mercoledì 8 luglio 2015

LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE: UNA FAVOLA DIABOLICA E DEMENZIALE (di Emilio Biagini)

Il saggio di Julio Loredo Teologia della liberazione. Un salvagente di piombo per i poveri, edito da Cantagalli di Siena nel 2014, è un profondo e documentatissimo studio sull’inquietante realtà della cosiddetta “Teologia della liberazione” (Tdl), uno studio che si segnala anche per la nitidezza didattica, che ne farebbe un ideale testo universitario, se solo l’università italiana non fosse marcia di omocrazia e di mafie delle cattedre.
La Tdl è tornata di recente alla ribalta dopo un lungo periodo di oscuramento dovuto a varie condanne papali, mai però abbastanza drastiche da impedire alla funesta ideologia di rialzare la testa, grazie alla serpentina capacità dei suoi esponenti di minimizzare e distorcere i pronunciamenti contro di loro, e al tradimento di una consistente parte del clero. Vale la pena di ricordare le terribili parole profetiche rivolte, mentre ancora durava la seconda guerra mondiale, alla mistica Maria Valtorta dal Divino Maestro: “La Chiesa non sarà colpita che dalla Chiesa”.
Mentre il Papa emerito Benedetto XVI, in una recente intervista ricordava che occorre opporsi alla Tdl proprio “per amore dei poveri e a pro del servizio che va reso loro”, Papa Francesco, con le sue imprudenti iniziative, come incontri con “teologi” Tdl, prefazioni papali a loro libri, scomuniche tolte, concelebrazioni insieme ad essi, e via deragliando, ha permesso agli osservatori laicisti di parlare di “sdoganamento” della Tdl. Al ravvivarsi della Tdl contribuisce naturalmente anche la grave crisi economica globale, risultato della denatalità propugnata dai “padroni del mondo”, come ben rileva il grande economista Ettore Gotti Tedeschi, non a caso cacciato dalla direzione dello Ior perché non in linea con le direttive della massoneria vaticana.
Non i poveri amano i “teologi” Tdl, ma la povertà (altrui) e amano in particolare quei poveri livorosi e pieni di invidia che si prestano a farsi strumenti rivoluzionari per consegnare debitamente il potere a lorsignori, e soltanto quelli. Nessuna compassione, invece, per i poveri fedeli alla Chiesa, ossia per la stragrande maggioranza. La Tdl è un “salvagente di piombo per i poveri” (secondo l’appropriata definizione del teologo gesuita Horacio Bojorge), un coacervo di menzogne eretiche abilmente propagate attraverso le “Comunità ecclesiali di base” (Ceb), che ne costituiscono una delle maggiori cinghie di trasmissione.
La catastrofica ideologia è ben nota a Julio Loredo, che l’ha sperimentata sulla propria pelle e ha dovuto fuggire, ancora giovanissimo, dal natìo Perù, sotto la dittatura assassina del generale Juan Velasco Alvarado (1910-1977), che aggravò in modo terribile la situazione dei poveri e represse nel sangue ogni sollevazione proprio di quei poveri che, a parole, doveva difendere. Solo col ritorno all’economia di mercato, il Perù poté risollevarsi e ridurre in modo significativo la povertà. Del tutto analoga è l’esperienza di altri Paesi latinoamericani lanciatisi nella disastrosa esperienza comunista. Menzogne su menzogne stanno dietro anche al Movimento dei Senza Terra del Brasile, dove esistono enormi estensioni di terra vergine che richiedono una usucapione di soli due anni, per cui niente di più facile che diventare proprietari terrieri. Mai avrebbe potuto la Tdl guadagnare consensi nell’America Latina, massicciamente cattolica, senza l’aiuto di un cospicuo numero di preti e prelati traditori.
