mercoledì 21 ottobre 2015

Figure dello scisma italiano: Vittorio e Walter Veltroni

 Di Walter Veltroni i media conformisti propongono il classico fotogramma, che rappresenta   un giovane, sdegnato ma con vaghe sfumature di perplessità, e intento al dialogo con Pier Paolo Pasolini.
 Corrono i roventi anni della contestazione giovanile e l'animoso Veltroni esibisce una espressione scandalosamente tranquilla.
 L'ipocrisia al potere nasconde (per quanto possibile) l'imbarazzante immagine dell'accorato onorevole Walter Veltroni, che in parlamento declina l'elogio funebre del giovane neofascista Marzio Tremaglia, vittima nel 2000 di una malattia implacabile.
 Due universi ideologici, due stati d'animo, un unico Walter: il titubante navigatore nel fiume furioso della resistenza (postuma) al male assoluto e il figlio di Vittorio Veltroni geniale e arguto giornalista in camicia nera.
 La politica finge, il sangue non mente. La filigrana del libro Ciao, pubblicato in questi giorni nella collana di Rizzoli, narra le con­traddizioni di una storia familiare, che inizia con l'attività giornalistica  del fascista Vittorio Veltroni e termina con l'infelice, contrastata e fallimentare escursione di Walter Veltroni nell'accidentato terreno della politica progressiva, luogo deputato all'esibizione di facce scolpite da un severo e iroso trisma.
 Vista la malinconia del presente, conviene rivolgersi al passato dipinto dall'invincibile allegria dei vinti, uno dei quali fu il padre di Walter Veltroni.
 Vittorio Veltroni (1918-1956) apparteneva al popolo spettacolare degli ex militanti fascisti, sopravvissuti (non senza intoppi e/o umilianti flessioni) all'epurazione: Augusto Genina, Goffredo Alessandrini, Mario Camerini, Raffaello Materazzo, Giorgio Albertazzi, Marcello Mastroianni, Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Enrico Maria Salerno, Dario Fo, Nino Besozzi, Nando Ferretti.
 Dotati di un invincibile umorismo gli esodati e i pentiti di parola trovarono rifugio nel cinema andreottiano, nella televisione di Filiberto Guala e/o nelle nicchie del teatro borghese e/o leggero.
 Negli anni segnati dalla prevalenza dell'umorismo di una destra da palcoscenico, allegra antagonista della cupezza politicante nei partiti progressivi, Vittorio Veltroni e Nando Ferretti scrissero i testi delle riviste surreali di Renato Rascel e di quelle classiche delle tre sorelle Nava.
 Approdato all'età in cui si esplora la verità delle proprie lodate o rinnegate radici, Walter tenta di capire il padre, che la morte gli ha sottratto quando era appena nato.
 Di qui il libro Ciao, spinoso viaggio dell'amor filiale nel passato di un padre geniale regista purtroppo compromesso con l'innominabile regime fascista.

 Forse Walter intendeva assolvere il padre e condannare - senza possibilità di appello - la sua fede fascista. Se non che sulla sfortuna politica di Walter Veltroni, e sulla felicità della sua scrittura, si stende, invisibile una refrattarietà al conformismo de sinistra, che si è tentati di  attribuire al gene irriducibile trasmesso da Vittorio Veltroni.

Piero Vassallo

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