domenica 10 maggio 2015

BENEFICI DELLA GUERRA (di Piero Nicola)

A peste, fame et bello libera nos Domine. Non mi sognerei mai di contraddire questa litania delle Rogazioni. Però non tutte le guerre sono inique e qualche volta non tutto il male vien per nuocere. Aggiungerei l'adagio: Le vie del Signore sono infinite. Ma chi fa cattivo uso dei favori celesti, sia pure giunti in forma dolorosa, diventa assai colpevole e incorre nei castighi.
  Le osservazioni di sopra credo si possano applicare alle Potenze vittoriose della Seconda Guerra Mondiale, in particolare, agli Stati Uniti. La grande e superba democrazia d'Oltreoceano aveva subito la crisi economica del '29, che coinvolse il mondo intero. La fede liberale nelle intraprese commerciali e produttive lasciate in mano alle società per azioni, salvo scarse regole imposte dalle leggi, aveva determinato fatali squilibri e il fallimento del sistema. Dopo il crollo della borsa, i suicidi di molti operatori, le masse dei disoccupati, risollevarsi fu incerto e penoso. Lo strascico della miseria fu lungo e pieno di dissidi. I finanzieri e gli imprenditori che si erano salvati o che avevano speculato arricchendosi, resistevano alle prospettate revisioni del liberalismo e all'intervento governativo, preoccupato anche delle questioni sociali.
  La Germania, duramente colpita dalla sconfitta e dalle sue conseguenze, non ultime quelle del duro Trattato di Versailles, soffrì grandemente della crisi, che favorì l'avvento di Hitler.
  L'Italia se la cavò molto meglio. Il regime autoritario intervenne nell'economia limitando la piaga della disoccupazione, specie col dare impulso alle opere pubbliche. Nel 1933 venne fondato l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che rimise in funzione le fabbriche destinate a chiudere i battenti.
  L'economista inglese Keynes aveva elaborato un progetto di regolazione dei rapporti intercorrenti tra i soggetti della finanza, della produzione e del lavoro, in cui giocava un ruolo importante la mano dello Stato. Sia l'esempio offerto dall'Italia, sia la teoria keynesiana suggerirono al presidente F. D. Roosevelt di intraprendere il New Deal (nuovo corso). Egli riuscì ad attuarlo abbastanza, pur accettando alcuni compromessi con i capitalisti che si appellavano alle libertà costituzionali,  ma, allo scoppio della guerra, i postumi del grave malanno del '29 non erano ancora scomparsi.
  Da un lato, il forte incremento della fabbricazione di armamenti assorbì manodopera e creò ricchezza; d'altro canto, la mobilitazione nondimeno della società civile, contribuì a un discreto risanamento delle piaghe della miseria materiale e di quella morale.
  Gli sfruttamenti, le ingiustizie legate a certi principi liberali e alle loro chimere ebbero quanto meno moderazione. Persistevano la corruzione politica e il gangsterismo, ma ai governanti era dato di contenere i disordini e di sospendere la sequela delle male concessioni alle libertà, ai presunti diritti non ancora riconosciuti, concessioni nelle cui acque, infine, naviga ogni regime democratico, concessioni arbitrarie, riprese in seguito, e che hanno portato all'aborto legalizzato, al dominio dei cattivi costumi, alla crescita del commercio della droga e via dicendo, sino all'attuale decadenza statunitense.
  Cessato il conflitto, cessati i lutti nelle famiglie dei caduti e altri mali causati dalla guerra, l'America approfittò della relativa disciplina instaurata nella comunità. La crisi aveva prodotto un movimento comunista operaio e intellettuale, cui aveva in qualche modo concorso nientemeno che il celebre Charlot, cittadino britannico. Nel 1952, mentre Charlie Chaplin era in viaggio in Europa, il Ministro della Giustizia gli comunicò che il suo rientro negli USA gli sarebbe stato interdetto, se non avesse dichiarato il suo anticomunismo, ed egli si stabilì in Svizzera con la sua famiglia. Vigeva ormai il maccartismo (dal nome del senatore Joseph Mc Carthy) che, oltre a proscrivere le attività antiamericane, vigilava sulla moralità della nazione con una censura rigorosa. Fu l'epoca in cui ci vennero rispediti i potenti boss di origine italiana, come Lucky Luciano. In Pietà per i giusti (film del 1951) il poliziotto cattolico troppo intransigente (impersonato da Kirk Douglas), colpito a morte, recita l'Atto di dolore in attesa del sacerdote. Nel 1958, il divo hollywoodiano Gary Cooper si sarebbe convertito ufficialmente al cattolicesimo.
  Il maccartismo, tanto vituperato dagli amanti della libertà permissiva, da quelli che speculano sul suo potere di seduzione, da coloro cui l'ordine suscita un horror vacui, aveva diminuito la rilassatezza e i vizi che avevano preso piede negli anni '30, dando modo alla parte sana della società di rialzare la testa. Il generale Eisenhower (Presidente al 1952 al 1961) mantenne il New Deal assicurando un periodo di prosperità e di quiete.
  Dopo di lui, riprese la discesa nell'oscurità. Essa si rappresenta efficacemente con la brutta vicenda della guerra in Vietnam, con il caso Watergate che portò alle dimissioni del Presidente Nixon, con la deregulation (termine che è tutto un programma), espediente messo in atto da Regan, succeduto al governo lassista del Partito Democratico, senza che all'edonismo si ponesse freno, e con il conseguente inaridimento delle risorse morali della gente americana, simboleggiato da America oggi (Short Cuts) del regista Robert Altman, premiato a Venezia col Leone d'Oro. Se gli episodi della pellicola non possono raffigurare il degradante avvilimento dell'intero paese, il solo fatto che lo scandalo venisse accettato dai più, ne dimostrava l'ambigua rassegnazione.
 

Piero Nicola

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