La Tdl nasce in linea diretta dalla confluenza del “cattolicesimo sociale” (divenuto “cristianesimo democratico” e infine “socialismo cristiano”), e del “cattolicesimo liberale” (divenuto “modernismo” e infine “Nouvelle Théologie”): due correnti esiziali per la retta dottrina e per un’autentica cura dei poveri. Dalla giusta preoccupazione per le condizioni del proletariato urbano, nato dalla rivoluzione industriale, si sviluppò il “trasbordo ideologico” (per usare l’efficace espressione di Plinio Corrêa de Oliveira), che portò i Circoli cattolici operai francesi ed altre consimili organizzazioni europee, verso il socialismo statalista, sotto l’influsso delle idee egualitarie ereditate dalla Rivoluzione Francese: eliminato il Re, occorreva togliere di mezzo anche i “re” della sfera economica. Dall’ala populista del cristianesimo sociale, e all’insegna dell’ambiguità dottrinale, nacque quindi la democrazia cristiana, la cui caratteristica di fondo era la rinuncia all’ideale di un ordine sociale cattolico, con una perversa capacità di trascinare verso l’estrema sinistra uomini di destra e soprattutto centristi ingenui: ecco quindi il famigerato “centro che ci portò a sinistra”, secondo l’illuminante espressione del Prof. Roberto De Mattei.
Molte radici cattoliche tradizionali, in Francia e altrove, furono troncate dalla deriva a sinistra dell’Azione cattolica, sotto il peso di pseudocattolici deragliati ma di grande peso nel panorama culturale e sociale, come Jacques Maritain e Emmanuel Mounier. La Tdl è figlia della nefasta penetrazione di tendenze moderniste e democratico-cristiane nell’Azione cattolica, in Francia, in Italia e nell’America latina, ed è arrivata a propagarsi anche nel Nord America, tra gli ispanici e gli Amerindi. In Italia la deriva democristiana giunse ad approvare senza batter ciglio leggi tanatofile come divorzio e aborto, mentre sotto la protettrice ala di una Chiesa deragliata covava l’uovo avvelenato delle Brigate Rosse.
L’autore traccia, con grande competenza storica e dovizia di documenti, la progressiva degenerazione del pensiero cattolico, dalla vigliaccheria di una parte del clero che apostatò aderendo alla Rivoluzione francese, alle farneticazioni liberali di adeguamento allo “spirito del tempo” a discapito della fedeltà all’eterno Magistero, al delirio di “rivoluzioni moderne come opera di Dio” e di “Cristianesimo come propulsore del processo rivoluzionario”. Un estremista che si espose in questo senso, come Robert de Lamennais, finì scomunicato; ma l’opera demolitrice, non sufficientemente contrastata dalle gerarchia, continuò con il più scaltro Henri Lacordaire. L’Ottocento è il secolo delle rivoluzioni, culminate nel 1848, che vede una vera ondata anticristica di stampo chiaramente massonico investire tutta l’Europa, e l’arcivescovo di Parigi, mons. Denis Auguste Affre, assassinato dalla plebaglia in rivolta mentre tentava di calmare gli animi, come aveva profetizzato nel 1830 la Santissima Vergine a santa Caterina Labouré nelle apparizioni della Rue du Bac.
Stendiamo un pietoso velo di silenzio sull’inesorabile avanzata del cosiddetto “risorgimento” sull’infelice Italia, divorata pezzo per pezzo dal regime sabaudo-massonico con la complicità della massoneria anglo-americana, a partire dal 1815 (stupro della Repubblica di Genova) fino al 1870 (stupro finale dello Stato della Chiesa), passando per il massacro del Mezzogiorno d’Italia (1860) e l’ingloriosa conquista del Veneto (1866), ottenuta grazie alle baionette prussiane. Invano il Santo Padre Pio IX puntualizzava lucidamente gli errori moderni e i mali della società contemporanea con la fondamentale enciclica Quanta cura e con il Syllabus errorum. A braccetto con il laicismo massonico, il “cattolicesimo” modernista, già allora padrone della stampa “che conta”, procedeva a rullo compressore schiacciando la Verità evangelica e illudendosi di poterla distruggere. A gente abituata a ragionare solo in termini di potere umano pareva infatti che, eliminando il potere temporale della Chiesa, l’intera Chiesa sarebbe caduta.
