mercoledì 1 giugno 2016

I FALSIFICATORI DELLA MORALE DI CRISTO (di Piero Nicola)

  La legge naturale è inclusa nella legge di Dio. Ciò non si discute. La morale di Cristo perfeziona la morale iscritta naturalmente nel cuore umano; sebbene l'uomo sprovvisto della Fede e della Grazia non possa adempiere né l'uno né l'altro dovere, così come l'ebreo non era in grado di osservare il Decalogo, ovvero la legge mosaica.
  Cristo, poi, diede i consigli evangelici a quanti fossero idonei ad avviarsi sulla via della perfezione. E per questi eletti vige una norma che può superare, in certo qual modo, la morale comune, la quale tiene debito conto delle conseguenze.
  Per esempio, chi dona i suoi averi ai poveri, può alquanto diseredare i propri figli. Chi porge l'altra guancia all'offensore, può trascurare il rispetto della legge che prevede la legittima difesa. Chi sovviene alle necessità del diseredato e del forestiero, può con la sua carità trascurare la scrupolosa valutazione delle conseguenze, pur osservando abbastanza le giuste disposizioni del governo civile in tale materia. Certi atti dell'eroismo cristiano travalicano, con il loro valore soprannaturale, i motivi che li sconsiglierebbero per il bene della comunità.
  Tuttavia occorre distinguere il debito dell'individuo dal debito civico. Riguardo al perdono, indispensabile per il fedele, non è affatto dovuto nell'esercizio del governo civile o ecclesiastico; ed anche il singolo che perdona deve denunciare all'autorità il suo perdonato colpevole. Colui che soccorre l'affamato, lo denuncerà qualora sia persona nociva al consorzio civile e al bene spirituale (p.e. trattandosi di un eretico o di un infedele refrattari alla conversione).
  Quando Gesù parla delle beatitudini dei miseri o si identifica nei bisognosi rispetto alle opere di misericordia prestate loro, presuppone in essi anche una certa innocenza. Egli dice: "Beati i poveri in spirito" (Mt. 5, 3). "Senza la povertà spirituale la stessa povertà effettiva non gioverebbe all'anima" (Dizionario di Teologia Morale, Ed. Studium 1954, p. 1034). Superbi e invidiosi non sono mai i poveri di Cristo.
  Questo complesso di verità è stato travisato e stravolto dalla pestifera conduzione ecclesiastica soprattutto negli ultimi tempi. Si sono abusati alcuni detti del Vangelo per tradirne i dogmi, al solito fine modernista e demagogico. Si viola la norma inderogabile per la quale, tra l'assistenza durevole prestata all'emigrante e l'opporgli il rifiuto essendo egli un elemento dannoso moralmente e spiritualmente, nonché non assimilabile alla comunità nazionale e di fatto ad essa ostile, occorre optare per il respingimento o il rimpatrio.
  La faccenda è già stata oggetto di ampia disquisizione da parte di amici della giustizia, che sono pervenuti a conclusioni analoghe. Ma molte buone coscienze, da tempo sollecitate dal martellamento del buonismo e della pietà sentimentale, necessitano di conforto per disfarsi dell'etica falsa e svirilizzata.
  Se è ormai fuori luogo considerare la indegna voce di Bergoglio, non è inutile prendere in esame i casi della sventurata immigrazione che ci colpisce e colpisce gli stessi indotti a praticarla.
  Anzitutto bisogna distinguere tra genti cristiane e genti maomettane, che non si integrano nel nostro Paese, né altrove in Europa; tra quelli che dispongono di mezzi e gli indigenti; tra chi ha vero titolo di fuggiasco e chi non ce l'ha.
  All'origine ci sono dei quesiti che appaiono irrisolti e che danno adito a gravi sospetti. Che cosa spinge gli emigranti a mettere la vita a repentaglio? Dove prendono il denaro per effettuare i viaggi pagando il proprio sostentamento e gli scafisti o altri trasportatori? I poteri colpevoli non danno le possibili risposte.
  Si può capire che cristiani siriani o iracheni non idonei a combattere il nemico, rischino la vita, anche della famiglia, pur di non restare in campi di profughi sotto un governo musulmano (p.e. turco). Essi inoltre potranno avere in tasca il denaro con cui pagare il passaggio. Per costoro può essere debita l'accoglienza da noi, tuttavia come stranieri, sino a quando non abbiano maturato requisiti per l'acquisto dei gradi di cittadinanza.
  Per gli indigenti, è verosimile ci sia un'organizzazione, che si tiene nell'ombra, la quale provvede alle loro spese. I gestori del traffico hanno un grande interesse a convincere o a forzare gli emigranti, coinvolti in una sorta di tratta degli schiavi.
  Gli infedeli poveri, come quelli che tali non sono, è verosimile che ormai conoscano a sufficienza il grave pericolo cui vanno incontro. Quanti di essi fuggono dalla miseria, dalla guerra o sono ingiustamente perseguiti in patria è difficile che per ciò siano costretti a mettere la vita a repentaglio. Essendo impossibile accertarne la giustificazione, bisogna considerarli responsabili della loro temerarietà. Solo per questo, respingerli sarebbe un doveroso provvedimento, che porterebbe all'estinzione del deplorevole fenomeno, con risparmio di vite umane. Non esiste forse una legge che vieta di rischiare la propria vita per uno scopo che non sia quello della sopravvivenza o quello dell'eroico altruismo? Essi sopravviverebbero nella loro terra o dove si trovano come già vi sono sopravvissuti.  
  Concludendo, la morale illibata comanda, salvo eccezioni, di respingere immediatamente tutti gli stranieri di cultura incompatibile con quella italiana, che intendono venite per mare o per terra sul nostro patrio suolo. Gli eventuali soccorsi necessari devono essere temporanei, fintanto che i bisognosi siano riportati nel luogo confinante da cui sono venuti. Se sono partiti da uno stato che non è il loro, esso è responsabile del loro sconfinamento.
  Resterebbe un certo statale dovere di soccorrere nei loro paesi i reali disgraziati spinti ad emigrare a causa della fame e di altre sventure. Non curiamoci delle organizzazioni internazionali o delle nazioni ricche, che avrebbero il compito di provvedere e non provvedono, e che sarebbe meglio se si astenessero dall'intervenire in quanto portatrici di orribili corruzioni. Resta comunque evidente la difficoltà di un intervento efficace che implicherebbe intromissione nella sovranità di altri stati. Il semplice invio di aiuti economici andrebbe valutato caso per caso. Ad ogni modo, è iniquo togliere risorse e lavoro ai nostri cittadini indigenti - e sono tanti - per destinarle a indigenti stranieri.
  Da tutto ciò emerge il vile e distruttivo sfruttamento della sensibilità e dei sentimenti dei nostri connazionali, indotti a trasgredire la giustizia, col solo risultato di giovare ai bassi interessi di tali sfruttatori politici e clericali.
  Il segretario della CEI Galantino non ha mancato di farsi sentire - a proposito di un eventuale  registrazione degli immigrati a bordo delle navi che li raccolgono in mare - per ribadire la disonesta e infine criminale accoglienza promossa dalla pseudochiesa, che sistema il suo falso umanitarismo su basi eretiche.


  Piero Nicola

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