lunedì 19 gennaio 2015

Cinque conferenze di Pier Paolo Ottonello: Caterina da Siena "Sangue nostro"

Il professore genovese Pier Paolo Ottonello concilia l'acume e la severità dell'autentico filosofo con una sorridente allergia al suono delle nacchere, in azione nelle scuole del pensiero debole e solidale, dove si istruiscono gli autori "delle buone opere che omettono l'essenziale che le fa buone, cioè l'amore di Dio".
 Risparmiato dalla pioggia tossica discendente dalla nube neomodernista, Ottonello persevera nello studio e nella impavida difesa della filosofia di San Tommaso d'Aquino e del Beato Antonio Rosmini e nella custodia della preziosa eredità filosofica di Michele Federico Sciacca e di Maria Adelaide Raschini.
 Quantunque inseguito dal silenziatore mediatico, ingranaggio attivato dal potere eleusino per zittire i cattolici renitenti alla leva del conformismo, Ottonello è autore di novecento testi, scritti con personalissimo, avvincente stile, pubblicati in Italia  e all'estero da importanti editori e prestigiose riviste e diffusi quale nutrimento del pensiero attivo nelle catacombe, dove si prepara la riscossa della cristianità.
 Ora la profonda identità cristiana dell'uomo Ottonello si rivela ai lettori delle cinque splendide, imperdibili conferenze cateriniane, pubblicate in questi giorni da Cantagalli editore in Siena e proposte quale spirituale nutrimento ai fedeli sconfortati e amareggiati dalla chiacchiera urlata dall'incensato pulpito del neomodernismo.
 Nella prima delle conferenze pubblicate, L'offerta del proprio sangue in Caterina e in Rosmini, Ottonello dimostra che i due santi, dissimili allo sguardo storicista, ristretto all'ingannevole appartenenza a due epoche lontane e diverse,  si rivelano simili a chi considera invece l'uguaglianza della loro mistica vocazione al sacrificio: "notevolissime e sorprendenti le affinità fra le spiritualità di Caterina da Siena e di Rosmini, anche al di là di essere santi cattolici"
 Ai poveri in Cristo Caterina e Rosmini, prima delle consolazioni della qualunque cucina, offrirono, quasi intesi a rammentare la spirituale preminenza del martire sul cuoco, il prezioso nutrimento di una carità, capace di allontanare il fetore della superbia e di percorre il cammino intrepido dell'oblio e del sacrificio di sé, "fino a dare la vita per amore della vita, e a dare il sangue per amore del sangue di Cristo".
 Si è tentati di leggere in tali espressioni estreme una volontà intesa a stabilire e rammentare, al clero attivo nella teologia gastronomica, il primato delle opere di misericordia spirituale sulle opere di misericordia corporale. Primato che ha fatto dell'esistenza di Santa Caterina, scrive Ottonello, "un miracolo di sacrificio caritativo in quanto imperniata nella conoscenza dell'essere ogni cosa buona e perfetta in quanto creata e dunque tale per cui può servire alle creature dotate di ragione, ma certo non perché si facciano serve e schiave delle mollezze del mondo".
 La santità di Caterina oltrepassa l'orizzonte dell'umanesimo teologizzante/grondante e si pone agli antipodi dell'amor proprio, la nuvola che offusca l'occhio dell'intelletto: "non ama sé per sé, né il prossimo per sé, ma ogni cosa ama in Dio. 
 A proposito della somiglianza della spiritualità di Caterina e di Rosmini, scrive Ottonello: "entrambi si fanno pietre murate nel Sangue, corpo vivo della Chiesa di Cristo, la cantina del sangue, che sempre chiamano santa Chiesa, distinguendola dall'aberrare di tanti suoi componenti e amandola eroicamente nel suo Capo e Sposo: l'una non cessando di esortare possentemente diversi Papi alla riforma, l'altro essendo fatto oggetto della stima di tutti quelli regnanti durante la sua vita ... e per conseguenza di proporzionate invidie".
 Caterina la cui vita si estende dal 1347 al 1380, attraversa gli anni oscuri ed infelici, che annunciano la rivolta che devasterà l'ecumene cristiano: nasce quando è in atto la guerra centenaria fra l'Inghilterra e la Francia, è testimone della corruzione che infirma il papato avignonese, infine è contemporanea di Wiclif, l'antesignano della sciagurata risposta luterana al disordine del clero cattolico: "attraversa il cuore stesso dei cataclismi forse più gravi che squassano l'Europa, che si estendono lungo i ben cinque secoli di .passaggio dal Medio Evo alla modernità, la quale può considerarsi iniziata con Machiavelli e con Lutero".
 Il titolo di Patrona d'Italia (conferitole nel 1939 da Pio XII) e di  Dottore della Chiesa (conferitole da Paolo VI nel 1970) sono riconoscimenti dei meriti acquisiti sollecitando, con santo zelo "la reformatione, che è la vera chiave che può aprire e sciogliere le tanto sciagurate e devastanti guerre, che così gravemente accrescono le ferite nel corpo della Santa Chiesa, aprendovi sempre più sanguinose piaghe". 
 Quasi anticipando la dottrina del suo conterraneo San Roberto Bellarmino da Montepulciano  (1542-1621) sulla liceità di resistere al papa che diffonde l'errore e promuove il malcostume, conservando l'obbedienza alla sua autorità, la Santa afferma un dovere nutrito dal paradosso cristiano: "L'unica vera riforma è la totale fedeltà interiore a Cristo e dunque la fedeltà intera al suo Vicario: se lo stesso Cristo in terra [il papa] fosse demone incarnato e non buono e benigno Padre e' ci conviene essere sudditi ed ubbidienti a lui per obbedienza a Dio".
 Nessun freno agisce invece sullo sdegno della Santa, che rivolge parole di fuoco ai potenti: "Non si vergognano delle loro iniquità ... vanno come ciechi e frenetici ... ciascuno con falsità e bugie attende al bene proprio particolare e non al bene universale ... fattisi pazzi e animali si sono offuscati con la nuvola dell'amor proprio e il timore servile e il veleno dell'odio ... hanno vittoria di città e di castella ma non avendola di loro medesimi non hanno niente". 
 Santa Caterina non è un'icona da recludere in una stretta nicchia d'antiquariato, ma la testimone della dottrina, che in modo speciale obbliga coloro che esercitano il potere civile. La sapienza di Caterina può e deve riformare e vivificare la desolante scena della politica nazionale e diffondere in Europa quella antica virtù, che è attiva nella silenziata e derisa profondità del nostro invincibile sentire.
 Scrive al proposito il cateriniano Ottonello: "L'ordine di ciascuna persona e di tutte le società si può dunque approssimare solo attraverso un combattimento senza soste e senza compromessi, anzitutto contro ciò che costituisce il maggiore ostacolo all'attuarsi in pienezza dell'intelletto e della libera volontà nel loro mirare all'amore del prossimo nell'amore di Dio. Caterina non si stanca di stanare tale ostacolo, per il quale il maggior nemico che abbia l'uomo è sé medesimo, identificabile nell'amor proprio, che è amare sé per sé e non per Dio e dunque è principio e fondamento di ogni male perché toglie la carità ... avvelenando il mondo altrettanto quello civile quanto quello ecclesiastico".
 Dalla desolazione della superbia politicante, che affonda il paese nelle melma europea, ci possiamo allontanare solamente percorrendo la via della fede testimoniata dalla sapienza infuocata dell'italianissima Caterina.


 Piero Vassallo

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