lunedì 13 luglio 2015

UNA VEDUTA SU EUROPA E AMERICA (di Piero Nicola)

Guardando dal mio angolo la Germania della Merkel e del suo partito, forse in disaccordo con lei al momento di tirare le somme, e gli USA dell'amministrazione Obama (ma se al suo posto ci fosse un altro, cambierebbe poco), nella macroveduta mi appaiono dei contrasti significativi.
  Olandesi, irlandesi, portoghesi e altri del Nord-Est e dell'Est si uniscono all'intransigenza. L'Italia di Renzino e compagni del Sud stanno con la Francia. In Europa ci sono due nazioni forti e due compagini attorno ad esse che, sulla questione greca, si fronteggiano con soluzioni opposte.
  La Francia e soci, come l'America, intendendo accettare lo proposte di Atene, mentre Berlino vuole il rispetto delle regole, a costo di metter fuori la Grecia.
  Sarà anche la mente tedesca coi paraocchi, e il consenso al rigore del popolo germanico, ma, al fondo, si può scorgere un desiderio d'indipendenza, specie dopo la posizione dirompente assunta a Washington nei confronti della Russia, in merito alla crisi dell'Ucraina, posizione che, al solito, ha messo in riga gli europei. Adesso un grosso calibro, e non da solo, si è alquanto defilato.
  D'altronde, non possono sfuggire agli interessati il fatto che i debiti di stato soggiacciano a un creditore usuraio, alla grande finanza speculatrice che manovra lo spread, tanto che i paesi fortemente indebitati, in ogni modo, non ce la fanno a pagare gli interessi e a moderare il debito, e l'evidenza per cui questo stato di cose - dovuto assai alle banche insieme al Fondo Monetario Internazionale (controllato dagli USA) - condanna l'area euro alla recessione o alla stagnazione nell'impoverimento. La maligna sudditanza all'egemonia d'Oltre Oceano, che si avvantaggia della crisi europea, avrà pure scosso l'animo di qualche responsabile di governo, come sta prendendo corpo in strati crescenti delle opinioni pubbliche.
  Perciò la teutonica attitudine ad essere più realista del re, fautrice del rispetto delle convenzioni che affossano l'economia e, infine, l'indipendenza e la civiltà del Vecchio Continente, potrebbe essere più appariscente che sostanziale. Grecia dentro o fuori, a medio termine l'interesse allo status quo è destinato a svanire, anzi si rivelerà un bumerang per i tedeschi. Ovvio, che tra di loro emergano impulsi a svincolarsi da un abbraccio mortifero, sia pure cominciando a liberarsene strumentalmente con l'invocare i patti e l'ordine d'un sistema da abbandonare.
  Perciò, in una generale prospettiva, la politica rigida ed egoistica della locomotiva alemanna potrebbe preludere a un riscatto di cui tutti noi beneficeremmo, essendo comunque legati allo stesso carro.
  È innegabile la contrapposizione Germania-Usa in questo frangente. Gli Stati Unti, incuranti della loro indebita interferenza, sono scesi in campo a favore d'un compromesso da attuarsi con il paese ellenico. Alle loro pressioni di varia specie dev'essersi uniformato Hollande e l'esecutivo francese.
  Il braccio di ferro in atto pesa come un macigno, se la riunione plenaria delle nazioni membri ha subito un rinvio, data la discordia tra i soci dell'Eurogruppo. Tuttavia le risoluzioni da esso emanate sono durissime. Ai capi di governo saranno date scarse possibilità di modificarle.
  È interessante vedere la piega che assumerà la faccenda. Tanto più che Tsipras ha concesso parecchio, dividendo il suo partito e persino il governo, alienandosi una parte consistente di quelli che, ascoltandolo, hanno votato No. Significa un suicidio per lui cedere su altri punti, tornare in parlamento per l'approvazione d'ulteriori concessioni all'austerità. Le condizioni che condannano i greci alla miseria sembrano irrevocabili. Qualunque mossa adotti l'agente Obama al fine di costringere i crucchi a rientrare nei ranghi, egli ha ormai perso questa partita.
  Agli italiani non resta che stendersi in poltrona come bravi spettatori.


Piero Nicola

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