lunedì 4 maggio 2015

EBRAISMO TRA JAHVÈ E L'APOSTASIA (di Piero Nicola)

  La coppia filosofia-teologia è lo strumento con cui si sciolgono in radice i problemi della vita naturale e religiosa. A coloro che hanno soltanto un'infarinatura di tali discipline potrebbe sembrare un po' difficile seguirne il procedimento scientifico che conduce alla comprensione e alla valutazione d'un mondo. Piero Vassallo, da lungo tempo uso a presentare le condizioni umane alla luce del vero offerto dall'autentica scolastica di San Tommaso d'Aquino, unica valevole pietra di paragone, rende agevole l'intelligenza dei diversi casi in cui si concretano le manifestazioni del pensiero e dell'agire.
  Questa volta l'Autore si rivolge alla vicenda dell'ebraismo con il saggio Pensieri teologicamente scorretti, pubblicato dalle milanesi Edizioni Radio Spada. Come il titolo lascia capire le considerazioni si estendono a tutto campo, dando modo di abbracciare maggiormente il cammino del pensiero lungo il corso della Storia sino alla caduta estrema dei nostri giorni, mediante un chiaro disegno dei rapporti dell'ebraismo eterodosso con altri movimenti erranti, con la falsa storiografia, con la mala politica, nel costante riferimento alla Verità acquisita.
 Il Vassallo è solito, nei suoi lavori, accompagnare al vigore dello stile di imaginifico e all'essenzialità della trattazione uno straordinario e generoso sostegno di citazioni. Sicché, ad ogni capitolo, si perviene alla soddisfazione della conquista. Eccezion fatta, a mio avviso, per alcuni argomenti che compaiono isolatamente e su cui dovrò più avanti discordare.
  La serie dei punti salienti, esaminati a grado di un filo conduttore cronologico, si introduce mostrando l'attuale "complesso e variegato mondo ebraico", che va dall'ateismo alla gnosi cabalistica, alla mantenuta fede veterotestamentaria. Per cui vige l'avvertenza di non avventurarsi in un dialogo temerario e controproducente, secondando lo sconsiderato ecumenismo postconciliare. È allegato il parere del teologo Padre Giovanni Cavalcoli, il quale accusa la tendenza a "smorzare le pur profonde differenze esistenti tra ebraismo e cristianesimo". Qui, viene ripresa l'affermazione di Bergoglio, "che dispensa gli Ebrei dalla conversione a Cristo". Donde risulta la "crisi di identità", "confermata dall'andamento bizzoso del recente sinodo dei vescovi", indetto - ricordiamolo - a proposito dei violatori del matrimonio...
  La cruda repressione attuata da Roma, che diede inizio alla diaspora, fu conseguenza di un proditorio massacro di soldati romani compiuto dalla fazione rivoluzionaria. Ma, a parte gli accidenti storici, il motivo di fondo della persecuzione dovette essere, come per i cristiani, il rifiuto del paganesimo conforme all'irrinunciabile concetto della Divinità, del Creatore, che respingeva il Tutto immanentistico o panteistico dei filosofi classici, nonché le diverse forme di gnosi.
  L'eresia traditrice del Vecchio Testamento pervenne al suo rigetto, alla sua confutazione atea con Marx, Freud e in ultimo con Taubes, pensatori che sfociano nel nichilismo, cui resta soltanto un carpe diem immoralista malamente giustificato dai cascami della filosofia.
  Interessante la messa a punto della questione palestinese, nella quale pesarono i mutevoli  interventi delle potenze interessate ai propri tornaconti.  Interessante lo sfruttamento, praticato dagli avversari della Chiesa, delle supposte persecuzioni da essa inflitte agli israeliti. Emblematico il riportato caso Mortara: Edgardo Mortara bambino battezzato nascostamente da una governante di famiglia semita e in quanto tale preso sotto l'ala della Madre e Maestra.
  La vicenda degli intellettuali ebrei - ad ogni spunto ripresa - immette alla dimostrazione del passaggio dal misticismo cabalistico di stampo medievale e dall'ottimismo scientista e progressista, esauritosi nel crollo delle mitiche speranze, al finale pessimismo nichilista. Grande esponente dell'idea d'una creazione disgraziata, Gershom  Scholem (1897-1982) e compagni furono tra i fomentatori della mortuaria rivoluzione sessantottina.
  Il capitolo dedicato alle calunnie rivolte a Pio XII, "il papa di Hitler", avendo scagionato Papa Pacelli con forti argomentazioni e dati di fatto, avendo rilevato le mire modernistiche nella denigrazione del pontefice tradizionale, espone la condanna del comunismo bolscevico, motivata dai suoi crimini e genocidi, e la fatalità per cui, dal suo sfacelo, gli eredi di Marx in ogni nazione non trovarono altro sbocco al di fuori d'una "metamorfosi libertina del comunismo". La loro egemonia culturale, spartita con i fautori del liberalismo, ha promosso la "sovversione morale" del postmoderno.
  Dopo la mai rinnegata mitologia della rivoluzione russa, dopo la "parodia marxista del regno messianico" venuta nella scia della Marsigliese ("Qu'un sang impur arrose nos sillons"), dopo la giustificazione o l'attenuazione della carneficina criminale, si è scesi nella palude del buonismo, della finta misericordia che versa il sangue delle anime. Ecco il "messianismo rovesciato nell'ebbrezza dionisiaca e nel delirio gnostico"! Ecco la conseguente, immorale liberazione degli impulsi e l'illusorio guadagno d'una possibile felicità! La falsificazione della giustizia è la medesima di prima, comporta l'oblio negatore dei crimini nondimeno anglo-americani.
