lunedì 17 agosto 2015

L'INVOLONTARIA APOLOGIA COMPIUTA DA UN AUTOREVOLE ANTIFASCISTA (di Piero Nicola)

  Eugenio Corti (Besana Brianza 1921 - ivi 2014) è scrittore di razza, uno dei pochi eminenti, onesti, cattolici narratori e saggisti del dopoguerra e del tempo postmoderno. Prendo in considerazione il suo romanzo-documento Il cavallo rosso (Ed. Ares, 1983, p. 1277), che intende rappresentare la storia italiana, con annessi e connessi internazionali, a partire dal 1940 sino al 1974, attraverso le vicende di ragazzi ventenni all'inizio della Seconda Guerra Mondiale, militari sui vari fronti, militanti nella guerra civile, quindi impegnati nelle loro diverse occupazioni e funzioni sociali.
  Il racconto si apre illustrando la condizione del villaggio natio, Nomana (nome di fantasia), uno dei diversi borghi della collinare plaga briantea. La gente di Brianza era cattolica osservante, per lo più non fascista o indifferente alla politica; viveva pacificamente di lavoro agricolo e operaio. Dopo un periodo di predominio liberale dei proprietari terrieri, gli industriali, di estrazione prevalentemente umile, avevano portato la religiosità della gente al suo debito riconoscimento. In un compimento di attività e di armonica unione, il paese conduceva un'esistenza alquanto felice. Il frutto proveniva dalla Controriforma, da pastori quali San Carlo Borromeo.
  La freddezza o la preoccupazione davanti alla dichiarazione di guerra, la sorta di pacifismo, dovettero provenire alquanto dalla appartenenza all'Azione Cattolica e prima, in parte, al disciolto Partito Popolare; l'una avversata, per qualche tempo, dal fascismo, l'altra nonostante la deludente prova offerta dai politici democratici cristiani. Data questa posizione dei brianzoli forse il regime aveva avuto qualche motivo per rivolgere all'A.C. l'accusa di antifascismo.
  "Trent'anni più tardi, sotto l'influenza laico-umanitaria della televisione e delle idee nuove, i ragazzi di Nomana non sarebbero più stati così [casti e partecipi della comunità]; avrebbero tormentato meno gli animali, e non avrebbero più tormentato pubblicamente i deficienti, che sono due indubbi passi avanti. Però avrebbero cominciato - come non era mai accaduto nella storia del paese - a odiare determinati gruppi sociali, e inoltre nessuno di loro, o quasi, sarebbe più arrivato vergine al matrimonio".
  L'osservazione inserita dall'autore sin dalle prime pagine (come più volte altrove egli ritiene necessario il proprio diretto intervento chiarificatore) solleva i quesiti essenziali. Quale parte ha il governo nazionale riguardo al bene superiore della moralità e dell'armonia? Possono fattori diversi, stranieri, avere una preponderanza invincibile? E tali grandi influenze esterne ebbero a manifestarsi soltanto nel dopoguerra o furono bensì in precedenza?
  In precedenza agivano da tempo, segnatamente nel campo della fede, soprattutto in Francia, un progressismo e un modernismo corruttori, una propaganda libertaria democratica capace di sedurre il popolo, fosse stata di stampo marxista o del liberalismo. È indubbio che a tale seduzione il fascismo mise un argine, propugnando nondimeno l'idea d'una civiltà d'ispirazione romana e classica, sebbene fosse qua e là venata di note ghibelline. Ciononostante, come si è visto, i paolotti potevano essere tali senza disturbo; il clero poteva svolgere a suo agio il ministero tradizionalmente moralizzatore.
  Dunque soltanto la guerra perduta aveva storicamente aperto la strada alla decadenza, venendo a mancare l'ordine e la forza dello stato contrapposta al deterioramento dei costumi.
  L'autore, antifascista, si sofferma, facendo corpo con i suoi personaggi (tuttavia ligi al patrio dovere), nel biasimare la dichiarazione di guerra dovuta a Mussolini. A tale riguardo, gli va contestato che il re approvò, anzi, come capo dello stato e come novello imperatore, deliberò quanto il governo aveva proposto.
  L'appunto vale tanto più in quanto il re depose Mussolini, fece l'armistizio dell'8 settembre e, dopo tale evento, l'autore si mette dalla sua parte, dalla parte degli angloamericani. Se egli non ritiene un impedimento la fellonia del sovrano nei confronti dell'alleato tedesco, dovrebbe altresì ritenere dovuta l'opposizione del re all'entrata in guerra e ritenerlo di essa corresponsabile. A meno che Vittorio Emanuele III avesse inteso, machiavellicamente, procurare con la sconfitta la caduta del fascismo. Ma il consenso del Corti a un simile tradimento disastroso è fuori discussione.
