martedì 5 aprile 2016

DIREI CHE NON CI SIAMO ANCORA (di Piero Nicola)

  In una recensione abbastanza puntuale del saggio La bellezza disarmata di Julian Carron (successore di don Giussani alla Rizzoli) Marco Manfredini osserva: "Non so se queste sono le naturali conseguenze delle premesse seminate da don Giussani".
  L'opera del Carron risulta un disastro teologico e un incentivo a continuare sulla strada dei rovinosi errori introdotti dal modernismo postconciliare.
  Tuttavia, sul finire dell'articolo, Manfredini riporta le valutazioni di mons. Negri in merito all'insegnamento del fondatore di Comunione e Liberazione (1970), il quale ne uscirebbe assai riabilitato.
  L'equivoco è per noi inaccettabile. Don Giussani (morto nel 2005, Servo di Dio dal 2012) elaborò una teologia neomodernista, che definì nel testo Il senso religioso (prima edizione 1966). Libro FU riveduto e presentato all'ONU nel 1997. Egli insegnò al liceo fino al 1964, poi fu docente di teologia all'Università Cattolica di Milano, e non venne in contrasto con il Concilio Vaticano II, né con i vertici del Vaticano che condussero lo svolgimento dei suoi errori nella dottrina nella prassi.
  Ne Il senso religioso sostanzialmente si afferma che esso, innato nell'uomo fin dai primordi, è lo strumento sempre necessario alla penetrazione del Mistero di Dio. Affermazione che contraddice la fede richiesta, basata sulla divina Autorità del Signore e della Chiesa, in merito a quanto l'intelletto umano non è in grado di conoscere.
  "L'ipotesi della rivelazione (del mistero) non può essere distrutta da alcun preconcetto. Occorre che nell'uomo rimanga quell'apertura originale del cuore verso questo fatto possibile".
  Ci troviamo nella scia della sintesi di tutte le eresie, delle teorie di Teilhard de Chardin e di altri erranti che ritenevano la fede frutto dell'esperienza religiosa attuata soggettivamente. Ne deriva anche l'annullamento dei Sacramenti, del Battesimo che infonde la Grazia e la fede.
  Per il Giussani la fede è "riconoscere una Presenza", è una "esperienza ragionevole", che illumina la vita. Cristo propizia l'"attuazione del senso religioso"; "Cristo è rimasto per essere oggetto d'incontro, incontro umano, proprio come ci si imbatte in una persona. Ed è rimasto nella storia svolgendo la sua fisionomia nella vita della comunità".
  Non abbiamo bisogno di conoscere altro del suo pensiero divulgato. Quale dubbio che i seguaci di CL imbevuti dei principi di una sintesi di tutte le eresie dovessero tralignare nell'azione sociale e pervenire alla lezione di Julian Carron?
  Bollando il modernismo, San Pio X nella Pascendi ne condanna un aspetto essenziale: "Dinanzi a questo inconoscibile, o sia esso fuori dell'uomo oltre ogni cosa visibile, o si celi entro l'uomo nelle latebre della subcoscienza, il bisogno del divino, senza verun atto della mente, secondo che vuole il fideismo, fa scattare nell'animo già inclinato a religione un certo particolar sentimento; il quale, sia come oggetto sia come causa interna, ha implicata in sé la realtà del divino e congiunge in certa guisa l'uomo con Dio. A questo sentimento appunto si dà dai modernisti il nome di fede, e lo ritengono quale inizio di religione". "E per fermo, rifacciamoci alquanto, o Venerabili Fratelli, a quella esizialissima dottrina dell'agnosticismo. Con essa, dalla parte dell'intelletto, è chiusa all'uomo ogni via per arrivare a Dio, mentre si pretende di aprirla più acconcia per parte di un certo sentimento e dell'azione".
  Il Conc. Vaticano I dice che la fede è "una virtù soprannaturale con la quale, prevenuti e aiutati dalla Grazia di Dio, noi crediamo vere le cose rivelateci da Lui, non a causa della loro verità intrinseca, percepita col lume naturale della ragione, ma a causa dell'autorità di Dio rivelante, il quale non può essere ingannato ed ingannarci" (Denz-U, 1811).
  Ancora sull'atto di fede: "La Chiesa ha dichiarato che è un assenso soprannaturale dell'intelligenza, libero, ma assolutamente certo, col quale noi crediamo le verità rivelate da Dio sull'autorità di Dio rivelante" (Enciclopedia Cattolica vol. V, col. 1077).
  Perciò la fede si ottiene mediante la Grazia e credendo alla Rivelazione; ogni diversa credenza, ogni diverso procedimento religioso, sono eretici.
  "I primi protestanti rigettarono l'autorità infallibile della Chiesa nel proporre la Rivelazione, e vi sostituirono in ciascun fedele l'ispirazione privata [...] I modernisti, col loro agnosticismo e immanentismo, sono indotti a negare il valore delle prove della Rivelazione e a confondere la fede con l'esperienza religiosa, che si trova in tutte le religioni. Il cattolicesimo per essi si riduce soltanto a una forma più elevata dell'evoluzione naturale del sentimento religioso" (Ibid., col. 1077-1078).
  "Il motivo formale della fede è l'autorità di Dio rivelante, cioè la sua onnniscenza e la sua veracità; e non si tratta soltanto di Dio autore della natura, ma di Dio autore della Grazia, germe della vita eterna" (Ibid., col. 1078).

Piero Nicola

  

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