venerdì 25 marzo 2016

IL PROTESTANTESIMO. LI RICONOSCERETE DAI LORO FRUTTI (di Ezio Minerva)

Non posso che trarre giovamento e preziosa lezione da numerosi fedeli educati dalle varie Comunità protestanti; quanti fra loro s'iscrivono nell'immensa moltitudine di cristiani che offrono quotidianamente carità e sacrificio, che non si negano al martirio, quanti, pensando ad esempio alla realtà statunitense, sono esemplari nella difesa della famiglia e della vita sin dal concepimento.
Amante della Sacra Scrittura, capace di destare la Chiesa dai suoi interessi mondani, non posso invece trarre nessun conforto da coloro che, in ambito cattolico, tessono addirittura apprezzamenti nei confronti di Lutero, dimenticando che non i buonismi di molteplice matrice, ma sempre i frutti indicano la natura dell'albero.
Molto più sagaci sono infatti gli autori che rifiutano la classica denominazione di “Riforma protestante”, sostituendola a quella di “Rivoluzione protestante”, ben più adeguata a focalizzare i nevralgici peggioramenti apportati non solo nella sfera religiosa dall'azione di Lutero e degli altri storici sovvertitori. Ancor più precisamente si dovrebbe parlare di “espropriazione dell'autentica fede” subita da milioni di persone profondamente influenzate da quei fatti del XVI secolo, capaci di negare non Cristo, ma la presenza di Cristo; la presenza di Cristo imperante nella vita degli uomini (santi), nella scelta del proprio destino eterno (libero arbitrio), nella trasmissione della fede (tradizione). Quando San Pio da Pietralcina, poco avvezzo a facili sincretismi, affermava che il Protestantesimo non avrebbe mai presentato un santo come Camillo de Lellis, capace di consacrarsi totalmente ai lebbrosi, probabilmente pensava ad un ennesimo sacrilegio, che doveva necessariamente concretizzarsi da chi stava banalizzando la fede cristiana, quello di banalizzare la figura di Maria, imprescindibile per la medesima fede. E certamente pensava al più tragico degli sradicamenti operati da Lutero e compagni, quello da Cristo vivo e presente nei sacramenti, irrinunciabili per presentare al mondo quelle schiere di cristiani che testimoniano Dio con la totalità della propria persona.
Il Cattolicesimo è la fede che giudica l'uomo, il Protestantesimo è l'uomo che giudica la fede; non riesco a trovare sintesi più consapevole di quella proposta da Monsignor Luigi Negri, non solo capace di svelare una differenza così sostanziale fra le due religioni, bensì di condurci a scoprire l'origine di una delle fondamentali difficoltà che incontra il Cattolicesimo in Occidente, infatti vittima in molti suoi fedeli e non rari suoi pastori di una mentalità frequentemente protestante, dunque profondamente influenzata dal secolarismo e persino dal laicismo, quindi refrattaria a chinarsi innanzi a Cristo e ben disposta a circondarlo non d' innumerevoli e sincere esitazioni, frutti della debolezza umana, ma d' ipocrisie e stucchevoli compromessi, frutti d'umana tiepidezza.
Non è forse accattivante il luterano proclama “ognuno è sacerdote di se stesso” ? Infatti ricorda così da vicino quello della tentazione originaria ai progenitori, che infine vollero “diventare come Dio”, decidendo da loro cos'è il bene e cos'è il male.