  Dovendosi mettere in rilievo le pecche dell'opera, circa alla sua conclusione, quando un'esemplare eroina del romanzo perisce in un incidente, ci viene ricordata la volontà di Cristo di non perdere nessun essere umano, sicché ella, andando nelle braccia dell'angelo custode verso l'eterna beatitudine, incontra persino un orribile boia e torturatore di partigiani e in seguito di fascisti, senza che il suo riscatto abbia ricevuto la desiderata spiegazione. Inoltre l'esito negativo del referendum sull'abolizione della legge che introduce il divorzio, vien detto proficuo, avendo prodotto il risveglio del sentimento cattolico, e si prospetta fausto il successivo avvento di Giovanni Paolo II, che in realtà non apportò un rimedio alla profonda crisi della Chiesa. A tutto questo s'accompagna pure qualche stanchezza stilistica e qualche difetto della struttura narrativa.
  Tuttavia va mantenuto il giudizio positivo sul narratore e sulla sua buona volontà, sulla veridica crociata anticomunista ch'egli condusse, sul suo concetto di civiltà.
  Protagonisti del romanzo sono Ambrogio, figlio di industriale tessile e iscritto al primo anno di scienze  economiche all'Università Cattolica dell'imperioso Padre Gemelli; suo cugino Manno allievo ufficiale di artiglieria; l'amico Stefano, attaccato al suo mestiere di contadino, nonostante gli stentati proventi del piccolo podere paterno; Igino, l'unico del parere che sia giusto allearsi con la Germania contro le sopraffazioni di Francia ed Inghilterra; altri tre arruolati prima dello scoppio delle ostilità, accompagnati al posto di reclutamento; l'amico Michele, che ha la vocazione dello scrittore ed è ansioso di fare esperienze istruttive; il che gli fa sospirarle l'invio in Russia, dove avrà modo di documentarsi sul regime bolscevico.
  Uno dopo l'altro essi andranno al fronte, avendo cominciato con l'istruzione e la carriera nelle patrie caserme. Nell'estate del 1942 Ambrogio e Michele sono in Russia. Le campagne son povere, arretrate, le case, isbe col tetto di paglia, le strade, piste di terra battuta. Nelle retrovie, nel bacino minerario e industriale del Donetz, gli operai vivono miseramente. Le offensive italiane si susseguono, l'avanzata raggiunge la linea del Don con alla testa i bersaglieri, tra i quali c'è Stefano. Michele, addetto a un posto di rifornimenti, tenta di informarsi sulle stragi di contadini avvenute anni addietro, ma gli abitanti sono timorosi o delusi, perché i tedeschi hanno ucciso i civili e usano il pugno di ferro a torto o a ragione. Una falla dello schieramento italiano è stata tamponata, dopo l'inspiegabile rotta d'una divisione di fanti. L'esercito sovietico è arretrato, ma dispone di autocarri americani e di carri armati.
  Igino scrive dalla Jugoslavia che i partigiani non sono temibili. Ambrogio, ufficiale osservatore dell'artiglieria, incontra l'alpino Luca, operaio della fabbrica paterna. Segni di devozione cristiana nei profughi russi. Ci si prepara a sostenere i rigori dell'inverno, il secondo della campagna. Il complesso del lunghissimo schieramento delle nostre truppe funziona anche nel sopraggiunto freddo polare.
  Il 19 dicembre giunge l'ordine della ritirata. Nonostante il valore dei combattenti, specie dei bersaglieri e degli alpini, la preponderanza delle forze nemiche, di gran lunga superiori di numero e di mezzi,  impedisce agli italiani di rompere l'accerchiamento. Le perdite sono grandi, sia per gli uccisi dalle armi che per le vittime del gelo e degli stenti; molti sono fatti prigionieri. Soltanto alcuni reparti riescono a passare trascinandosi appresso colonne di inabili e di sbandati sovente privi dell'arma in dotazione. Comportamento eccellente dei tedeschi e del battaglione M, più che decimato. Anche i croati e gli ungheresi si distinguono. Stefano cade nella disperata difesa di un avamposto, che il colonnello ha dovuto abbandonare al suo destino.
  Nella composita colonna che comprende il corpo d'armata e l'amico Michele, Ambrogio procede ferito, sostenuto dal fedele attendente, e lo stato d'impotenza in cui versa - osserva lo scrittore - probabilmente è la causa del suo giungere a salvamento. Riflettendo sul disordine e l'apatia in cui sprofonda buona parte della truppa, egli considera come la gente di Nomana sia assai disciplinata, lo sia nell'intimo, e pensa: "Sarà per questo che noi non abbiamo bisogno del fascismo? [...] Non per niente là [in Brianza] comincia la terra del reclutamento alpino".
  Sennonché, non andrebbe tralasciato che i buoni ordinati necessitano di adeguata protezione, in quanto ben pochi sono gl'incorruttibili.
  A differenza degli italiani, i russi freddano col colpo alla nuca gruppi di prigionieri. Michele viene catturato. Da principio, se la cava venendo ritenuto elemento utile per ottenere informazioni. Quindi, lo mandano in un lager orrendamente mortuario, dove si crepa d'inedia e, per sopravvivere, molti si riducono al cannibalismo.
