirio atlantico.
 Il governo italiano, ove non fosse accecato e paralizzato dalla parodia argentina (buonista) dell'ecumenismo, potrebbe infatti fare propri i criteri di selezione suggeriti dagli antropologi che giudicano indesiderabili e ad ogni modo non assimilabili gli immigrati di fede islamica. Una lezione che gli europei stanno ricevendo a caro prezzo.
 Impassibili, i progressisti, la loro resistenza all'aggressione islamica la stabiliscono nel vespasiano umanitario, un edificio elevato dalla furia anti  cristiana.
 Ora l'ostacolo all'immigrazione islamica è costituito dall'universalismo pederastico, ovvero dalla comunità vivente sotto la spietata minaccia della pseudo teologia di Maometto.


Piero Vassallo

mercoledì 10 agosto 2016

La ragione del revisionismo: Demistificare la patria della cuccagna buonista

 Lo svolgimento grottesco della campagna elettorale americana – quasi un rovesciamento della politica nel film “Totò, Peppino e la Malafemmina” - espone gli europei ad un estremo e fatale rischio, il rassicurante/disarmante potenziamento della castrante convinzione intorno alla inoffensiva e amichevole stupidità americana.
 Purtroppo la deliziosa, immagine che la politica americana offre di sé, contiene il velenoso ingrediente della simulata dabbenaggine, un galoppante cavallo di Troia, che fa entrare nei libri di storia e nell'immaginario cinematografico dei popoli europei, la mitologia intorno alla bonarietà appartenente, in sommo e pio grado, alla nazione atlantica, liberatrice e giusta per antonomasia.
 Abbagliati dalla cinematografia hollywoodiana e flesciati dalla chiacchiera degli iniziati ai misteri massonici, gli opinionisti europei e i loro lettori credono fermamente nella storica, perpetua e invincibile giustizia dei liberatori d'Oltre Oceano.
 Censurata l'imbarazzante memoria dei campi di concentramento, pensati e organizzati dal generale Dwight Eisenhower per rieducare incolpevoli prigionieri tedeschi esponendoli alle atroci intemperie, l'America si offre all'ammirazione degli europei quale faro della Bontà democratica, vincitrice della guerra contro la feroce barbarie dei tedeschi e dei giapponesi.
 L'enormità dei crimini commessi dai tedeschi e dai giapponesi non giustifica la vendetta cieca e sadica dei vincitori, ad esempio il bombardamento al fosforo su Dresda e i devastanti bombardamenti atomici del 7 e 9 agosto 1945 su Hiroshima e Nagasaki, aggressioni sterminatrici, compiute dagli anglo-americani (a guerra da loro già vinta) senza altro motivo che l'intenzione di mostrare i loro formidabili muscoli
 Purtroppo i bombardamenti scientifici sui giapponesi sono interpretati, da storici democratici, ignari del rischio del ridicolo, quali bisturi di una illuminata, chirurgica strategia, intesa ad evitare le mostruosità della guerra convenzionale.
 Solamente alcuni marginali refrattari osano rammentare che nell'estate del 1945 l'esercito giapponese era stremato e che gli americani potevano concludere vittoriosamente la guerra senza ricorrere all'uso delle mostruose bombe atomiche.
 Al proposito non è lecito dimenticare che lo sterminio dei civili giapponesi fu compiuto dagli americani al seguito di una ragione non onorevole: evitare il rischio di affrontare la disperata difesa dei soldati giapponesi.
 La storiografia al potere in Occidente ha origine dall'impunita dottrina, che giustifica il massacro dei civili al fine di evitare che i militari corrano il rischio contemplato nelle dure leggi di guerra.
 Sostenuta dalla propaganda buonista, la fede europea nella indeclinabile dignità della cuccagna americana causa l'emergenza del politicamente esangue e il trionfo di una storiografia in oscillazione perpetua tra il culto della vittoria atlantica e la felicità dei presunti beneficiari.
 Emerge, infine, l'albero di una cuccagna concepita dalla volontà di umiliare i sudditi del sogno americano.


Piero Vassallo

lunedì 8 agosto 2016

IL MORBO CIVILE (di Piero Nicola)