Naturalmente sacerdote di se stessi, significa confessore di se stessi, giudice di se stessi, legislatore di se stessi. Quale Riforma? Quale Rivoluzione? Nulla di nuovo sotto il sole. Siamo all'inizio della storia e nonostante l'uomo, raccontandola, s'ingegni ad estrapolare dinamiche sociali, culturali e belliche, ad iniziare dalla radice più profonda tutto l'albero delle vicende umane non si può comprendere senza focalizzare, prima di tutto, la perversa superbia umana, che porta e porterà sempre frutti disgustosi e ancor più velenosi. Così, nella loro generalità, le conseguenze antropologiche, sociali e politiche apportate dalla Riforma protestante non possono che iscriversi fra questi.
L'ancora ampiamente diffusa tesi di Max Weber, indicante il Protestantesimo come insostituibile culla del capitalismo, è stata ampiamente confutata da sociologi del calibro di Rodney Stark, mentre è quanto meno ridicola quella che lega la cultura protestante alla conquista dei vari diritti umani.
Dopo il cattolico Medioevo, in Occidente lo schiavismo è ridiventato prepotente a causa dei maggiori Paesi protestanti dell'epoca, ben attenti a giustificarlo anche ideologicamente, nonché di quelli cattolici, si badi bene, tanto più oppressori quanto più erano svincolati politicamente dalla Chiesa di Roma, che persino attraverso l'Inquisizione condannava senza alcun compromesso quella pratica (1686).
In ambito cristiano la stessa poliginia (un uomo sposato con più di una donna), già tollerata dai riformatori Melantone e Giovanni di Leida , è ora presente in alcune Comunità protestanti, e del resto anche Lutero, partendo dalla comoda ideologia della “sola fede”, permetteva al marito di tradire la “sola moglie”, nel caso fosse stata malata od indisposta per vario tempo.
Il razzismo, quello autentico e non denunciato dalla logicofoba sinistra europea ed italiana, si è presentato prima di tutto e soprattutto nei Paesi di cultura protestante, se solo si considera la storia nazionalsocialista nella Germania del XX secolo, o se pensiamo ai deliri eugenetici degli Stati Uniti e di varie nazioni del nord Europa nella prima metà del '900.
I fumi anticristiani del Comunismo hanno potuto affermarsi solo in drammatica contrapposizione al Cristianesimo soprattutto Ortodosso e quelli della Rivoluzione francese al Cristianesimo cattolico, ma in generale il mondo protestante si è blandamente opposto all'arroganza legislativa e filosofica dell'uomo moderno e contemporaneo, essendo anzi, non raramente, il suo più o meno diretto ispiratore. Così lo scardinamento della famiglia, l'aborto, i matrimoni gay, i bambini privati di veri genitori, la teoria gender - maleodoranti frutti atti ad annientare, insieme ai nostri figli, la civiltà occidentale - sono cresciuti nel medesimo terreno di colui che quasi cinque secoli or sono si prodigò per dividere quella medesima civiltà.
Oggi i media finlandesi si vantano che nel loro Paese è pienamente legittimo il sesso con gli animali, mentre in Olanda, dopo il partito dei pedofili, approda la famiglia multigenitoriale, e se i figli non si salvassero dall'angoscia e dalla più profonda depressione nessuna paura, perché in Inghilterra si avvieranno presto le ricerche per selezionare i futuri nati, progettandoli magari più permeabili alle terapie psichiatriche e certamente obbedienti alle istituzioni.
In Svezia, dove la maggior parte delle persone vivono da sole, internet ha sostituito la famiglia come autentico riferimento sociale e ad esso, non raramente, si affida la trasmissione del proprio suicidio; la Danimarca, dove si dibatte se liberalizzare l'incesto, registra un numero di adolescenti alcolizzati addirittura drammatico, mentre i tassi di suicidio e di violenza sulle donne, in vari Paesi nordici, sono sorprendentemente superiori a quelli italiani.
Nonostante questo i nostri media, precipiti nel vuoto culturale e dunque affetti dalla sindrome della pecora, indicano spesso il nord Europa come esempio di civiltà da seguire ad ogni costo, forse felici del fatto che trattasi di società quasi completamente scristianizzate, altro frutto di Lutero e amici anticattolici, abolitori e persecutori della vita consacrata, falsi testimoni di un Cristo al quale non vale la pena donare tutta la propria esistenza, dunque, se tale concetto proviene proprio da un pulpito religioso, subdoli seminatori della mala erba, antichi profeti di una società formata da vite cosificate e depresse.
  
Ezio Minerva


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