  Finalmente la colonna di Ambrogio, ridotta a circa 4 mila uomini dei 20-25 mila iniziali, passando per successivi combattimenti raggiunge le linee mobili tedesche a Bialovosch. I superstiti sono trasferiti mediante autocarri; poi, i feriti trasportati per ferrovia a Leopoli e ricoverati in ospedale bene attrezzato. Notizie di stragi mostruose ivi compiute da russi e tedeschi. Segue il rimpatrio su treno ospedale. "Dopo quello che ho visto" osserva il figlio dell'industriale, "non sono più sicuro che i formalisti alla vecchia maniera, abbiano tutti i torti".
  Poiché Luca appartiene al battaglione Morbegno, abbiamo modo di assistere alle tragiche vicende degli alpini, sino alla famosa, disperata vittoria di Nicolaievca, che assicura lo scampo ai sopravvissuti.
   Intanto, ai primi di maggio avviene l'abbandono della Tunisia, conquistata dal generale Patton. Il reparto di Manno essendo forzato ad arrendersi, egli si aggrega a un equipaggio raccogliticcio, che compie una fortunosa traversata per approdare in Sicilia. Rientrato nel deposito di Piacenza, resta in attesa dell'invio in Grecia.
  Dopo aver visitato Ambrogio nel convalescenziario, il futuro scrittore conosce Colomba, un'incantevole figliola che assiste la vecchia zia in una villa di Nomana. Prima della partenza i due innamorati si fidanzano.
  In paese, Luca, scampato all'assalto di Nicolaievca, è pure fidanzato con la sorella di Stefano e attende di riprendere il servizio. Completa la gamma dell'umanità in qualche modo felice, trepidante, dolorosa, la madre di Stefano, che sente, quasi telepaticamente, la perdita del suo ragazzo. Dalla Russia soltanto, non giungono notizie dei militari caduti o prigionieri. Per quanto giungano ammirevoli o cari i personaggi, si avverte qualche insistenza patetica e sentimentale.  
  Sbarcato Manno in Albania, dove  i partigiani sono divisi da lotte intestine, sopraggiunge l'armistizio, con gli ordini di resistere ai tedeschi. Le vicende storiche sono note. Nella Penisola avviene il collasso pressoché totale del regio esercito. Nei Balcani il disordine non manca; qualche formazione tenta di resistere prima di soccombere, prima delle deportazioni in Germania. Gli ufficiali che hanno tentato di opporsi subiscono la fucilazione come traditori.
  Venuto a trovarsi a Brindisi, dove si sta organizzando il regno del Sud, che il 20 ottobre dichiara guerra alla Germania, Manno, inteso a restituire dignità alla Patria, partecipa alla costituzione di un corpo di volontari da impiegarsi a fianco degli Alleati. Essi, che già hanno rifiutato le navi e le scorte per il trasporto delle truppe in patria, sono ben poco disponibili ad accoglierle nelle loro fila e ad armarle. Tuttavia, davanti a Cassino, un contingente italiano partecipa all'offensiva, e il nostro ufficiale cade valorosamente a Montelungo. I parenti e Colomba non conosceranno la sua sorte che al termine del conflitto. Non si può fare a meno di notare l'omissione degli intendimenti analoghi e dell'analogo ardimento che animarono i combattenti della RSI sul fronte opposto.
  Frattanto, in agosto, gli aerei angloamericani avevano letteralmente distrutto la metà di Milano, anche se i morti civili erano stati poco più di un migliaio. Si vincono i soldati germanici grazie all'incomparabile mole di armamenti e di mezzi materiali che possiede il nemico (ancora attuale prima dell'8 settembre).
  La crudeltà dei campi di concentramento o dei trasferimenti ferroviari - autentici mezzi di tortura tramite fame, sete, lavoro forzato - riguardavano anche molti milioni di deportati russi, uomini e donne (sottoposte a specifica violenza), nonché i deportati dei paesi dell'Est europeo. Michele perviene a costatare che quei sistemi efferati, di cui forse la storia non conobbe l'eguale, e ai quali partecipavano commissari italiani, avevano lo scopo di realizzare l'umanità comunista; la realizzazione della vera società comunista li comportava. L'utopia della riforma comunista degli uomini richiedeva stragi interminabili. Più avanti, egli ne avrà conferma dagli analoghi stermini e annientamenti del persona operati in Cina, in Cambogia e nel Vietnam. Egli riuscì a spiegarsi l'incomprensibile e altrimenti gratuita ferocia dei sovietici, incredibile al punto che gli occidentali non la prendevano in considerazione, credendo piuttosto al paradiso in terra di Baffone.
  Ai tedeschi arresi tocca una fine immediata. Agli ufficiali italiani si allevia il trattamento con la speranza di indottrinarli. Vi si provvedono, con scarso successo, fuorusciti per lo più emiliani, commissari del popolo in genere patetici nella loro insostenibile convinzione. Come tutti i grandi e i piccoli del sistema, essi sono soggetti a fare una brutta fine, secondo i metodi rivoluzionari.