La Chiesa non cadde, ma dopo l’intransigenza di Pio IX, la linea dialogante del suo successore Leone XIII (salito al Soglio pontificio nel 1878) con lo Zeitgeist, facilitò l’infausta ascesa della democrazia cristiana, mentre nella Belle Epoque dilagava uno spirito ottimista e buonista. Vi si aggiungeva il diffondersi dell’“americanismo”, basato sull’illuminismo anglo-scozzese, meno radicale e violento di quello continentale, più sorridente e moderato, e proprio per questo più insidioso, portatore di liberalismo, democrazia e riconciliazione con il mitico “spirito dei tempi”. L’americanismo finì per alimentare il modernismo, le cui dottrine erano sempre più gravemente sovversive della retta dottrina.
Vi era anzitutto una funesta infatuazione per il mondo moderno (pensiero agnostico derivante dall’idealismo kantiano, metodo storico-critico sviluppato dai protestanti per impugnare i fondamenti storici della Rivelazione, filosofia dell’azione sviluppata da Maurice Blondel e altri, e infine darwinismo usato per scardinare la Verità biblica). A ciò si aggiungeva la sovversione della dottrina cattolica, l’incoerenza (col rigetto del principio di non contraddizione, per cui l’assurdo non sarebbe più segno di errore), l’anti-intellettualismo e l’agnosticismo (il delirante “slancio vitale” di Bergson che sfocia nell’immanentismo, per cui Dio non è una Persona, ma un “puro divenire”). Si giunse così alla blasfema affermazione secondo cui Nostro Signore non avrebbe voluto fondare una Chiesa, e, peggio, alla critica storica volta a negare o almeno a mettere in dubbio la natura divina di Gesù, in base al postulato agnostico secondo cui l’unico campo accessibile alla nostra conoscenza sarebbe quello dei fenomeni sensibili.
Ed ecco finalmente, ad opera di Leone XIII, la condanna del modernismo, con l’enciclica Providentissimus Deus, del 1893, al solito formulata a base di vaselina, evitando di condannare direttamente persone o libri, lasciando quindi ampie scappatoie ai distruttori della Fede. Più energica fu la condanna di san Pio X, con l’enciclica Pascendi dominici gregis e con altre importanti iniziative come l’istituzione del giuramento antimodernista col motu proprio Sanctorum Antistitum. Ma il modernismo sopravvisse con mezzi subdoli, segretezza e “massoneria cattolica”, tutti mezzi confermati dagli stessi progressisti, come il teologo svizzero Hans Küng, e non senza l’aperta disobbedienza di non pochi vescovi, per cui il santo Pio X, nell’aprile 1912, confidava all’amico mons. Alfonso Archi, vescovo di Como, di sentirsi abbandonato da tutti. La crisi della Chiesa non è dunque cosa recente, apparsa solo con postconcilio, come taluno ottimisticamente afferma: al contrario essa affonda le sue radici assai indietro nel tempo, come ben sottolinea l’insigne storico Prof. Roberto De Mattei nel suo fondamentale studio sul Vaticano II.
Morto san Pio X, il 20 agosto 1914, affranto per non aver potuto fermare l’immane, inutile massacro, il suo successore Benedetto XV condannò ripetutamente il modernismo, ma attenuando nella pratica l’opposizione all’eresia, mentre i modernisti rialzavano la testa. Ma il guaio peggiore era costituito dai “modernizzanti” o “terzo partito”, il cui focolaio era la facoltà teologica della provincia domenicana francese di Le Saulchoir, cui si aggiunse la facoltà teologica di Lione-Fourvière. I modernizzanti, almeno in apparenza più moderati, si riconoscevano “figli di Lacordaire”, ed erano maestri di “belle formule”, giri semantici agli antipodi dal “sì sì no no” evangelico; e i libri che scrivevano contenevano le formulazioni più moderate, mentre quelle estremiste circolavano ugualmente in forma di samizdat ciclostilati. Fu da questo subdolo lavorìo che scaturì a poco per volta la Nouvelle Théologie, erede del modernismo e precorritrice della Tdl che, a partire dagli anni 1930, cominciò a diffondersi tra il popolo cattolico, grazie all’Azione cattolica deragliata e ad un’inquietante macchina propagandistica, forse legata alle forze oscure che miravano al sovvertimento della società. Va aggiunto che si era in piena epoca staliniana, e che ai servizi segreti sovietici di certo non potevano sfuggire i vantaggi che il dilagare dell’eresia in campo cattolico avrebbe recato alla causa del comunismo ateo. Prove del coinvolgimento del KGB nella stessa formulazione della Tdl furono successivamente trovate, come l’autore dimostra più oltre.
