domenica 17 agosto 2014

Un'abbagliante futurologia

"Il terzo millennio"

Un'abbagliante futurologia

"C'è una trascendenza che accomuna credenti e non credenti: è quella del futuro sul presente, specie quando il futuro viene con il passo della imprevedibile diversità".
Ernesto Balducci

 Mario Pagliai, elegante ed affermato editore in Firenze, propone la rilettura del saggio "Il terzo millennio", scritto nel 1981 dallo scolopio padre Ernesto Balducci, al fine di giustificare l'incontro della speranza cristiana (quale fu ripensata dai teologi modernizzati nel Vaticano II) con l'ideologia californiana e con il mito del progresso, revisionato e ridimensionato dal Club di Roma.
 Nella premessa alla nuova edizione del saggio il presidente della fondazione Balducci, Andrea Cecconi, afferma che "il monito espresso allora da padre Balducci - gli uomini del futuro o saranno uomini di pace o non saranno - appare ancor oggi di una attualità sconcertante, così come il Pontificato di Papa Francesco sembra alimentare la speranza in quella direzione auspicata per la chiesa da Balducci oltre trent'anni or sono". 
 E' probabile che le enigmatiche e/o sincopate esternazioni di papa Bergoglio alludano, in qualche modo, alla chiassosa teologia secolarizzata, che padre Balducci aveva dedotto dall'eterodosso e fulminante pensiero di Teilhard de Chardin. Il celebrato scolopio sostiene, infatti, che "Nessuno come Teilhard aveva reso esplicita la correlazione, fatta poi dal concilio [il Vaticano II], tra il mistero dell'uomo e il mistero di Cristo. La correlazione è, nella visione teilhardiana, vera e propria identità".
 Certo è che la nuova direzione della Chiesa desiderata e auspicata da Balducci non escludeva tassativamente l'incombere di un vago dubbio sulla trascendenza del fine assegnato alla vita umana ("ogni pretesa di dare al sentimento religioso un orizzonte immediato fuori di questo mondo e delle sue concrete contraddizioni mi appare come una variante del principio di morte"), dubbio che si rovesciava  nell'inquietante affermazione della necessità di resistere alla tentazione di compiere atti di pietà: "di anno in anno si moltiplicano le occasioni in cui il credente, proprio perché credente, è costretto a combattere la religione come una delle più subdole minacce al futuro dell'uomo". 
 Nell'orizzonte della nuova, aggiornata cristianità, inoltre, sembra svanire, in una sarcastica risata, la fede nella divina provvidenza: "le costruzioni provvidenzialistiche della storia, come quelle di Agostino, di Dante, di Bossuet e di Hegel [stupisce l'inedito e avventuroso accostamento della teologia/immanente di Hegel alla coscienza storica dei veri credenti] cadono come scenari infantili e con esse cade nel nulla una parte di me, una parte della coscienza occidentale che io avevo assimilato, ivi compresa la coscienza biblico-cristiana in quanto eredità culturale".   
 Padre Balducci era convinto che, prima del Vaticano II, la Chiesa cattolica fosse posseduta dal pessimismo, un vizio di mente che l'aveva resa capace di condannare come apostata il mondo moderno e "di contestare momento dopo momento le tappe della cultura laica".
 La polemica di Balducci sembra indirizzata  contro una realistica e puntuale affermazione contenuta nel Radiomessaggio letto da Pio XII nel Natale del 1956: "Qualche cosa non procede rettamente nell'intero sistema della vita moderna, un essenziale errore deve corrodere la sua radice".
 Pio XII aveva tuttavia affermato (Radiomessaggio nel Natale del 1953) che "è innegabile che il progresso tecnico viene da Dio, dunque può e deve con durre a Dio", pertanto il fedele è "ben lontano dal sentirsi mosso a sconfessare le meraviglie della tecnica".
  Papa Pacelli segnalava un pericolo strisciante sotto l'entusiasmo:  "la tecnica moderna dispiega intorno all'uomo contemporaneo una visione così vasta da essere confusa da molti con l'infinito stesso". Di  tale confusione erano vittime i banditori della cultura laica, strenuamente e irremovibilmente difesa da Teilhard e da Balducci, sordi o refrattari all'insegnamento di Pio XII.
 Il giudizio di Pio XII sull'abbaglio accolto dal pensiero progressista, secondo l'opinione di Balducci, teologo carismatico ma non vedente la trionfale avanzata dell'errore moderno, sarebbe stato corretto e smentito  dalla candida semplicità di Giovanni XXIII, il quale "senza appoggiarsi a nessun argomento di cultura ha scosso la sua chiesa  in profondità semplicemente perché ha rievocato con forza la sua ragione d'essere che è niente più e niente meno che il servizio dell'uomo. Egli ha dimostrato contro i profeti di sventura che la loro intransigenza e la fedeltà alle vere attese dell'uomo sono inconciliabili".
 Il rigore e intellettuale. la fedeltà ai principi e la sana intransigenza sono la pasta di cui sono fatti quei profeti di sventura, che ostacolano la corsa dei profeti verso l'umanesimo senza aggettivi.
 Il servizio all'uomo sembra sostituire il fine tradizionale della cristianità, che è rendere gloria a Dio. Una sostituzione che è coerente con l'ardita e apprezzata [da Balducci] opinione secondo cui la liberazione dal pessimismo arcaico avrebbe avuto lontano inizio dalla insorgenza attuata dai sofisti nel VI secolo a. C., "quando l'uomo sciogliendosi dalla sua originaria sudditanza alla natura e al gruppo tribale, si pose quale misura di tutte le cose".
 Più avanti il sincretismo di Balducci si spinge oltre e tesse la lode delle "grandi visioni del mondo la cui potenza creativa non si è ancora esaurita. In Cina presero forma il taoismo e il confucianesimo, in India, la grande spiritualità delle Upanishad e il messaggio di liberazione del Budda, nell'Iran la predicazione messianica di Zoroastro, tra gli Ebrei il profetismo col suo senso della storia come cammino verso un adempimento".
 A chiarimento del significato che si deve attribuire alla fede nell'uomo misura di tutte le cose, Balducci, affermata la "totale laicità di Gesù di Nazareth", rammenta che "nessuno come Teilhard aveva reso esplicita la correlazione, fatta propria dal concilio, tra il mistero dell'uomo e il mistero di Cristo. La correlazione è, nella visione teilhardiana, così stretta da diventare, nel suo sbocco finalistico, vera e propria identità, in quanto come punto Omega, il Cristo sarà la supercoscienza in cui troverà organica unità un genere umano giunto finalmente al colmo della sua complessificazione. Dalla materia prima alla Supercoscienza unificante, le tappe dello slancio evolutivo scandiscono anche le tappe del Regno di Dio".
 Al lettore già sbigottito da un tale atto di fede nella mitologia teilhardiana desta stupore anche l'affermazione, di bizzarro stampo progressista, secondo cui "le vette illuminate dal messaggio che va oltre di noi, sono le grandi figure degli anni Sessanta - da Guevara a Luther King, da Ho-chi-minh a Mao, da Lumumba a Cabral, da Angelo Roncalli a Camillo Torres". Un passo indietro nel tempo e Lenin, Stalin e Beria sarebbero entrati nel pantheon del nuovo cristianesimo. Forse anche Hitler, sotto un travestimento eco-animalista.
 Balducci, inoltre, non esita a dichiarare che "il '68 è l'anno di nascita dell'homo novus, che ebbe allora la sua epifania pubblica nelle piazze e nelle aule universitarie e la sua legittimazione ideologica nelle enunciazioni di non pochi rappresentanti del sapere antropologico. Accanto al maestro di spiritualità contemplativa Thomas Merton [il monaco che, nel 1968, dichiarò di stimare il buddismo, tacendo sul suo orientamento nichilista] e al più rinomato erede di Marx e di Freud, Herbert Marcuse, possiamo chiamare in causa lo psichiatra Ronald Laing [il fondatore della scuola anti-psichiatrica] "autore del capovolgimento dei concetti clinici di normalità e di follia". Non è forse inutile rammentare che Laing fu l'ispiratore del  movimento rivoluzionario i cui, esponenti affermavano la natura profetica della follia e il carattere demenziale della psichiatria indirizzata alla cura dei profeti (in delirio).    