  Nella repubblica di Mussolini prende piede il fenomeno dei partigiani, comunisti e monarchici o d'altra idea politica. Ambrogio non si è rimesso dai postumi delle ferite, anzi è peggiorato e gli occorre il un ricovero nella villa sul Lago Maggiore adibita a clinica per militari. Lo assiste con simpatica tenerezza Fanny, una leggiadra crocerossina, ragazza di spirito, universitaria figlia dell'alta borghesia liberale. Compagno di camera giunge un milite repubblicano. È l'occasione per confrontare le ragioni dell'opposta militanza. Costui invoca l'onore da riscattare per la Patria, che non può essere una che tradisce dall'oggi al domani il suo  alleato e gli spara nella schiena, una prostituta che si dà a chi paga meglio, al nemico di ieri, il quale  massacra i civili con i bombardamenti.
  Ambrogio obietta che la guerra è perduta e la gente non aderisce al governo impostole bensì dallo straniero occupante. Tra sé e sé, egli enumera le altre ragioni contrarie, secondo lui maggiormente valide, sebbene egli rispetti l'idealità del camerata.
  Il diciottenne suo fratello Pino, che viene a trovarlo, è un ragazzo fantasioso e di debole personalità. Per spirito d'avventura prende contatto con i partigiani alla macchia sui monti circostanti. Va con loro, facendo un colpo di testa, perché la madre e i famigliari sono contrari. Prende così l'avvio la storia delle formazioni non comuniste che portarono all'avvento della repubblica dell'Ossola, esempio della miglior lotta condotta contro il nazifascismo. Nelle fasi precedenti e successive al concretarsi di questo stato democratico di Domodossola, cadono i comandanti, ex ufficiali dell'esercito regio dell'Italia fascista. Ma i partigiani non sono combattenti veri e propri, cioè disposti a morire sul campo; risultano efficaci nelle imboscate, nella difesa di posizioni dall'alto e si espongono nei colpi di mano, senza l'idea del sacrificio. Perciò la propagandata repubblica dell'Ossola del '44, sebbene il suo governo faccia fronte agli elementi politicanti (dunque disgregatori), sebbene ricevesse l'apporto anche dei rossi e rifornimenti paracadutati, ha una vita effimera, molti suoi abitanti o ospiti devono riparare in Svizzera.
  Non appena formato il governo Bonomi in Roma liberata, si vengono a conoscere le beghe e i litigi in atto fra i partiti: "preclusioni reciproche, presentate come manifestazioni di democrazia", "democrazia deprimente attuata a quel modo". Sembra tornata la confusione del 1922.
  Ma bisognava incolpare le fazioni o il sistema? Bisognava, come al solito, accusare l'inciviltà degli italiani o la degradazione investiva le potenze dominanti? A giudicare dal cammino politico occidentale, nessuna democrazia si è salvata. I nostri guai morali, a partire dal dopoguerra presero origine dal modello statunitense, dall'egemonia americana.
  Pierello, ragazzo semplice e incolto, uno dei tre primi coscritti accompagnati in macchina da Ambrogio alla chiamata sotto le armi, si trova coinvolto nelle spaventose traversie della ritirata nella Prussia Orientale. Dopo aver servito nella fattoria d'una vedova, combatte in trincea accanto a soldati anziani o imberbi. L'avanzata dei russi è inesorabile. Un enorme sciame di civili marcia con ogni genere di carri e slitte, per raggiungere e oltrepassare un lago ghiacciato, al di là dal quale potrebbe mettersi in salvo. Le scene delle azioni guerresche e delle ferali disgrazie che colpiscono i profughi sono nuovamente rappresentate con rara potenza.
  Pierello, camuffandosi, si sottrae all'inquadramento militare, tuttavia soccorre la povera padrona e i suoi nipotini, per ritrovarsi, più tardi, in territorio cecoslovacco, dove i cechi commettono atrocità, intanto che i sovietici continuano le loro infami deportazioni.
  Ad aprile cede la Linea Gotica. A Nomana un forestiero arruola nella formazione dei partigiani comunisti i peggiori elementi del paese. Il farmacista, un piacentino, fattosi nominare capo del CLN  locale, sebbene sia democristiano asseconda i rossi per spirito di rivalsa, avendo dovuto, a suo tempo, ingoiare l'olio di ricino nel proprio paese. Nel CLN devono figurare i rappresentanti dei partiti, che sono raccogliticci e alcuni quasi senza aderenti. Ambrogio tenta di far sì che le armi dei militi, rinvenute nella casermetta disertata, non vadano nelle mani dei facinorosi senza Dio. Il farmacista e i paesani non possono impedire che una squadra venuta da fuori uccida una povera donna, colpevole soltanto d'essere la moglie d'un fascista giustiziato. A Milano le orribili violenze e gli assassinii non hanno tregua. Nel villaggio i ragazzi comunisti vorrebbero spadroneggiare come altrove fanno i compagni armati.
  "L'Italia era una sorta di corpo vile a disposizione del fascismo prima e dell'antifascismo poi", commenta il Corti.