Quali le dottrine della Nouvelle Théologie? Anzitutto la tendenza ad ascoltare lo “spirito dei tempi”, e quindi il mondo, più che la Parola di Dio, con vera bramosia di “adattare” la dottrina cattolica al mondo, invece di convertire questo alla Verità, con la giustificazione (o scusa) di “rendersi più comprensibili agli uomini di oggi”, gettando via il bambino (la Verità stessa) insieme all’acqua sporca (certe carenze della teologia neoscolastica). Ne derivò la tragica deriva dottrinale, con errori concatenati gli uni negli altri.
Ecco quindi la penetrazione dell’esistenzialismo, dello storicismo, dell’immanentismo storico (la fonte della Rivelazione da ricercarsi nella storia), aggravata da una scelta faziosa dei fatti storici in cui Dio si rivelerebbe (non la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria, non i risvegli spirituali in Francia, Spagna, Austria, non i messaggi di Fatima, che pure erano fatti storici di prima grandezza, ma piuttosto i movimenti sovversivi che spuntavano come funghi velenosi per ogni dove), e ancora la confusione tra il piano soprannaturale e quello naturale, una nuova ecclesiologia alla mercé delle circostanze storiche, uno spostamento dell’attenzione dalla Chiesa come Corpo Mistico alla Chiesa come “popolo di Dio”: una perdita del senso del sacro, sostituita da uno strisciante umanesimo.
La condanna della Nouvelle Théologie da parte del grande Papa Pio XII, con un serie di encicliche culminata con la fondamentale Humani generis del 1950, non sortì l’effetto sperato: l’insegnamento papale venne sottilmente minimizzato dai novatori. Venne poi Giovanni XXIII a riabilitare i “nuovi teologi”, aprendo le cateratte all’innovazione sfrenata e alla penetrazione del “fumo di satana nel tempio”, come dovette riconoscere Paolo VI, senza peraltro prendere gli energici provvedimenti che la situazione richiedeva.
I tempi erano maturi per il lancio della Tdl, nata in America latina sotto l’influsso del ribollire della Nouvelle Théologie europea. L’autore, con un colpo d’ala di profonda erudizione storica, rivolge indietro l’attenzione anche alle radici remote della Tdl, che affondano nella gnosi dell’Antichità e nelle correnti pauperiste, utopistiche ed eretiche sorte nell’autunno del Medioevo e perpetuate dai millenaristi della sinistra protestante, dall’illuminismo, dall’anarchismo, dal socialismo utopico, fino a quello “scientifico” di Marx.
Le fondamenta malate della Tdl (che non è propriamente una teologia perché di tutto parla fuorché di Dio) si comprendono bene ponendole a confronto con la retta dottrina cattolica. La ragione umana, pur viziata dal peccato originale, è capace di conoscere Dio, ma in modo limitato. Alle limitazioni umane Dio viene incontro con la Rivelazione soprannaturale accettata dalla Fede per Divina Autorità: ciò costituisce il Depositum Fidei. Ma la Tdl non ha Dio per oggetto, inverte il processo teologico perché parte dalle situazioni contingenti invece che dalla Rivelazione, non ammette che la Rivelazione stessa sia conclusa con la morte dell’ultimo apostolo, considera come principale locus theologicus i “poveri” e gli “oppressi”, si vale come strumento teologico del marxismo ateo. Quando è divenuto impossibile mascherare il totale fallimento dell’analisi marxista, con anguillina capacità di mistificazione, i propugnatori della Tdl hanno spostato il tiro su altre situazioni di vera o immaginaria ingiustizia, fino al femminismo e alla delirante ideologia del gender.
