martedì 28 ottobre 2014

L'essenza della banalità e il profumo del nichilismo

 Il Dizionario dei luoghi comuni, scritto da Gustave Flaubert negli anni durante i quali stava appassendo la sua fede nei valori democratici e scientifici, è un raffinato modello di stile letterario, che può essere proposto agli aspiranti critici, vogliosi di confutare e mettere alla berlina le banalità trionfanti per influsso delle scuole progressiste.
 Purtroppo l'eleganza satirica non è adatta a penetrare nel retroscena eleusino delle scuole postmoderne. La sciocchezza e la volgarità, infatti, sono profumi che non rivelano la natura della filosofia a monte del nichilismo ma la occultano o la banalizzano.
 Indimenticabile segno dell'inadeguatezza della satira quantunque raffinata sono le curiose contraddizioni di Flaubert, implacabile flagellatore della stupidità e tuttavia non indenne, come ben sanno i lettori di Salambò, dalle grottesche suggestioni erompenti dall'esoterismo.
 Il fatto è che la ridicola sciocchezza rappresenta solo se stessa. Gli sciocchi, il boccaccesco Calandrino o i flaubertiani Bouvard e Pécuchet, testimoniano comicamente la fede nel pensiero magico di giornata, la leggenda della pietra filosofale o il mito dell'evoluzione perpetua.
 Gli sciocchi sono interpreti maldestri di filosofie sgangherate, mal digerite dall'osteria o dalle redazioni dei quotidiani popolari.
 Tuttavia la ridicola ingenuità immunizza gli sciocchi, li rende immuni e impermeabili alle fumose elucubrazioni dei pensatori profondi. La stupidità è strutturalmente futile, mai aggiornata e perciò più incline alla fede nella quisquilia che all'esplorazione delle oscurità filosofali.
 In definitiva: il profumo della volgare e perpetua stupidità non può essere legittimamente associato alla discesa della filosofia nel sottosuolo nichilista.    
 Puntiglioso e accanito critico della volgarità postmoderna, Luigi Iannone, l'autore del saggio Il profumo del nichilismo, appena pubblicato da Marco Solfanelli editore in Chieti, non riesce tuttavia a resistere all'abbaglio, che induce a vedere la figura tenebrosa del nichilismo nei fastidiosi segnali lanciati dalla volgarità, scientificamente organizzata dai profittatori e dagli usurai in azione sulla scena postmoderna.
 Una tale confusione è possibile quando si dimentica che il nichilismo è generato dal delirio filosofico degli autodistruttori e non ha dunque rapporto con la volgare banalità.
 Suggerito dalla sociologia estetizzante, in circolazione incontrollata nell'area neodestra, l'oblio e forse l'ignoranza della storia della metafisica impedisce di vedere la convergenza di nichilismo e pensiero debole nella lucida follia che è intesa alla svalutazione dell'essere e alla devastazione della metafisica.
 Pier Paolo Ottonello ha proposto una perfetta definizione della tracotanza del pensiero antimetafisico: "Il nichilismo come negazione radicale o metafisica è negazione del senso dell'essere e degli enti in quanto fondati nell'assolutezza dell'essere. Nichilismo è dunque l'assoluta negazione di ogni assolutezza".
 Nichilista è la lezione di Leopardi intorno all'invincibile malignità e vanità del tutto. Nichilista è Max Stirner, il quale afferma: "L'unico assoluto sono io stesso che nega ogni assoluto ovvero che si nega ponendosi come assoluta negazione". Nichilista è il giudizio dello spinosiano Friedrich Nietzsche sul mondo che infinitamente rotola su se stesso senza una ragione. Nichilista è la sentenza di Jean Paul Sartre, secondo cui "vivere è far vivere l'assurdo". Nichilista è la definizione heideggeriana dell'uomo pastore del nulla. Nichilista è il fantasma della de-creazione, che affascina Massimo Cacciari lettore gnostico di Simone Weil. 
 Cornelio Fabro ha peraltro dimostrato  che il nichilismo si manifesta nell'inizio della filosofia hegeliana, dove è posta l'uguaglianza dell'essere e del nulla.
 Ora il pensiero nichilista non solleva i profumi apprezzati da Iannone, ma sgradevoli odori d'obitorio. Il lettore che affronta le opere degli interpreti qualificati della deriva nichilista, ossia i roventi critici della moderna stupidità, ad esempio Julius Evola, Emil Cioran, Jacob Taubes, Elemire Zolla, Roberto Calasso, Sergio Quinzio, Massimo Cacciari ecc. avverte l'odore cadaverico della disperazione narcisista non il profumo della audace avanguardia.
 Odori del nichilismo sono i delitti contro la vita e contro la salute mentale: l'aborto, l'eutanasia, l'inversione della sessualità, l'uso di droghe, il fracasso della musica rock.
 Cercare, come fa Iannone, la graffiante firma dell'antimetafisica nelle strategie dei supermercati, nell'uggiosa retorica dei comizi, nella desolazione degli spettacoli d'intrattenimento, nell'ossessionante banalità delle telenovelle, nelle lacrimose storie delle principesse birichine d'Inghilterra e delle sconvolte stelle d'America,  è una fatica estenuante, dalla quale si può ottenere solo un modesto risultato: la dimostrazione che l'incremento degli stati d'animo disperati abbassa il tono della normale stupidità dei qualunque moderni. 
 Lo stile squillante di Iannone, pertanto, è sprecato dalla ricerca vana di bersagli grossi nella foreste di soggetti appartenenti all'infinitamente piccolo, all'effimero e all'insignificante sottobosco.
 Nella parzialità dell'assillo estetico in rivolta contro la sciocchezza, si manifesta la fragilità della cultura neodestra, cultura inquinata dall'evolismo, condannata a procedere a rimorchio della sociologia sinistrorsa e del salottiero moralismo. E si contempla ultimamente l'urgenza di una cultura sostanziata di pensieri atti a ostacolare da destra l'offensiva dei distruttori filosofanti, in guerra da sinistra contro la civiltà cristiana.            

