venerdì 29 maggio 2015

L'IRRETIMENTO DELLA CATARSI (di Piero Nicola)

  Il bello estetico che esige per sé l'assolutezza, la beltà delle opere intelligenti, il non plus ultra della tragedia che purifica le passioni, gli studi che penetrano il fascinoso mistero artistico, menano tutti e ciascuno a porti infidi, a quello che non è, per cui l'oro viene eclissato e si eleva l'orpello. - Questione ellenica e sempre attuale.
  A scuola, al liceo, ragazzi s'infatuarono - tuttora variamente s'infatuano - d'un meraviglioso abbagliante, indottivi dai professori retori e dalla giovinezza. Diventati adulti, ricredersi sarebbe ostico, cattivo, un privarsi del primo amore che non si scorda mai, sarebbe un rinnegamento inconcepibile.
  Di modo che, troppi intellettuali, anche bene orientati, si trascinano addosso la remora magnifica, assoluta. E il mirabile assoluto vizia la loro esistenza, storce la loro produzione. Analogamente, alcuni miti della storia adulterata, eroi apparsi, lungo i secoli, nella scia dei campioni omerici, hanno occupato un posto regale nelle menti coltivate.
  Presso gli uomini di cultura è tenace l'impulso a creare, a immortalarsi, è fervida la persuasione di avere la capacità e il dovere di lasciare un segno memorabile, che sin d'ora deve far rumore. Creazione e orgoglio andando a braccetto, nondimeno le produzioni devieranno.
  La forza della sana coerenza di rado basta agli amanti della poesia per spezzarne il vincolo, per il sacrificio liberatore. La rinuncia para loro davanti un'indigenza insopportabile. Eppure è lo stesso distacco che il Signore ci chiede di attuare dal mondo malizioso e demoniaco; distacco naturale nei piccoli, nei poveri di spirito.
  L'idea di purificazione risale ad età ancestrali. In Grecia la catarsi trascorse dall'ambito religioso dei riti a quello etico e filosofico. Platone mantenne l'affrancamento dall'impurità preservato dalle suggestioni dell'arte, di cui accusava la lustra. Aristotele parlò di catarsi nella rappresentazione delle passioni malsane. Il significato da lui attribuito alla catarsi rimane incerto, essendo andato perduto uno suo scritto illuminante. La posterità ha comunque annesso alla poetica, alla narrativa, al teatro un potere di sciogliere il mistero della vita, essendo dato di contemplarla. Ma come può essere eticamente valido questo godimento di distillazione a prescindere dalla morale dell'opera? Basta mettere in scena i conflitti dell'umana difettosità per suscitarne un senso perfetto, edificante?
  Rispondiamo di no. Quanti libri, quanti dipinti e sculture, quanti drammi e commedie del palcoscenico e dello schermo commuovono, appagano sentimenti, destano ammirazione, pur offrendo una morale immodesta e cattiva! Inutile negarlo. Non si tratta di dolci musiche senza parole.
  Viceversa, è assai consueto che colui cui spetterebbe l'ufficio di maestro pregia un grande artista, un poeta maledetto (non c'è bisogno d'essere maledetti come Baudelaire o Rimbaud: gli scettici disgraziati e compatiti sono ben più pericolosi) e guai a chi glielo tocca! Guai ad applicarvi una critica che si riferisca alla veridicità.
  Allora, abbiamo ben intenzionati che in qualche modo camminano sulle tracce degli autori di testi scolastici e universitari, ove si sono esaltati certi artefici delle nostre lettere e delle nostre sorti, quasi fossero compagni dei santi, mentre quei manuali e i docenti che hanno decantato all'unisono con essi le glorie fasulle, hanno contribuito alla discesa della cultura e del popolo italiano nella cloaca massima.


Piero Nicola

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