venerdì 2 ottobre 2015

UN UOMO SCOMODO, MA LEALE (di Lino Di Stefano)

Quando si è al cospetto di un personaggio scomodo, controverso, ma onesto, gli studiosi, anche i più accreditati, fuggono per la tangente non avendo, essi, il coraggio di prendere posizione e, di conseguenza, di assumersi le proprie responsabilità di fronte alla storia. Nella fattispecie, la personalità discussa risponde al nome di Piero Operti (1896-1975), piemontese di nascita, ma ligure di adozione.
 Dopo gli studi, culminati con le lauree in lettere e giurisprudenza, Piero Operti insegnò storia e filosofia nel prestigioso Liceo Classico ‘V. Alfieri’ di Genova anche se – indagato, durante il fascismo, per la sue amicizie, segnatamente quella con Piero Gobetti – fu d’autorità trasferito a Napoli. Visto che non tutti i mali vengono per nuocere, l’esilio partenopeo, diciamo così, gli fu proficuo perché, come è a tutti noto, egli venne in contatto con Benedetto Croce al quale scrisse anche una famosa ‘Lettera aperta’.
 Poiché nel 1920 l’intellettuale di Bra (Cuneo) era stato aggredito da alcuni esponenti di sinistra, egli così, nella menzionata ‘Lettera aperta’, riferì al filosofo dei distinti: “Inermi e mancanti chi del braccio, chi della gamba, eravamo nella impossibilità di opporre qualsiasi reazione: ci strapparono le medaglie; le calpestarono; non fecero di più, soddisfatti del gesto o spenta l’ira dalla nostra passività, e si scostarono. Noi raccogliemmo dalla polvere le nostre medaglie e tornammo all’Ospedale”.
 Nella replica, il pensatore abruzzese rispose, tra l’altro: “Mio caro Operti, la sua lettera, o meglio la sua analisi della nostra condizione presente e della storia nostra recente, è quale io dovevo attendermi da Lei, dalla sua profonda rettitudine, dalla sua sincerità, dalla sua colta e lucida intelligenza, dalla sua valentia di scrittore che sa dire tutto quello che vuol dire”.
 Pure il filosofo crociano Vittorio Enzo Alfieri ebbe parole lusinghiere nei riguardi dell’uomo politico e di cultura di Bra definendolo “un uomo di carattere, una pura e alta coscienza morale: tale appare Piero Operti a chi, avendolo conosciuto di persona o anche solo attraverso i suoi scritti, mediti oggi sulla nobiltà e coerenza di quella vita”.
 L’Autore, scrisse anche altre ‘Lettere aperte’ sebbene non avessero avuto lo stesso successo di quella diretta al filosofo di Pescasseroli. Degna di nota, comunque la lettera a Luigi Einaudi, allora Presidente della Repubblica; Piero Operti fu anche un pregevole scrittore e, all’occorrenza, vogliamo ricordare la sua biografia dedicata a Bartolomeo Colleoni - intitolata ‘Il Condottiero’ - due volumi della ‘Storia d’Italia’ e, come afferma Giulio Vignoli, diede alle stampe, “dopo la guerra per Paravia un grosso dizionario della letteratura italiana, molto ben fatto”.
 Antifascista di stampo liberale, l’intellettuale ligure-piemontese venne anche sospeso dall’insegnamento, mentre durante la Resistenza il Comitato di Liberazione Nazionale lo nominò capo di alcune formazioni partigiane: egli era, infatti, nemico sia dei nazifascisti che dei comunisti. Uomo leale, come abbiamo accennato, l’Autore scrisse una lettera anche a Junio Valerio Borghese, Comandante della celebre X Flottiglia M.A.S., riconoscendone il coraggio e le virtù militari.
 Di idee monarchico-liberali, Piero Operti venne nominato da Umberto II componente della Consulta dei Senatori del Regno, presentandosi, altresì, come uno dei primi ad avvertire la necessità di condurre una riflessione seria su ciò che era stato il fascismo che, seppur condannato, andava sottoposto, secondo lui, ad indagine storica “sine ira ac studio”. E, infatti, nella ‘Lettera’ al Presidente Einaudi egli scriveva testualmente: “La Storia non pronunzia, senza fretta alcuna, i suoi verdetti se non dopo aver pesato la consistenza delle ragioni ideali e pratiche presenti negli opposti campi”, in attesa - con la scomparsa dei protagonisti del momento storico - della dissoluzione delle idee che avevano alimentato quelle passioni. Operti, infine, che era un sincero antifascista, non ebbe alcuna remora a dialogare con Nino Tripodi – noto esponente del regime, prima della guerra mondiale, e non meno celebre rappresentante del M.S.I., dopo il conflitto – anche perché il senatore e Presidente del citato partito era un dotato intellettuale, autore di tanti libri, famoso il saggio ‘Italia fascista in piedi’, e un protagonista indiscusso della cultura di Destra apprezzata anche dagli avversari.
 Non a caso, l’esponente monarchico – che era, come abbiamo più volte rilevato, un genuino e schietto antifascista - non ebbe nessuna remora a redigere la Prefazione ad un libro di Tripodi, consapevole delle feroci critiche e dei non meno spietati insulti da parte di chi non aveva capito, o non aveva voluto capire, che egli era un individuo probo ed una persona di notevoli convinzioni morali.
 Sintomatica, al riguardo, la sua conclusiva professione di fede etico-politica: “Risparmiato dalla guerra e dalla guerriglia, scampato all’ecatombe Liberatoria, sopravvissuto a Coltano e alla galera, vengo dinanzi a Voi, o Signori, a confessare il cumulo dei miei delitti”. Questi era Piero Operti.

Lino Di Stefano

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