lunedì 24 novembre 2014

LA DEBACLE DEGLI ELETTI (di Piero Nicola)

Dovunque il guardo giro… Come il bravo Metastasio, anch’io vedo dovunque l’immenso Dio, lo ammiro nell’opre sue, e spero di poter dire: ti riconosco in me.
  Perciò dovunque il guardo giro, oggi non facendo a meno di vedere gli eletti del popolo, i politici multicolori quasi come la bandiera progressista, suscito in me la pena per il loro naufragio, per la loro pochezza sprecata. La miseria umana, l’inettitudine sono pure un dono di Dio, aiutano a essere umili e francescani, aiutano a retrocedere tra gli ultimi e a lasciare il posto ai capaci.
  Viceversa, questi eletti tapini hanno sciupato la loro vocazione, e fanno tanta più pena restando avvinti dal loro commercio con i buoni elettori, che li sistemarono salvandoli dal flagello della disoccupazione. Essi amano Iddio, si capisce, come tutti, come consapevoli propugnatori dell’amore o come cristiani anonimi che possano essere; ma bisogna compatire la loro debolezza umana, la loro disgrazia di averla, per natura, ricevuta in dose piuttosto massiccia: quella debolezza tentatrice per la quale si allungano le mani dove non si dovrebbe, quella fragilità pure aggravata dalla malaugurata astuzia che li affligge, e che ha troppo afflitto i creduli i quali, prestando loro credito, di essa hanno condiviso le spese.
  Ma perché adesso debbo tenere a freno l’istinto iracondo e guardare con benevolo compatimento questi politici spostati, disgraziati, da accomunare ai poveri indigenti, a quelli messi sul lastrico, la loro casuccia essendo stata occupata abusivamente, da accomunare agli immigrati tratti nel barcone alla nostra amata sponda, o passati alla chetichella attraverso la frontiera colabrodo di Nord-Est?
  Dovunque il guardo giro immenso vedo lo strazio della divina Giustizia, abbattutasi sulla Nazione e sui suoi presunti rappresentanti.
  Sì, è accaduto un fatto determinante, un fatto nuovo: le elezioni di ieri. Esse hanno decretato la rovina dei meschini ben pasciuti che tirano avanti la carretta regionale e nazionale. In Emilia ha votato il 38% degli aventi diritto, in Calabria il 43%. Oltre la metà della cittadinanza ha detto un tondo e secco “No” al governo vigente, locale e anche insediato nei palazzoni dell’Urbe. Ed è impossibile disconoscere che il campione prodottosi non sia valido in modo generale.
  L’affondamento del regime buono, umanitario, largo di vedute e così illuminato da nettare l’ambiente dalla parola vizio, dalla parola zingaro, così caro da rottamare le vecchie leggi tutelari, sostituendole con diritti e libertà d’amorevolezza sconfinata, di fiducia magnanima, di egualitarismo generosissimo, la sua débâcle, stavo dicendo, era annunciata. Il recente, strepitoso successo di Grillo - ad ogni modo alfiere della protesta - l’episodio dei Forconi (dimenticato, ma sempre vivo nel suo movente), i segni diversi del distacco dalla politica, le ultime rivolte contro gli abusivi, contro i clandestini carezzati dai poteri nostrani, europei, internazionali, facevano prevedere la nausea popolare e il gran rifiuto.
  Il baldo Renzi, cui immaginifici creatori di slogan sciolgono lo scilinguagnolo, canta vittoria. È normale, ma sbaglia. Il suo piglio si snerva a furia di calpestare la modestia. Le sue ambizioni smettono di fare colpo, mostrano la corda. Egli diventa un povero diavolo come lo è diventato Berlusconi, e forse con maggior scorno. La sconfitta della democrazia snobbata dall’elettorato è anche la sua sconfitta. Le frustrate minoranze del suo partito la sfrutteranno per risollevarsi vendicativamente.
  Come dare la croce addosso ai politici che per forza di cose, per forza di sistema, sono condotti ad essere politicanti? Comanda la legge della concorrenza, del libero mercato politico, per cui chi non si fa volpe o lupo soccombe. Che colpa ne hanno loro, i concorrenti, se l’uso delle armi proibite non viene impedito e le armi costano anche bei quattrini?
  No, non si creda che sia giustificabile questo costume indegno. Non è affatto lecito parteciparvi. Però così stanno le cose.
  Intanto la gente è stufa di balle, d’essere presa in giro e tartassata, stanca di disoccupazione e di recessione, imputabili, in definitiva, ai governanti e ai loro padroni dislocati in Europa e in altri continenti. La trama sta venendo a galla. La rassegnazione della maggioranza silenziosa giunge agli sgoccioli.
  In Emilia, la Lega ha fatto centro, ha conquistato il secondo posto, tuttavia i suoi voti sono diminuiti. Berlusconi naviga nella tormenta a vele stracciate, dopo essersi appigliato a una gonnella e ai diritti degli omosessuali, dopo aver posposto il diritto di Dio ai sondaggi d’opinione per cui, dando una mano alla carrozza sodomitica, conserverebbe una miseria di voti.
  Dovunque il guardo giro: “non c’è chi sia giusto, non c’è chi abbia intelligenza, non c’è chi cerchi Dio; tutti sono usciti di strada, sono insieme diventati inutili; non c’è chi faccia il bene, non ce n’è neppure uno. La loro gola è un aperto sepolcro, tessono inganni con le loro lingue… non è dinnanzi ai loro occhi il timore di Dio” (Rm. 3, 10-18); tutti sono tornati pagani, conformi alla volontà dell’UE, che ha sradicato le sue radici cristiane, o, peggio, tradiscono il Signore paganeggiando.
  Eppure Dio domina immensamente nel panorama funesto, resta in esso visibile, non già agli evanescenti uomini di buona volontà citati da Bergoglio e dai suoi immediati predecessori, ma a quelli veri, sodi e fedeli.
   

Piero Nicola

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