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Sentinelle nelle disperate specole degli opposti e convergenti radicalismi, Walter Benjamin e Julius Evola hanno interpretato simultaneamente/parallelamente la  disfatta della filosofia moderna & l'ostracismo alla rivolta antimoderna.
 Da un sinistra notturna Benjamin ha avviato quella deriva francofortese che ha causato il naufragio dell'ideologia comunista nel salotto della gnosi libertina e pederastica, mentre Evola, da una specola allucinata, ha screditato il cesarismo (la terza via) di Benito Mussolini e aggredito il pensiero cattolico  (Francesco Orestano, Arnaldo Mussolini, Niccolò Giani, Guido Pallotta, Nicola Petruzzellis, Carmelo Ottaviano ecc.) e il neo-idealismo (Giovanni Gentile) indirizzando la cultura di destra verso gli ambigui e improbabili sentieri del nichilismo attivo.  
 Chi si domanda la ragione della concomitante catastrofe in atto sia nel pensiero e nella società dei moderni sia nell'appendice antimoderna della modernità, è costretto a risalire alla guerra contro la religione biblica apertamente dichiarata da Marx, da Freud e ultimamente dai francofortesi-californiani.
 L'ultimo orizzonte del pensiero moderno non è (come alcuni si ostinano a credere) la divina immanenza di hegeliana memoria, non il trionfo della ragione umana divinizzata, ma la gnosi irrazionalista, il delirio distruttivo, che calunnia e maledice l'autore - il demiurgo malvagio - di un mondo che l'allucinazione fa apparire tenebroso, disperato e senza sbocchi.  
 Senza imbarazzo Franco Volpi, nel penetrante saggio sul nichilismo, ha riconosciuto che la rivoluzione e i suoi nemici condividono il rifiuto della teologia tradizionale, rifiuto trovato (da Hegel e da Schelling) nel grembo dello gnosticismo antico.
 Secondo Volpi, l'emblema di tale negazione è il pregiudizio dichiarato da Carl Schmitt: "la nostra situazione è caratterizzata dall'impraticabilità delle risorse tradizionali per fronte alla crisi, ossia dall'impossibilità di ricorrere a istanze prepolitiche".
  Ora la causa della disperazione emergente dagli scritti di Evola & Benjamin, le due drammatiche figure contro-figuranti della modernità, è svelata da Schmitt: "L'escatologia cristiana sul peccato originale e sulla redenzione dell'uomo nell'aldilà si sta rivelando come l'interpretazione perdente della storia universale".
 Per misurare l'effetto sconvolgente prodotto dalla suggestione neognostica nell'area della cultura tradizionalista intitolata a Evola e ai suoi successori (e succedanei) neodestri, è sufficiente leggere il Manifesto antimoderno, scritto da Luigi Iannone, uno fra i più radicali e accaniti interpreti della scuola neodestra, e pubblicato da Rubettino in Soveria Mannelli.
  Nel saggio in questione il richiamo al Novecento italiano è fioco, mentre è alluvionale e decisivo il riferimento ai nichilisti e ai catastrofisti di scuola germanica: Nietzsche, Benjamin, Heidegger, Schmitt, Junger, Spengler.
  Risultato di una tale scelta di campo è l'accoglimento puntuale della tesi già formulata da Schmitt, ossia il rigetto della teologia: "C'è anche da ammettere che le religioni, in specie quella cattolica, hanno perso la loro capacità avvolgente e di integrazione".
 Iannone attribuisce il fallimento delle religioni all'affermazione del concetto, strumento della razionalità come motore della storia, e di conseguenza preconizza l'affondamento del tradizionalismo nel pregiudizio (nicciano ed evoliano) contro la ragione.
 Il pregiudizio contemplante la ragione quale nemica strutturale della verità nega a Iannone la possibilità di vedere il cuore irrazionalista della crisi, che sta tormentando e lacerando il mondo moderno.
 La verità è che nel contraffatto tradizionalismo di Evola si ripete inavvertitamente il corto circuito causato dall'incontro dei sistemi ultra cogitanti di Cartesio e Spinoza con l'irrazionalismo da cui sono scaturiti.
 L'iniziale tentativo evoliano di condurre la ragione moderna agli approdi dell'idealismo assoluto (trans-idealismo, secondo la puntuale definizione di Roberto Melchionda)  ripiega nella cupa e paradossale rappresentazione di tradizionalisti al galoppo sulla tigre del nichilismo francofortese e dadaista, trionfante nei bagliori di un tramonto angoscioso a sinistra.                
 L'esito disastroso del pensiero evoliano può e deve consigliare la revisione e il recupero del Novecento italiano, esempio magnifico di una destra fedele alla vera tradizione.


Piero Vassallo

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