Mi è capitato di sentire un giovane medico, prestante e vitale, irridere un suo conoscente pessimista. "Vede tutto nero" ha detto, "deve aver vissuto esperienze sbagliate e vorrebbe vendicarsi sparlando degli altri e buttando fuori giudizi catastrofici".
  Secondo lui il menagramo non doveva essere che un vinto, esacerbato dalle frustrazioni.
  Per il momento, lascio da parte il destino dell'anima di quell'uomo di spirito, che magari si compiace della pseudo-chiesa messasi al passo con i tempi. Interessa osservare le minacce evitabili (assenti in altri tempi maggiormente normali) che insidiano il futuro del gagliardo realista, il quale accetta i pro e i contro del presente, amando la vita e così com'è.
   Prendiamo atto che egli è giunto alla sua età con uno spirito vincente. Forse le circostanze familiari e sociali gli sono state propizie. Però non è escluso che sia di quelli che se la cavano mentendo anche a se stessi. Forse si è tratto d'impaccio grazie alla sua forza intrinseca e giovanile. Ma quali sono gli ostacoli che lo aspettano? Basterebbe che incappasse in uno solo di questi inciampi (non evitati, anzi voluti dal governo civile) per rompergli le uova nel paniere? Vediamo quali essi siano.
  Egli può usufruire del divorzio, dell'unione civile o semplicemente della rispettata convivenza. Un legame di coppia si troverà pure nel suo avvenire e, perché no? avendo dei figli, giacché soprattutto la sua donna ambirà al proprio completamento esistenziale diventando madre. Ora, chi sfugge a qualche fastidiosa discordanza con il compagno e, data la licenza dei costumi, a un piccolo tradimento che punge l'orgoglio, oppure a una certa flessione del desiderio reciproco, o infine a una combinazione di due o più fattori disgreganti? Avendone il destro, chi rinuncia a una maggiore felicità che gli si prospetti?
  Quando il matrimonio fosse legalmente indissolubile salvo casi eccezionali, e lo Stato promuovesse l'antica onestà dei rapporti fra i sessi, il nostro bravo amico correrebbe molto meno l'alea di dover rifare la coppia e di ritrovarsi con successive insoddisfazioni, non traumatizzerebbe i figlioli della famiglia liquidata, non dovrebbe sostenere un aggravio economico e diversi travagli a causa di tale rottura, né sostenere possibili casi di coscienza (anche il più corazzato ne possiede una) bensì nei confronti dell'ex consorte o, viceversa, non dovrebbe subire il di lei abbandono. Riguardo alla prole, la sua autorità, il suo diritto ad allevarla ed educarla, sarebbero ben meno compromessi.
  Un secondo ostacolo messo sul suo cammino (che la potenza dello Stato può togliere di mezzo e non lo fa) consiste nella droga. La droga non è quella cosa che riguarda soltanto gli altri, può toccare a chiunque come una delle sciagure più perniciose. Ammettiamo che il Nostro sia un maschio equilibrato, che fumò spinelli da studente, che fiutò cocaina ai festini senza prendere il vizio. Ma, quand'anche la sua cara metà non ci sia cascata, i figli sono soggetti al pericolo di cadere nel vizio esiziale, nonostante la famiglia solida e attenta. In questa vita si sopravvive a qualsiasi disgrazia, ciò non toglie che si resti scossi nella propria sicurezza.
  Allorché si scopre che il proprio ragazzo o la figliola pendono dal lato omosessuale, incoraggiati dalla società e dalle scuole di vario genere che predicano non solo il rispetto dell'innaturale rapporto, ma invogliano gli indecisi e i deboli alle esperienze più stolte, mentre i pervertiti sono facilitati intendendo afferrare le loro prede, allora il genitore, figlio del secolo, mostra qualcosa che sta fra l'indifferenza e la perfetta comprensione, sebbene avesse desiderato un nipotino autentico, erede del suo Dna, e non un prodotto di complicati traffici e alchimie. A questo punto, ci asteniamo dall'indagare la sua intima condizione.
  A proposito della procreazione, chi dice che la sua compagna non possa mettere al mondo una creatura naturalmente e voglia ricorrere ai vari metodi artificiosi, e che egli non ne sia, suo malgrado, disgustato?
  Ancora una volta un sistema politico che rivaluti l'etica precedente (checché se ne dica, un regime di tal fatta avrebbe oggidì, in questa palude delle idee, tutto l'agio di ripristinare valori, di esaltare le patrie glorie e il senso dell'onore, il sentimento della nazione e della sua difesa armata) mette al suo posto l'omosessualità e la procreazione mostruosa, diminuendo drasticamente gli effetti deleteri dell'una e troncando quelli dell'altra.
  Il tipo preso in esame è un edonista. Essendo soltanto tale, non esiste essere umano più di lui soggetto alla sazietà, alla noia, alla depressione e alla pazzia. Dandosi ai godimenti voluttuosi, nessuno più di lui rischia di finire nella schiavitù dei vizi. Se ama le donne, una non gli basta, e si caccia in un ginepraio di relazioni, in un seguito di convivenze, da cui verrà fuori certamente malconcio.
  Non si creda che di questa  sorta di crisi sia estraneo lo Stato. Esso è lungi dal mobilitare gli spiriti in modo ideale e sociale. E dev'essere raro che nella professione abbracciata, nell'eventuale impegno di solidarietà umana, non si insinui il verme della corruzione, dal momento che la corruzione - dalla politica alla mafia - si diffonde ovunque. Invano l'individuo si illude all'americana. L'illusione marcisce in lui che vi resta abbarbicato. Già la maggioranza popolare si sta staccando dal viscido inganno, ha perduto la fiducia nella classe dirigente. Elezioni e altri fatti lo dimostrano.
  Poniamo che costui dal facile sorriso tra le labbra volitive sia un cinico coriaceo. Viene il giorno in cui la crudele malattia o la vecchiaia gli smorzeranno il buon umore, e il passato non supplirà al presente, tanto meno nel domani spaventoso per l'estremo salto nel buio che lo aspetta.
  Riesce forse il beato ottimista a giungere indenne alla meta, superando la corsa ad ostacoli che l'attende? Riesce a danzare sul fallimento democratico, a cavalcare la tigre nel disincanto e nella soddisfazione, degni d'un iniziato finanziere di Wall Street? È piuttosto difficile. Ad ogni modo, perseverando sino all'addio a questo suo paradiso, non sfuggirà al tranello diabolico: la sua superba spregiudicatezza gli costerà un passaggio sulla barca di Caronte.
  Quanto ai poveri di spirito, il loro scapito terreno e ultraterreno è pure assicurato, quando potrebbe essere di gran lunga inferiore.
  È proprio come se ci fosse una terapia che guarisce alcune serie malattie epidemiche, e il medico non la prescrivesse per sue convenienze personali. Il rappresentante del popolo propina un farmaco dal gusto stuzzichevole, accresciuto con nuove aggiunte piccanti. La massa presa in cura un po' ne è stanca e subodora il raggiro, ma ancora aborrisce le medicine amare e le iniezioni dolorose. Piuttosto che assaggiare il rimedio che ricorda l'olio di ricino, trangugia la solita pozione dolce e drogata. Eppure non è escluso il sorgere di bravi persuasori, capaci di esaltare la sana virtù della cura eroica.