La rivoluzione sarebbe dunque la fonte della Rivelazione. La Tdl inizia con l’insurrezione; soltanto le persone effettivamente impegnate in un attivismo rivoluzionario sarebbero in contatto diretto con la Rivelazione, e quindi in grado di fare teologia. I “teologi” brasiliani Leonardo e Clodovis Boff, “pensatori” di punta della Tdl, affermano che solo dopo la prassi rivoluzionaria viene il momento dell’analisi teologica, la quale mira aggressivamente alla distruzione dell’ordine esistente, e riduce i sedicenti “teologi” ad “intellettuali organici” della rivoluzione (o meglio della sovversione) socioecclesiale. Le azioni di Dio sarebbero soggette non al discernimento della gerarchia, ma a quello collettivo delle comunità, in pratica plagiate dalle minoranze radicali e dai cosiddetti “profeti”, punta di lancia delle minoranze radicali. Uno di tali “” era il vescovo “” Helder . Nei fatti, abbattuti i paraventi ideologici, si tratta evidentemente dei soliti rivoluzionari di professione pronti ad insediarsi nelle poltrone lorde di sangue dopo che gli assassini da loro aizzati hanno finito il loro lavoro.
Il nucleo dottrinale della Tdl nasce dal rifiuto della trascendenza e quindi in un immanentismo che tuttavia non è mai chiarito a fondo. Il concetto di un Dio trascendente e personale viene rifiutato sulle tracce di Hegel, perché sarebbe un divino estraneo infinito che governa il mondo finito dall’alto, un essere “alienante”. L’idea di un Dio trascendente si sarebbe formata per un processo psicologico cervelloticamente ricostruito da Gregory Baum risuscitando il fatiscente mito rousseauiano del “buon selvaggio”, il quale, per un misterioso “peccato originale”, avrebbe perso la capacità di amare e vivere una vita riconciliata; così ”lacerato” l’uomo si sarebbe appellato al potere ordinante di un Dio trascendente. Mentre la sensazione di un Dio immanente darebbe luogo a una “religione buona”, l’idea di un Dio trascendente e personale sarebbe fonte suprema di tutte le alienazioni e legittimerebbe ogni oppressione nella società. Solo la liberazione da questa idea di Dio consentirebbe di avere una società libera. Inutile chiedere ai propugnatori di una simile favola di offrire uno straccio di dimostrazione delle loro idee: la rivoluzione spara e non ha bisogno di cervelli ragionanti.
Dio diventa l’“energia pulsante nel cosmo”, sparisce la creazione del mondo dal nulla, si cancella la distinzione tra ordine naturale e ordine soprannaturale, l’energia è l’anima di tutto e il “nome attivo di Dio”. Non vi sarebbe alcuna separazione soggetto-oggetto, ma l’uno staree dentro l’altro in una “comunione di amore” e, secondo Joe Holland, uno dei più scatenati in questo diabolico sabba, “quando Dio ha creato il mondo è stato come una comunione sessuale” (sic).
La Rivelazione sarebbe immanente: ne sarebbero fonte il corpo umano e i nostri movimenti interiori; corollario inespresso ma inevitabile è che l’anima umana resta in tal mondo esposta a qualsiasi vento di sensualità e a qualsiasi “movimento interiore” piaccia al diavolo ispirarle. Il Regno di Dio diventa quindi utopia popolare, libertaria e ugualitaria; un’utopia temporale “realizzata nel mondo, escatologia: è il lieto fine della totalità della creazione in Dio”, predica Leonardo Boff. Costruire il Regno significa lottare contro le “oppressioni” politiche, sociali, culturali, razziali e sessuali. I più vicini al Regno di Dio sarebbero stati i Paesi comunisti, inclusa l’Urss, nei cui confronti il famigerato Leonardo Boff si espresse in termini elegiaci.