  Dalla Svizzera rientrano Pino e il suo amico Sep, divisi dalle idee politiche che innescano la lotta di classe. Un reparti di sudafricani si accampa a Nomana. Malvisto specialmente dai rossi, conduce un'esistenza separata.
  Giunge la triste notizia della morte di Manno. Nulla si sa invece dei soldati rimasti in Russia. Il giovane Andrea Marsavi, la cui famiglia possiede un grande salumificio, combina con la Commissione Pontificia l'invio di autocarri di proprietà della ditta Riva in Germania, per il rimpatrio dei prigionieri. Ne ritornano da paesi lontani. Episodi di banditismo e mercato nero. Corruzione diffusa; controversie e rivalità tra i partiti di governo e nelle amministrazioni. La crisi economica perdurante appare inspiegabile, non bastando a giustificarla gli scioperi e le lotte sindacali.
  Se la ripresa, il riassetto delle attività e la ricostruzione verranno immancabilmente, quale corso morale c'era da aspettarsi dopo un simile inizio?
  Nel suo esilio di inique penitenze un po' alleviate, Michele si documenta leggendo i testi comunisti della piccola biblioteca, interroga di straforo un'internata, del campo contiguo, invelenita nei patimenti e nelle sopraffazioni. Apprende delle stragi di ebrei operate dai nazisti. Conosce la miseria dei bambini spagnoli rubati dai russi nel loro paese iberico e richiusi in un lager. Egli giudica che la fonte anticristiana di marxismo e nazismo stia nell'eresia protestante. Cultore del medioevo fin dai suoi studi scolastici, ricorda la nocività dell'eresia concepita nell'epoca maggiormente religiosa: la peste dell'errore dottrinale.
  I ragazzi di casa Riva frequentano l'università. Ambrogio si lega sentimentalmente a Fanny, la sveglia e piuttosto mondana crocerossina tornata agli studi. Colomba, la bella promessa sposa di Manno è di nuovo a Nomana nella villa della zia. Ambrogio prova per lei un amore irresistibile e condiviso, ma rinuncia a lei, sembrandogli una profanazione fare sua la ragazza dell'amico sacrificatosi in guerra. L'acquisto della villa da parte dei Riva allontana Colomba definitivamente.
  A Milano ora le manifestazioni si susseguono, sfilano cortei contro la monarchia. Non cessano le uccisioni, nella sostanziale indifferenza degli Alleati. In paese si volgono comizi antimonarchici, anticlericali, antiamericani. L'odio isterico comunista e gli argomenti sullo sfruttamento del lavoro non passano senza fare qualche presa. Ambrogio e il babbo pensano a costituire una seria forza politica. Fortunato, il secondogenito liberale che sta prendendo le redini dell'azienda, rimane estraneo al progetto. Quantunque Ambrogio e Luca, che ha ripreso il suo posto in fabbrica, abbiano la tessera della DC, praticano la politica quasi con ripugnanza. "Non sono cose divertenti". Dal CLN giunge l'ordine di ammazzare almeno un fascista per comune. Il farmacista salva un destinato ad essere eliminato. La riunione del CLN paesano ha all'o.d.g. la fondazione della mutua comunale, ma la discussione non approda ad esaurire l'argomento, essendo sviata  dalle rivalità, dal protagonismo di rappresentati di partito, che sfocia nell'insulto e nel battibecco. Si discute anche delle epurazioni. Ambrogio spera nelle elezioni regolari, purché vadano bene...
  Dalla Russia arrivano i primi malati gravi e i presunti guadagnati alla causa comunista.
  Le elezioni amministrative vedono il buon piazzamento della DC, tranne che in Emilia e in Toscana, mentre il referendum assegna una risicata vittoria alla repubblica, decretando la fine della monarchia.
  Nel settembre 1946, Michele scende alla stazione di Milano accolto da Ambrogio e Francesca. Il suo pensiero va alla loro sorella Alma, di cui ha carezzato il ricordo e che diventerà la sua sposa. Il loro amore miracoloso durerà intatto sino al 1974, quando la statuina Alma (di cuore tanto sensibile ed eccellente, quanto il suo aspetto appare imperturbabile) perisce in un incidente stradale provocato da autista drogato.
  Michele ha pubblicato un libro sulla tragedia avvenuta nella Russia sovietica. Il volume consegue una discreta accoglienza di pubblico e di critica qualificata. Ciò non lo solleva dalle severe ristrettezze economiche, da cui esce a mala pena avendo trovato un posto di supplente in un istituto privato.
  Alle elezioni politiche del '48, alla DC va la maggioranza assoluta, procurata specialmente dagli attivisti dell'Azione Cattolica.
  Michele conduce ormai la sua battaglia di scrittore, dalla quale si aspetterebbe fausti risultati. Ma le recensioni sono disparate; in Italia manca un'autorità letteraria determinante, salvo quella di Benedetto Croce, che però è liberale e miscredente, ed ha pure preso alcune cantonate. Il suo giudizio lusinghiero non è atto a soddisfare le aspettative.