Piero Nicola

giovedì 4 agosto 2016

Il "femminile" splendore della democrazia

 All'attento osservatore dei ritratti storici non può sfuggire la suggestiva e fascinosa somiglianza che corre tra l'occhio imperiale di Alessandro il Macedone e la luce democratica emanata dallo sguardo elettrico/magnetico della presidenta (italiana) della Camera dei deputati, onorevole dott. Laura Boldrini.
 Ora la storica – demoimperial - somiglianza costringe gli osservatori obiettivi ed onesti a riconoscere che la democrazia italiana ha una struttura squisitamente e delicatamente femminile e un inconcusso, splendido fondamento nella tradizione imperiale dei macedoni.
 Tacciano dunque i fascistottardi in agguato nell'ombra squallida e vile della maldicenza e dell'invidia.
 Si vergogni e si taccia il leghista Matteo Salvini, moralista ignaro dello splendore della democrazia aperta in tutte le direzioni del piacere.
 Spenga il suo sfacciato sorriso la camicia nera Carla Meloni, erede di una colpevole refrattarietà all'uso spregiudicato e brillante del sesso.
 Si nascondano i cattolici refrattari e/o scioccamente ostili ai nobili, avanzanti piaceri del sesso contro natura.
 Si riconosca finalmente che la presidenta Laura Boldrini completa il glorioso, cosmico triangolo cui alludeva e tendeva il binomio costituito dalla vergine Camilla e dalla madre dei Gracchi. Compendio delle profondità italiane al femminile, infatti, la signora Laura Boldrini – testimone della splendente dottrina elucubrata dalla signora Lia e cantata da Claudio Baglioni – ha acceso il pio rogo, nel quale stanno bruciando le false virtù e gli squallidi divieti dei preti e dei reazionari di varia e obsoleta risma.

 Dal fuoco democratico si leva finalmente l'inconfondibile profumo della pederastia, splendida e virtuosa attività promossa del potere democratico in fase avanzata.  Avanti popolo? La sodomia la trionferà? Mah, esclamava il refrattario Giovanni Volpe, quasi in previsione del punitivo e disgraziato sbarco islamico.  

Piero Vassallo

martedì 2 agosto 2016

BERGOGLIO & Co. MERCANTI NEL TEMPIO (di Piero Nicola)

