martedì 29 dicembre 2015

Museologia e tradizione (recensione di Emilio Biagini)

Il volume di Riccardo Rosati, Museologia e tradizione (Solfanelli, Chieti 2016), raccoglie scritti che hanno formato la rubrica de Il Borghese sui musei e i Beni Culturali dal luglio 2011 all’aprile 2014, un periodo durante il quale ha brillato, come sempre del resto, l’assoluta ignoranza, indifferenza, ottusità della classe politica della repubblica, nata dalla “resistenza” e fondata sul lavoro, nei confronti della cultura. Questa ha bisogno dei musei, essenziali portatori di memoria storica, non solo quelli artistici e archeologici, ma anche scientifici e naturalistici.
Gli italiani, per lo più, non conoscono i tesori dell’Italia, ma in compenso visitano i musei all’estero. Sembra che il Louvre rappresenti il massimo in fatto di cultura e storia: si tratta, argomenta l’autore, di una celebrità assolutamente eccessiva, senza contare che il museo parigino è importante soprattutto per le rapine che l’hanno arricchito, in prevalenza a danno dell’Italia.
L’Italia è in più di un senso il centro del mondo. Non solo ha un immenso patrimonio di cultura propria, ma anche un ulteriore gigantesco patrimonio accumulato nello studio di altre culture, grazie a benemeriti missionari ed esploratori. Giustamente l’autore si sofferma a questo proposito sulle ricchissime collezioni di arte orientale a Roma, a Genova e altrove.
Purtroppo il bilancio dei Beni Culturali è desolante. Spettacolari collezioni d’arte sono nascoste nei fondi, non studiate e non fruite da alcuno. L’Italia ha il maggior patrimonio culturale mondiale, ma non sembra minimamente capace di valorizzare ciò che possiede. Si aggiunga l’emarginazione degli studiosi più importanti, come Mario Praz e Giuseppe Tucci, vittime dei pappagalli politicamente corretti infeudati nelle cattedre universitarie del “Bel Paese”, dove è d’obbligo insegnare (e far ammirare) la cancerosa teoria del gender.
Non è solo questione di inettitudine delle (si fa per dire) “autorità” italiane. C’è un piano ben preciso dei delinquenti della grande finanza anticristica, la quale, anche mediante il delirio del controllo delle nascite, dello “sviluppo sostenibile”, dell’immigrazione incontrollata, mira ad annichilire l’Italia per omologarla nella grande palude mondialista globale.

Emilio Biagini


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