sabato 30 gennaio 2016

Una storia della Chiesa di Angela Pellicciari

 Autori di pregevoli e monumentali storie della Chiesa cattolica furono Ludwig von Pastor (1854-1928), Hubert Jedin (1900-1980) e, ultimamente, i numerosi, qualificati redattori della storia ecclesiastica, edita in diversi volumi dalla Società di San Paolo.
 Non era finora reperibile una storia della Chiesa in cui fossero soddisfatte le esigenze della divulgazione e obbediti i severi, indeclinabili obblighi della scienza.
 Un interessante tentativo di colmare tale lacuna è compiuto dalla storica Anna Pellicciari, autrice di una storia della Chiesa, edita da Cantagalli in Siena.
 Nell'opera in questione la completezza dell'informazione  è associata alle inflessibili regole della bella lingua e alle esigenze del lettore la cui onesta cultura non varca gli stretti confini della specializzazione accademica.
 L'argomento, infatti, è svolto in trecentocinquanta agili e scorrevoli pagine e organizzato in capitoli che mai tolgono il respiro al lettore.
 L'autrice è da apprezzare specialmente per il rifiuto di condividere le delicatezze e le indulgenze suggerite dal buonismo pseudo ecumenico. Al proposito l'autrice rammenta che “per tanto tempo la chiesa ha creduto che la battaglia contro il paganesimo, cioè contro il demonio, i suoi idoli e i suoi riti, andasse fatta con determinazione distruggendo in alcuni casi anche oggetti e templi”.
 Risoluto è anche il rifiuto della teologia danzante intorno al pensiero islamico, che contempla una divinità totalmente opposta e altro da uomo: “Il concetto ebraico di alleanza e quello di analogia elaborato dalla filosofia cristiana a partire dai versetti biblici della creazione sono impensabili per un musulmano. Inimmaginabile la concezione cristiana della divinità di Gesù e la conseguente possibilità possibilità per l'uomo di diventare, in Cristo, figlio di Dio”.                                          
 
A sostegno della sua ruvida contestazione della teologia islamica, venerata dalle paure dell'Occidente ateologico e/o pseudo teologico, l'autrice cita un testo di Gianni Baget Bozzo, il quale rammentava: “La creazione è un concetto fondamentale del Cristianesimo, proprio come realtà altra da Dio, anche se da Dio ha la sua origine e il suo fondamento. Per l'islam la creazione esiste solo come produzione costante della volontà divina. Dio è l'unica causa di tutti gli eventi. Il concetto di natura non ha quindi alcuna parte nel pensiero islamico, che non riconosce – differentemente dal Cristianesimo – alcuna autonomia alla causalità creata”.   
 Pellicciari, inoltre, non esita a violare le regole del galateo, imposto dalla teologia post conciliare e a rammentare che “Lutero è un rivoluzionario, Enrico VIII un lussurioso, Calvino un riformatore che completa quanto Lutero inizia”.
 Di qui la confutazione del falso ecumenismo, il riconoscimento del primato che compete alla filosofia di San Tommaso d'Aquino, astro assoluto del pensiero medievale, e l'esposizione di un forte dubbio sulla condanna dell'intransigenza: “Erano tutti barbati violenti i nostri antenati cattolici? Anche i più grandi fra di loro? La domanda conviene porsela perché forse oggi c''è qualcosa che ci sfugge”.
                                  
 Notevole, infine, è la difesa di Pio XII, “investito da una furibonda macchinazione che parte da Mosca, la centrale del comunismo mondiale, volta a distruggerne la figura e l'opera”. Macchinazione diventata purtroppo oggetto di un trasbordo nella cultura del progressismo cattolico.
 Meno convincente è la tentata giustificazione dello spirito del concilio, e dei pontefici (Giovanni Paolo II e Benedetto XVI) che ne hanno proposto una favorevole interpretazione.

Piero Vassallo

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