venerdì 17 aprile 2015

Il presidente Mattarella tra Caronte e il duo Camera-Fabietti

Non creda donna Berta e ser Martino
                                                                per vedere un furare, altro offerere
                                                           vederli dentro il consiglio divino
                                                                    ché quel può surgere e quel può cadere.

  Nessuno sa che cosa ha visto al di là della storia il pio e saggio presidente della rep. Sergio Mattarella.  Ad ogni modo la prossimità del settantesimo anniversario della liberazione gli ha suggerito l'esternazione di uno squillante pensiero sulla teologica diversità dei morti nella guerra civile: è conveniente collocare nelle categorie dei giusti i caduti partigiani e non confonderli e associarli con i caduti dell'altra, iniqua e criminosa parte. 
 La misericordia a senso unico dichiarata da una così alta autorità non si può discutere. E nessuno osa discutere. E' lecito tuttavia rammentare - senza la pretesa di giustificarli - alcuni caduti nella parte sbagliata e condannata della storia.
 Ad esempio la dodicenne savonese Giuseppina Ghersi, scolaretta e autrice di un colpevole tema in lode del bieco tiranno Benito Mussolini.
 Liberata la splendida città di Savona, alcuni sapienti partigiani si recarono all'abitazione di Giuseppina e chiesero ai genitori l'affidamento della loro bambina, meritevole di una democratica ramanzina.
 I genitori credettero agli eroi della splendida primavera e consegnarono loro la figlia bambina agli eroici liberatori. I gloriosi partigiani la trasferirono in una loro sede e, dopo averla violentata a turno, la uccisero e la abbandonarono sopra i contenitore della spazzatura.
 Ad esempio si potrebbe citare anche il sedicenne genovese volontario nel (deplorato) corpo della Fiamme Bianche. Prelevato dalla sua abitazione fu fucilato nel marciapiede sotto casa. Ovviamente la condanna fu eseguita senza processo, poiché la vittima di nulla era colpevole se non di una perdente scelta di campo. Alla finestra la madre vide e smarrì la ragione. Sul muretto di Ponte Caffaro ci sono ancora i segni impressi delle gloriose pallottole di fabbricazione americana.
 Si potrebbe quasi dire, in precaria, curiosa sintonia con il pensiero dell'illustre dossettiano Sergio Mattarella [1], che la memoria di Giuseppina e della fiamma bianca genovese non devono essere associate a quella dei loro carnefici.
 Se non che il moralismo deve arrestarsi prima dell'eternità. Donna Berta ed eventualmente donna Rosy Bindi non hanno occhi per esplorare il giudizio di Dio.
 Gli uomini possono giudicare i vivi e comunque giudicarli con l'onestà che è mancata ai carnefici di Giuseppina. Solo Iddio decide il destino dei morti. Gli uomini e fra loro il pur saggio e illuminato presidente Sergio Mattarella lo ignorano.
 L'acrobatico tentativo di mescolare storiografia e novissimi rischia di cadere nel normale ridicolo di una repubblica fondata sulla resistenza e sul conclamato scodinzolio dei pesci rossi d'acquasantiera.  

Piero Vassalllo
 



[1]             Non sembra inutile rammentare che di recente un ricercatore di Reggio Emilia ha trovato l'archivio del Pnf cittadino nel quale si legge che Dossetti Giuseppe ebbe la tessera del partito nel anni 1935. 1936, 1937, 1938, 1939, 1940, 1941, 1942 e 1943.

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