  I probi lavoratori paesani temono che i loro figlioli cadano sedotti dalla propaganda comunista, paventano che succeda "come di quei ragazzi che vanno con le cattive compagnie [...] poi finiscono col non ragionare più come gli altri della famiglia". Il bravo sacerdote: "Sono duemila anni di fede e di civiltà cristiana conquistate con infiniti sacrifici, giorno per giorno [...] che stanno per essere messi in causa tutt'in una volta".
  Un commento sviluppa le riflessioni del giovane scrittore volonteroso: la salvezza dal comunismo e una certa salute morale, in quel dopoguerra, dovettero essere grazie alla Comunione dei santi, ai molti ancora sani, in una società che conteneva in sé più meriti che demeriti, società "non ancora affrancata da Dio secondo gli schemi laicisti, né infognata nei peccati della carne, come sarebbe stata in seguito".
  Il futuro augurato "attraverso quale procedimento storico? Cioè - scomparso il fascismo - attraverso quali altre vie di fatto?" L'autore conclude che Togliatti fu uomo della Provvidenza, inconsapevolmente, come Mussolini lo era stato. Infatti il capo del PCI aveva ordinato di attenersi alle regole democratiche e non sgarrava, sebbene non fosse creduto e i partigiani rivoluzionari disubbidissero perpetrando ammazzamenti. Egli avrebbe condotto in tal modo il partito sapendo come si svolgeva il comunismo in Unione Sovietica, dove il fuoruscito aveva conosciuto le torture e alle uccisioni di comunisti occidentali del tutto innocenti. Il sistema democratico impediva l'eliminazione dei capi come invece accadeva oltre la Cortina di ferro. Egli lasciava credere che lo si credesse un falso democratico. Tuttavia si proponeva la dissoluzione dei partiti avversari, specie dei cattolici.
  Più avanti, parlando della dissoluzione degli anni '60 e '70, l'autore vedrà il compimento del disegno, conforme alla dottrina di Gramsci, ossia mediante la conquista della cultura e della scuola.
  Ma se la democratizzazione del marxismo, che scongiurava la violenta presa del potere da parte del PC, condusse al subdolo predominio culturale dovuto all'ideologia gramsciana, ancor più deleterio, essendo tenace corruzione degli spiriti, di quale Provvidenza s'era mai trattato riguardo a Togliatti?
  Dedito al suo dovere sociale, alla sua missione cristiana, Michele si istruisce leggendo Maritain e Mounier, cattolici francesi. Si aggiorna sugli autori inglesi e americani. Fa amicizia con John Burns, che da Oltre Oceano è venuto nei panni di militare a Napoli, per stabilirsi successivamente nel nostro Paese..
  Egli ebbe la cocente delusione di scoprirvi l'inciviltà e la bassezza degli USA, un paese come un altro, che ostentava la sua presunta superiorità propagandando falsi ideali democratici e filantropici, mentre perseguiva la ricchezza e il benessere materiale a danno degli altri. Il Burns se ne rese conto a partire dall'ignobile comportamento di ufficiali e soldati, che sfruttavano la miseria dei napoletani, mentre il loro governo militare lasciava i vinti nel caos. Il Burns scrisse allora La Galleria (Garzanti, 1947), che fece scalpore quanto La Pelle di Curzio Malaparte, e riscosse gli elogi della critica, ma presto scomparve nell'oblio insieme allo scrittore, ostracizzato per le sue opere successive, morto a Roma nel 1953.
   Eugenio Corti si limita ad accennare allo scambio di vedute di Michele con l'interessante collega, il quale osserva che gli italiani moderati mostrano ingenua gratitudine all'America del Piano Marshall. Corti evita di approfondire il ruolo avuto dagli Stati Uniti nella successiva trasformazione dell'Occidente.
  Dopo il '48 si sarebbe vissuti di rendita sui cinque anni precedenti, per poi ricadere in un nuovo declino. Viene da obiettare quale proficuo patrimonio si fosse guadagnato in quei cinque anni, al di fuori di una precaria maggioranza parlamentare, che assicurava una certa efficienza del potere esecutivo.
  Andrea Marsavi, il giovane imprenditore del salumificio, sposa Francesca Riva. Suo fratello Ambrogio impalma Fanny. Nel loro viaggio di nozze visitano il fido ex attendente-contadino, nel podere condotto a mezzadria. L'Umbria tradizionale, bucolica e francescana, sta per essere rivoluzionata dalla giustizia del sole dell'avvenire.
  La revoca dell'unione doganale (1952) decretata dalla Francia, provoca una subitaneo e drastico taglio delle esportazioni di non pochi prodotti. Le manifatture Riva restano coinvolte nella perdita di forniture, colpiti da una crisi finanziaria che porta sull'orlo del fallimento. Fanny mal sopporta il clima di apprensione per gli affari, pur restando al suo posto di moglie e di madre. Licenziamenti, dichiarata l'occupazione di una fabbrica e chiasso dei comunisti.  Per lunghi anni la famiglia non verrà fuori dal travaglio in cui si barcamena sotto la guida assunta da Ambrogio, essendosi ritirato, per dedicarsi ad altra attività, Fortunato, l'unico liberale dei fratelli, restio a preoccuparsi di conservare l'occupazione delle maestranze.  
