mercoledì 28 gennaio 2015

Difesa dall'iconoclastia ritornante

Un antico proverbio popolare rammenta che Dio scrive dritto sulle storte righe degli uomini di chiesa. Le concessioni postconciliari all'ideologia femminista, righe storte squisitamente ecclesiali, hanno causato una precipitosa fuga dai monasteri di clausura, in compenso hanno provocato la provvidenziale reazione di un'intrepida e qualificata scuola teologica e filosofica al femminile.
 Nella nuova scolastica si cimentano, con esiti felicissimi, numerose donne d'alto ingegno, di sicura erudizione e di polso fermo. Sono autrici fedeli alla dottrina di sempre e risolute a proseguire la loro attività senza scendere a compromessi con l'oscura centrale della confusione babelica, in atto - dopo il Concilio Vaticano II - nel mondo cattolico [1].
 La creatività delle donne fedeli alla vera dottrina si traduce in un'ingente produzione di saggi d'alto spessore filosofico e teologico, opere anticonformiste, finalizzate alla difesa dei princìpi indeclinabili del Cattolicesimo.
 Francesca Pannuti, forte di un'ingente conoscenza e assimilazione della filosofia e della teologia di San Tommaso, è, ad esempio, l'autrice di un magnifico saggio La difesa delle immagini, edito da Fede & Cultura in Verona.
 Una donna intrepida osa sfidare l'incensata e spocchiosa banda dei clericali, che sono protagonisti della congiura neomodernista e neo-iconoclastica contro la verità e contro la bellezza.
 Tale congiura incita a disprezzare la fede del popolo e perciò rovescia gli errori della nuova teologia nei progetti, elaborati da cervellotici artisti e da architetti/muratori intesi a quella corruzione/profanazione della bellezza e a quell'alterazione dei simboli della fede che, già nei primi anni del post-concilio, scandalizzava e spaventava il cardinale Giuseppe Siri.
 Pannuti sostiene una campagna per la difesa dell'arte cristiana dalle insidie della sciatteria dei teologi e dei loro artisti. Al fine di prendere le distanze dal puro e vuoto estetismo rammenta  che i pittori di icone, anziché seguire fantasma dell'arte anodina, "attraverso un cammino di preghiera purificano i loro sguardi interiori così da renderli atti a percepire l'invisibile".
 Di seguito ricostruisce puntualmente le fonti teologiche che giustificano l'esercizio dell'arte cristiana, ossia le tesi esposte nel Discorso contro coloro che rifiutano le immagini di San Giovanni Damasceno, dall'Aquinate nelle Summae e ultimamente da Benedetto XVI nel discorso pronunciato durante l'udienza generale del 29 aprile 2009.
 Del Damasceno, Pannuti cita un giudizio indeclinabile: "In altri tempi Dio non era mai stato rappresentato in immagine, essendo incorporeo e senza volto. Ma poiché ora Dio è stato visto nella carne ed è vissuto tra gli uomini, io rappresento ciò che è visibile in Dio. Io non venero la materia, ma il Creatore della materia, che si è fatto materia per me e si è degnato abitare nella materia e operare la mia salvezza attraverso la materia. Io perciò non cesserò di venerare la materia attraverso la quale mi è giunta la salvezza. Ma non la venero assolutamente come Dio! Come potrebbe essere Dio ciò che ha ricevuto l'esistenza a partire dal non essere?"
 Lo sguardo acuto dell'autrice legge nella sapiente valutazione della materia una chiara risposta alla suggestione gnostica, in circolazione disordinata e fumosa fra i teologi, che militano nella sedicente avanguardia, ossia l'affermazione del "collegamento stretto che sussiste tra la corretta posizione del problema del culto delle immagini e l'Incarnazione di Cristo".
 Padre Marcolino Daffara o. p., nel magistrale commento all'affermazione che si legge nella Summa theologiae - "pulchrum respicit vim cognoscitivam: pulchra enim dicuntur quae visa placent [2]  rammentava, infatti, che "San Tommaso pone qui elementi di estetica di valore essenziale. Il bello, come il bene, come il vero, riposano sull'essere della cosa che fonda tutti i rapporti o relazioni con le nostre facoltà. Il rapporto dell'ente ai poteri affettivi come oggetto appetibile costituisce l'ente-bene, che muove come fine. ... Il rapporto dell'ente alle facoltà conoscitive come proporzionato ad esse e causante assimilazione facile e dilettevole e appagamento nel coglierne senza sforzo le perfezioni costituisce l'ente-bello".   
 Di Benedetto XVI Pannuti cita opportunamente un giudizio ispirato dalla dottrina del Damasceno: "Vediamo che, a causa dell'Incarnazione, la materia appare come divinizzata, è vista come abitazione di Dio. Si tratta di una nuova visione del mondo e delle realtà materiali. Dio si è fatto carne e la carne e divenuta realmente abitazione di Dio, la cui glori rifulge nel volto umano di Cristo. ... Giovanni Damasceno resta quindi un testimone privilegiato del culto delle icone, che giungerà ad essere uno degli aspetti più distintivi delle teologia e della spiritualità orientale fino ad oggi. L'insegnamento di San Giovanni Damasceno si inserisce nella tradizione della Chiesa universale la cui dottrina sacramentale prevede che elementi materiali, presi dalla natura possano diventare tramite di grazia in virtù dell'invocazione dell Spirito Santo, accompagnata dalla confessione della vera fede". 
 Opportunamente papa Ratzinger ha rammentato il sostegno che l'imperatore di Bisanzio, Leone III (717-741) prestò agli iconoclasti : "Classico è il riferimento a Esodo 20,4, dove risuona il divieto di Dio a fabbricarsi idoli o immagini di alcunché. Tuttavia gli imperatori iconoclasti, appellandosi a tele principio, tolgono sì la croce dalle monete, ma per sostituirla col loro ritratto!".
 Il giro mentale degli imperatori bizantini fu arrestato in via definitiva dal Concilio di Nicea (787). Intanto San Gregorio Magno, nel 600, aveva sciolto il qualunque dubbio stabilendo che "una cosa è adorare la pittura, un'altra imparare attraverso la storia della pittura che cosa adorare".  
 Alla luce della sagace e puntuale ricerca condotta da Pennuti, è lecito affermare che l'animosità   dell'imperatore iconoclasta Leone III non è diversa dallo stato d'animo dei teologi e dei prelati modernizzanti, i quali giudicano severamente gli atti della pietà popolare indirizzati alle immagini e alle reliquie dei santi, mentre approvano gongolando l'applauso tributato dalla piazza alle loro rumorose e invadenti persone.
 La testimonianza di Pennuti, in definitiva, è un segno della vitalità della ragione cattolica, che resiste animosamente alle illusioni emanate dallo spettro sgangherato della modernità per abbagliare e aggiornare il clero pavido e sprovveduto. 

Piero Vassallo





[1]             Oltre a Francesca Pannuti, sono seriamente attive nella difesa della filosofia tomista e della ortodossia suor Rosa Goglia, Maria Guarini, Luisella Scrosati, Elisabetta Frezza, Patrizia Fermani, Virginia Coda Nunziante, Elisabetta Gianfranceschi, Cristina Siccardi, Patrizia Stella, Carmen Elena Villa, Carla D'Agostino Ungaretti, Francesca Poluzzi, Rosalia Longo ecc.
[2]             Cfr. Summa theol., I, q. 5, a. 4, 

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