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 Il traguardo indicato dall'opera di Balducci "è una fede cristiana che abbia integrato in sé i livelli di sviluppo della ragione moderna e si è divezzata dall'affidare il proprio annuncio alle predisposizioni religiose dell'uomo, dallo stare in agguato, alla periferia del villaggio, per attendere e imprigionare l'uomo deluso in fuga. In seguito a una rilettura del Nuovo Testamento condotta secondo i criteri dell critica storica [modernista?] il credente si trova in grado di spogliare i fondamenti della sua fede dal contesto apocalittico in cui lo hanno tramandato le comunità apostoliche".
 Di qui la teologia ultra-conciliare, "tesa a mettere in accordo il messaggio biblico e l'umanesimo tecnologico". Se non che l'umanesimo tecnologico, negli anni Ottanta, era già dimezzato e costretto a scendere a patti con il pessimismo radicale scritto sulla bandiera ecologista, che sventola sui potenti club malthusiani (abortisti & thanatofili), eredi e continuatori dell'austero Club di Roma . 
 Gli eredi dell'allucinato entusiasmo progressista, profetizzato da Teilhard e incautamente strombazzato da Balducci, devono scendere a compromesso con la severa filosofia dei poteri forti.
 Balducci, ammettendo la possibilità di aver ceduto all'estro utopico, aveva già ristretto l'orizzonte dell'assolutismo teilhardiano.
 Il suo pensiero, di conseguenza, planava sulle speranze fantascientifiche applaudite  dagli ecologisti: "I pannelli solari, i collettori fototermici, simili a grandi specchi che, come quello di Archimede, ruotano in sincronia col sole".
 La ragione di una tale scelta è dichiarata senza timore del ridicolo: "L'energia solare, è stato detto, è di sua natura democratica. Pacificato col sole l'uomo farà pace anche con la terra. E sarà più facilmente in pace perché sarà venuta meno una delle cause determinanti del conflitto tra i popoli: la concorrenza nell'assicurarsi le fonti di energia". 
 Il qualunque osservatore della scena contemporanea, agitata da conflitti sul gas e sul petrolio, non ha difficoltà a misurare l'enorme mole del solare irrealismo, in uscita dalla trasformazione della teologia in fantascienza compiuta da un teologo volante sulle ali delle utopie di Teilhard e del buonismo di Papa Roncalli. 


Piero Vassallo

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