  Lavorando a un romanzo-saggio, l'insegnante Michele concepisce la scristianizzazione, cominciata con l'umanesimo, il principe Valentino e il Machiavelli. L'arresto del fenomeno paganeggiante si ebbe con la Controriforma, opposta al protestantesimo. Intanto, nel cattolicesimo si forma la confusione rispetto al marxismo.
  Nelle elezioni del 1953 la DC perde la maggioranza assoluta. Il governo è in difficoltà, essendo condizionato dalle alleanze che, per farsi valere, mettono bastoni fra le ruote e pospongo al proprio, l'interesse nazionale, secondo il gioco democratico. Invano, De Gasperi ha promosso la legge elettorale che avrebbe assegnato un maggior numero di deputati al partito uscito vincitore dalle urne. I comunisti, scatenando una campagna contro la legge truffa hanno avuto la meglio.
  Agli inizi degli anni '60, gli industriali, soggetti a gravi e periodiche difficoltà, sono tartassati e sottoposti a calunnie dalla stessa televisione, influenzata dalle sinistre. Il salumificio Marsavi incappa in una recessione superiore a quella subita dagli stabilimenti Riva. Il modello di vita proposto dalla TV è cattivo, dovrebbe essere quello degli alpini e degli antichi popolari. Viceversa l'eroe nuovo è progressista, irreligioso, romanesco scroccone e votato all'arte di arrangiarsi. Michele sembra l'unico a rendersene conto. I Riva non ci sono ancora arrivati. La minaccia rossa permane nonostante il benessere. Il cavallo di battaglia dell'antifascismo ha sempre un brutto carattere strumentale. Gli intellettuali laici sono soggiogati dal materialismo e dal liberalismo. Le calunnie prendono di mira Pio XII, già confortato da un'apparizione di Cristo, che venne derisa. Così s'intende attaccare, screditare la sua Chiesa.
  Michele compone un dramma che il grande critico Apollonio ritiene un capolavoro. Questi comincia ad essere messo in disparte da Grassi e Strehler, signori del Piccolo teatro. Si trova che la tragedia, ambientata in Russia, ha colore politico; sebbene il politico Brecht ottenga un successo enorme e nessuno trovi niente da eccepire. Dunque il marxismo ha vinto. Recensori, cultura, tutto va a sinistra.
  Un regista cattolico sostenuto dalla DC rifiuta di rappresentare il lavoro di Michele; adduce il pretesto d'avere una programmazione completa per i prossimi due anni. Quando Michele cerca di perorare la propria causa, il grand'uomo di teatro gli sbatte in faccia i suoi meriti nella Resistenza, che risultano invero oscuri, di certo esigui. Apollonio deve mettere pace fra i due ed abbozzare. All'aria aperta, considera: "Adesso tutti applaudono quel sant'uomo di papa Giovanni, e fanno bene; il fatto strano - che non torna - è però che applaude anche chi non dovrebbe. E in primo luogo i comunisti".
  Il drammaturgo: "Il papa sta di fatto abbassando le difese nei loro riguardi".
  Apollonio ammette che "la confusione non è poca".
  L'editore stesso si tira indietro: esclude di poter pubblicare il dramma. Un impresario accetta di metterlo in scena; ha chiesto senza indugio la sovvenzione statale. Ma alle prove: una sgradita sorpresa. Gli attori recitano leggendo la parte ad un leggio e a quel modo si svolgerà lo spettacolo. Michele è tentato di mandarlo a monte. Poi cede alle aspettative di sua moglie e a qualche concessione del capocomico e del regista, entrambi affermati nella professione. Alla prima, il teatro è pieno, presenti la stampa, importanti addetti ai lavori, gli zii e i cugini di Nomana; ma si trova il modo di operare una sorta di taglio del testo, dando inizio al secondo atto a sala ancora semivuota. Nonostante gli applausi, la recensione positiva dell'Osservatore Romano e di qualche foglio indipendente, gli stessi giornali democristiani partecipano alle stroncature, agli  insulti. L'esperimento è da considerarsi privo di seguito, non lascerà un segno sul pubblico. La televisione ha disdetto la prevista messa in onda. Ha prevalso la viltà del conformismo.  
  Siamo al 1968. Nel paese in cui risiedono i Marsavi (Andrea e Francesca), agisce un prete scandaloso, progressista, che sobilla gli operai. I giovani lavoratori sono corrotti, molti di loro lo seguono. Acli e Cisl, populisti scriteriati, vanno d'accordo con la Cgl, con i PC. Il parroco è sconcertato dai capricci di studenti e dipendenti cui non manca nulla. All'assenteismo - comportamento inedito nel tempo andato - s'accompagna l'aumento delle paghe e dei diritti. Gli studenti si compiacciono delle idee della rivoluzione culturale, del nuovo corso inaugurato da Mao, e ne ignorano i metodi criminali. Lo strapotere dei sindacati sottomette i politici.