  Non si può escludere che in tutto ciò elementi ebrei ebbero ed hanno la loro brava parte. Marx prese di mira i suoi connazionali dicendoli adoratori del dio denaro. "Il denaro è il geloso dio d'Israele". Egli disconobbe il Dio veterotestamentario, volle che la famiglia fosse annientata insieme all'autorità gerarchica. Però il messianismo ortodosso, non marxista, resta "prigioniero della verità mutilata", "negando l'incarnazione del Verbo".
  Sul tema dell'antisemitismo è chiamata in causa Fiamma Nirenstein che parla di "rapporto gregario degli ebrei con la sinistra". Il che ha prodotto l'uso dell'Olocausto contro la destra, e due pesi e due misure circa le vittime dei nazisti e quelle dei comunisti.
  Lutero, Giordano Bruno, Cartesio, Spinoza, Voltaire, Hegel, Darwin, fornirono gli strumenti alla criminalità antisemita con l'ostilità alla rivelazione biblica, che smentisce il naturalismo idolatrico dei gentili, il neopaganesimo. Esso si travestì da cristianesimo del Nuovo Testamento per una crociata contro i fedeli del presunto dio cattivo della creazione; mentre Cristo non autorizza affatto la persecuzione del vecchio popolo eletto. Operazione infame, cui parteciparono oscuramente certi ebrei filonazisti.
  Poiché i pensatori giudei apostati e gli antisemiti hanno radici comuni in una religione che distingue il dio della legge da un dio in Cristo superiore alla legge, essi hanno sostanzialmente riabilitato l'hitlerismo, sebbene condannino i campi di sterminio: avversione al diritto romano e al Creatore biblico, guerra alla Chiesa cattolica, servendosi di San Paolo da essi travisato, come già avevano fatto Lutero e Calvino. Per esempio il filosofo Taubes viene considerato dalla destra deviata un estimatore dell'idea nazista. Simone Weil e altri intellettuali israeliti degli anni '30 si diedero all'eresia di Marcione, che, in effetti, accomuna anticattolicesimo e antiebraismo, contrapponendo Gesù a Jahvè, il Dio degli eserciti al Dio della pace e della luce. Gli ultimi Benjamin, Bloch, Taubes convergono pure sul marcionismo e sullo gnosticismo.
  L'indulgenza del clero verso le aggiornate eresie e persino verso l'ateismo religioso, il dialogo inconcludente con tutti, hanno sconcertato i fedeli. Apertura invece nei confronti degli ebrei ortodossi, al fine di un'alleanza rivolta a combattere, a smascherare il nemico comune. Apertura verso le sette ebraiche cristiane. Ma quale intesa con chi disconosce Cristo o con i giudaizzanti irriducibili, già condannati dall'Apostolo delle genti?
 L'Autore tende all'assoluzione di Ratzinger, il quale affermò che il razzismo procurò di spezzare teologicamente "l'unità interiore dell'unica Bibbia della Chiesa", e di Giovanni Paolo II, che puntò l'indice contro Marcione, principale fonte dell'antigiudaismo. Entrambi, con Paolo VI, riprovarono le deviazioni postconciliari. Il perdono chiesto agli ebrei avrebbe posto un argine all'insorgenza dell'errore nazi-comunista. La virtuosa prudenza avrebbe dettato i comportamenti amichevoli e tolleranti.
   Conformemente alla mia posizione irrinunciabile rispetto ai suddetti capi del Vaticano, ritengo non potessero limitarsi a qualche corretta osservazione dottrinale, dalla quale appariva l'inconciliabilità tra la fede cattolica e la fede veterotestamentaria, senza aver preventivamente sconfessato la dichiarazione del Concilio Nostra Aetate e certi riconoscimenti manifestati alla Sinagoga, che rientravano nel solco dell'ecumenismo eretico e della falsa attribuzione, concessa alle religioni non cattoliche, d'essere mezzi di salvezza. 
  Anche ammettendo che ci fosse stata ambiguità e contraddizione, credo alla sussistente gravità del persistente insegnamento (dal vertice) di errori dogmatici, o meglio, di un complesso errore del modernismo. Per cui, trattandosi della dottrina e della verità, non stimo ammissibile guastarle e sacrificarle al fine della cautela. Né, in merito alla salvezza, potrà valere una presunzione di ignoranza invincibile dell'errante privo dei Sacramenti, salvo che per eccezione. Del resto, tale scampo salvifico farebbe apparire accessoria la missione evangelizzatrice, infatti divenuta irrilevante.
  Gli ebrei religiosi, come gli eretici, qualunque sia la loro fede e condizione spirituale, operano, per forza di cose, come nemici della Chiesa, anzitutto negando che Cristo sia Dio. Per giunta, in generale conservando la loro identità di popolo eletto, in pratica conservano la propria nazionalità (difatti la diaspora non la scemò): godono, possibilmente, della propria appartenenza e di quella al paese che li ospita. Perciò con ragione sarebbero stati, solo per questo, discriminati, oppure da sé si separarono in seno alla comunità ospitante (ghetto). La Chiesa non ha motivo di chiedere scusa a tale riguardo. Circa un trattamento sommario riservato a una data categoria di persone, quando Gesù condannò pubblicamente i farisei, i sacerdoti o le città, va da sé che vi si trovasse qualcuno in buona fede e meritevole.
  Una cosa privilegia assolutamente la nazione ebraica: la divina profezia secondo la quale essa si convertirà prima della Parusia.


Piero Nicola

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