Man mano che il fallimento del comunismo appariva sempre più inevitabile, gli imperterriti menestrelli della Tdl, ben lungi dal dire: “Scusateci, abbiamo sbagliato”, andavano oltre, su linee già astutamente preparate in precedenza, verso un’enigmatica “liberazione del cosmo”, con la rinuncia allo sfruttamento industriale delle risorse naturali e il ritorno a un mondo tribale. Questo delirio non ha mancato di approdare alle Nazioni Unite, espressione del mondialismo sfrenato dei padroni del mondo, con i quali i “teologi” deragliati, sedicenti nemici di tutte le oppressioni, sono evidentemente in combutta. Nel 1979 l’Unesco ha varato la Dichiarazione universale dei diritti dell’animale, e nel 2000 la Carta universale dei diritti delle altre specie; intanto si sta covando una carta dei “diritti dei vegetali”. E perché – si chiede ironicamente l’autore – questo delirio iconoclasta non dovrebbe arrivare ad includere la “liberazione” del regno minerale?
Emergendo dalla confusione semantica tipica del loro modo subdolo di esprimersi, che usa le tradizionali parole della teologia per intendere tutt’altro, i “teologi” della Tdl devastano il concetto stesso di Chiesa. Nostro Signore avrebbe inteso soltanto predicare il Regno, e la Chiesa sarebbe stata istituita dagli apostoli, visto che il Regno tardava. La vera Chiesa immanente si costruirebbe lungo la storia seguendo i cambiamenti socioeconomici, e in particolare dipenderebbe dalle trasformazioni del modo di produzione, diverrebbe “pneumatica” e “cosmica”, “democratica”, “ugualitaria”. E poiché la Chiesa istituzionale sarebbe “alleata degli oppressori”, si renderebbe necessaria una lotta di classe al suo interno, parallela a quella all’interno della società: preti contro vescovi, fedeli contro preti. Purissimo distillato di satanismo, perfettamente in linea con la natura del diavolo: “colui che divide”.
Non stupisce affatto, a questo punto, constatare che in questa totale sovversione della Verità, del buon senso e della carità, abbia avuto un ruolo di primo piano il regime sovietico. Lo dimostrano documenti dell’Accademia delle Scienze dell’Urss e informazioni da disertori sovietici, come il generale Ion Mihai Pacepa, il più alto ufficiale del KGB mai passato all’Occidente: la vera fonte della Tdl sarebbero i laboratori di guerra psicologica del KGB, e, fino a che l’Urss crollò sotto il peso delle proprie insanabili contraddizioni interne, i “teologi” deragliati furono i perfetti utili idioti dell’imperialismo sovietico.
Uno dei più celebri di tali personaggi fu l’arcivescovo brasiliano Helder Câmara, “profeta” della rovina della Chiesa, per il quale, il 25 febbraio 2015, si è aperta la causa di beatificazione (mentre è stata vergognosamente negata per un’anima dolcissima e obbedientissima alla Chiesa, come la mistica e grande veggente Maria Valtorta). Il “profeta” Câmara arrivò a scrivere (vedi Tradizione, Famiglia, Proprietà, giugno 2012): “Ho sognato che il Papa diventava pazzo e, con le proprie mani, appiccava il fuoco al Vaticano e alla Basilica di San Pietro. Sacra Pazzia! Lo stesso Dio soffiava sul fuoco e i pompieri invano cercavano di estinguerlo. Il Papa pazzo se ne andava per le vie di Roma mandando via tutti gli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede, buttando via la tiara nel Tevere e distribuendo ai poveri tutti i soldi del Banco Vaticano. Che vergogna per i cristiani! Perché un Papa possa vivere il Vangelo, dobbiamo immaginarlo totalmente pazzo!” Espressioni che, in bocca a chiunque, e tanto più ad un alto prelato di Santa Romana Chiesa, fanno ben comprendere come la Tdl, più che una questione di teologia, sia un problema psichiatrico.

Emilio Biagini

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