  Ambrogio e Fanny hanno tre figli, hanno superato i disaccordi coniugali. In un momento di strano abbandono, di vagheggiamento del passato, egli ha mandato a Colomba, vedova con prole, un biglietto di auguri. Ciò li porta a un incontro struggente, edificante, perché entrambi frenano l'impulso del loro amore preservando onore e fede sponsale. Tuttavia il loro eroismo anacronistico, ottenuto non senza intimo combattimento, saprà condurli sino in fondo nella vecchia e usata integrità, sino al termine dell'esistenza?
  1974. Michele vede nell'instaurazione del divorzio in Italia la fine d'un periodo di civiltà. Sin d'ora, il senso etico e i preti sono permissivi verso i rapporti prematrimoniali e l'adulterio. Però la nuova morale è immorale.
  Assistiamo alla scena di Filippo e Manno, i figli universitari di Ambrogio, in auto sulla superstrada e diretti a Nomana. Il traffico è intenso, la campagna è scomparsa, il paesaggio appare snaturato, ma i ragazzi ci sono cresciuti e non lo sanno. Anche al villaggio, le nuove costruzioni internamente confortevoli e di varia foggia, alcune stravaganti, di cattivo gusto, predominano avulse dal vecchio borgo rimpiccolito, e alterano lo sfondo stagliandosi sulle care montagne.
  Filippo vivace, estroverso, frequenta la Statale; Manno la Cattolica. I giovanotti discutono sui temi attuali. L'università pubblica è un caos. Alla Cattolica non va molto meglio. Manno si batte con Michele per il referendum sul divorzio, perché la legge divorzista sia abolita. I politici democristiani tradiscono la loro insofferenza nei riguardi del movimento antidivorzista. All'ateneo fondato da padre Gemelli, dal Gemellone quasi sopportato dai genitori, il preside di facoltà Apollonio cacciò via una professoressa ripristinando un certo ordine. Prima di morire, ormai critico emarginato, scrisse intorno al "mondo cattolico infrollito". Manno confida nella vittoria, sebbene nella sua università agli oratori contrari al divorzio sia impedito di tenere conferenze. Filippo, detto Popi, accetta invece la qualifica di "qualunquista".
  L'Italia sta andando a rotoli nei costumi e nell'ordine pubblico. Borghesi e rossi associati per ottenere il divorzio, quando il successo dei cattolici potrebbe segnare l'inversione di rotta degli italiani.
  A Nomana emergono i figli contestatori, indocili verso papà e mamma, emerge la droga. Il ragazzo di Pieretto, dopo aver lasciato il seminario, ha partecipato a cortei di protesta, ha bruciato macchine. Il prete del paese, che dirige un giornale progressista, prende le sue difese, lo tiene partecipe alla redazione. I progressisti bazzicano un bar nel centro dell'abitato, come fosse casa loro. Sono per i comunisti del Vietnam, contro l'imperialismo americano, che continua dopo l'evacuazione dell'esercito dalla penisola vietnamita.
  Qui, ci manca l'accusa rivolta al liberalismo anglosassone, formulata dal cattolico avveduto. Invece è azzeccata la diagnosi che individua il plagio attuato dagli organi d'informazione e dai centri culturali, conquistati per mezzo della via tracciata da Gramsci alla politica comunista. Gli stessi cristiani avrebbero distrutto la loro civiltà e infine la fede, avviando l'ateismo. Un processo europeo, che si diramava dalla Francia.
  I seminari si svuotano. Il benessere succeduto alle ristrettezze del dopoguerra, tuttora perseguito, tiene la gente inquieta e scontenta. Si riaffaccia la crisi dovuta all'aumento dei salari e alla chiusura di fabbriche. Michele costata il tradimento delle Acli e dei sindacati, l'ignavia di un clero inerte. In regioni come la Valtellina, dove egli si reca a tenere comizi, i cattolici tralignano in buona fede. Ci sono tanti qualificati campioni dell'illuminismo, che coprono - naturalmente a fin di bene - i crimini comunisti.
  A questo punto giunge lo sproposito. In seguito allo smascheramento del mondo comunista, allorché sarebbero state rivelate le stragi e le guerre tra paesi e genti marxiste, ci sarebbe stato un risveglio cristiano, cui avrebbe contribuito il vigoroso papa polacco. E il Corti osserva che "sarebbe stato proprio lo scossone della sconfitta nel referendum sul divorzio a costituire il principio del risveglio".
  Purtroppo la realtà storica dice altro, dice ancora una volta che un albero cattivo (l'albero italico era senza dubbio troppo deteriorato, abbisognava di un radicale risanamento) non può produrre buoni frutti.  
  Inoltre non si sarebbe più trattato di comunismo. Il procedimento della dissoluzione anticattolica avrebbe mirato altrove, essendo rilevato da poteri dissimulati, plutocratici, per i loro interessi.
  

Piero Nicola

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