Tutto è già stato detto. Nei nostri ambienti pullulano le costatazioni, tempestive e sovente concordi, dei misfatti, dogmatici o meno, compiuti in crescendo dalla chiesa che usurpa il titolo di cattolica. Sembra giunta l'ora di passare dalle parole alle azioni fisiche conseguenti, per quelli che ne abbiano l'attitudine e il coraggio. La fede e le opere... Purtroppo non si vede l'ombra di soggetti che entrino nei Luoghi Santi a contestare le profanazioni, che rovescino i banchi dei venditori di falsità e corruttori di anime avviate all'inferno. Diffondendo illusioni, essi operano all'inverso del ministero per Cristo, con Cristo e in Cristo.
  Che cosa meritano costoro che hanno eliminato il peccato mortale e contraffatto la Scrittura? Qualora fossero da considerarsi ordinati e consacrati, in quanto nessuno può scomunicarli benché, di fatto, siano apostati e propagandino eresie, se non si manifestano tangibili segni di rigetto nei loro confronti, lo scandalo appare inevitabile; è inevitabile il danno per gli ignari peccatori abbandonati all'inganno. Mi pare che S. Atanasio abbia agito recisamente contro la chiesa ariana allora imperante.
  Gli infedeli maomettani invitati in chiesa, alla Messa, a parlare dal presbiterio, più che costituire un ennesimo scandalo sono stati un suggello ulteriore, una rifinitura della massima e inverosimile eresia che accomuna Dio con Allah, la Religione con le false religioni, i nemici del Signore con il Corpo Mistico, con la Comunione dei santi. Senza contare lo sfregio inferto ai sacri decreti della Chiesa.
  Dunque c'è poco da aggiungere a ciò che è stato pubblicato. Ma un paio di note sintetiche non guasterà riguardo alla minaccia dell'Islam violento.
  Sotto un certo aspetto, essa sarebbe trascurabile. Il male fatto alle anime è senz'altro incomparabile con sciagure d'altro genere. S. Agostino non ritenne disastrose le invasioni barbariche, ma quasi un salutare castigo del Cielo. Il dogma secondo il quale tutti i non cattolici portatori delle loro fedi costituiscono un attentato alle anime, perché promuovono le loro credenze venefiche o tendono ad imporle, basterebbe a tagliare la testa al toro.
  Ma l'Islam amico e pacifico? Ecco la trappola tesa agli ignoranti e ai creduli, agli ignavi e agli insipienti, tesa anzitutto dal clero e dai politici venduti.
  Il Corano dice che è lecito ingannare l'infedele col comportamento e con la menzogna. Perciò il  musulmano non è credibile nei suoi atteggiamenti verso l'infedele. È vero che ci sono regimi di nazioni islamiche i quali stringono patti o alleanze con paesi occidentali e ne rispettano i cittadini. Anche individui seguaci di Maometto si comportano allo stesso modo. Ammesso e non concesso che approfittino un po' della riserva mentale che li giustificherebbe presso la loro dottrina, ogni religione ha pure i suoi eretici.
  Il libro sacro dell'islamismo comanda la guerra santa di conquista, di fronte alla quale il fare proseliti passa in sottordine. Quindi il machiavellismo dell'espansione islamica può rinunciare alla propaganda, mentre occupa con un'emigrazione consistente le terre che potranno essere conquistate. Infatti le conversioni di maomettani sono una rarità, la loro integrazione è tutt'al più apparente e sempre pronta a rientrare nei ranghi, i loro costumi illegali nel paese ospitante sono mantenuti per quanto possibile, e grazie alla connivenza dei governanti. Tali popolazioni di immigrati assomigliano a quei settari costretti ad essere dormienti, in attesa di poter levare il capo.
  La legge coranica prevede che, al di fuori dei guerrieri, i rispettivi civili possano limitarsi ad appoggiarli. Per la suddetta doppiezza loro concessa è sconsiderato fidarsi di quelli che mostrano di dissentire dalla guerra santa.
  La questione dei terroristi. - In tale contesto di contrapposizione possibilmente armata verso gli infedeli, facilmente i terroristi suicidi o uccisi vengono considerati martiri ed eroi. Di nuovo, i correligionari che li condannano sono poco attendibili. E gli ortodossi convinti che il paradiso stia all'ombra delle spade, quale obiezione farebbero al Califfato deciso ad applicare con rigore la legge del Corano? Le crudeltà sono per loro una faccenda marginale. Ed è secondaria la condizionata benevolenza proposta ai suoi dal fondatore, negatore della divinità di Cristo, di Maria Santissima e infine di Dio. Intanto, contro il Califfato vari stati un tempo crociati hanno puntato, o sembrano aver puntato, armi micidiali.
  In difesa dell'Islam, Bergoglio - in accordo con Obama, la Clinton, la Merkel e Bruxelles - ha risostenuto che sono violenti soltanto i fondamentalisti, ugualmente presenti in ogni appartenenza religiosa, fra i cristiani. In casa nostra - ha osservato - abbiamo i battezzati assassini (ma che paragone!). L'esercito tagliagola dello stato iracheno di Mosul e i combattenti dell'Isis in Libia non sono di certo una piccola minoranza estremista. Da essi emanano i terroristi.
  Tutto questo è documentabile e pacifico. Ne consegue l'enorme e spudorata menzogna di Bergoglio che dichiara la religione musulmana non aver niente a che fare col volere la guerra e col terrorismo islamico.


Piero Nicola