mercoledì 6 agosto 2014

La sfida della tradizione nell'ora zero della destra italiana

I tradizionalpopolari di Sicilia

La sfida della tradizione
nell'ora zero della destra italiana

 Un segnale di intelligenza avanguardistica è lanciato dalla Sicilia, l'area in cui agiscono gli esponenti del realismo tradizionale. Autori sono alcuni studiosi e politici scampati al destino gruppuscolare dell'estenuata / bombardata / ostinata destra. Il loro target è rinunciare alla farsa inscenata sulle ceneri di un passato irrevocabile, allontanarsi dal frastuono comiziale per pochi intimi, smetterla con i calcoli cervellotici intorno alle percentuali inutili, sottrarsi al disperato confronto con gli oratori abilitati e lubrificati dal Grande Burattinaio, insediato tra la sublime banca ed il salotto eleusino.
 Dalla Sicilia, scrive Tommaso Romano, già sagace e strenuo ispiratore del Partito Tradizional Popolare, ora in fuga dall'inutile strage comiziale: "La modifica liberticida della legge elettorale soffoca le minoranze, e le opposizioni radicali" e non consente la presenza attiva di partiti politici che propongono una sostanziale riforma del sistema. 
 Di qui la saggia, inevitabile decisione di trasformare il piccolo, battagliero partito in movimento culturale, finalizzato allo studio sistematico dei princìpi del diritto naturale, alla riflessione sulla controversa verità storica, alla formulazione di un progetto politico capace di navigare lontano dalla fluviale chiacchiera televisiva e dall'angustiante e umiliante delirio nella piazza desolata.
 Il partito tradizionalista ebbe militanti valorosi e disinteressati quali, ad esempio, Nino Sala e Vito Mauro, e interlocutori di alto profilo intellettuale e civile, quali Adriana Poli Bortone, Publio Fiori, Guido Lo Porto, Gianfranco Micciché, Nello Musumeci, Alberto Rosselli, Silvano Moffa, Javier Garisoain Otero, Massimo Mallucci, Alessandra D'Aguanno, Paolo Deotto, ecc..
 Se non che il sistema della menzogna, esteso da destra a sinistra, dalle reti televisive alle case editrici "in", dai salotti che promuovono la gay perversione fino al "basso impero super mediatico di Berlusconi", esercita un potere che la ragion politica non riescono a scalfire. 
 Romano suggerisce pertanto di passare dalla visione micro-maniacale dei politicanti alla cultura del veder grande. Prende le distanze dalle inutili fatiche sopportate della diaspora comiziante a destra. Congeda le pattuglie degli attori in lotta contro l'inevitabile. Si allontana dal palco inascoltato e farsesco. Strappa l'ultimo velo deposto sulla danza manfrina a destra.
 La caduta del pensiero politico nella chiacchiera senza pensiero, recitata dai capi della perdente/circense destra, infatti, opera attratta e sedotta dalla marginalità, lasciando dietro di sé i frammenti tossici di una sconfitta demenziale e di una rivincita impossibile.
 Tra le rovine di una casa politica, selvaggiamente auto-bombardata, è possibile solamente un gioco infantile per uditori effervescenti e sfaccendati.
 Amaramente Romano definisce l'ossimoro della sopravvivenza mortuaria: "vediamo intorno a noi una babelica confusione fra alcune buone opinioni e troppe fallaci operazioni trasformiste o di mera sopravvivenza".
 D'ora in avanti, prosegue Tommaso Romano, il compito dei militanti tradizionali sarà far tesoro di idee e di cultura, "che metteremo a disposizione ove sarà possibile scrivere un libro e un articolo e partecipare a un convegno, organizzare eventi e piccoli seminari di formazione, fondare riviste, blog, usare insomma i media e le loro oggettive potenzialità".
  In diverse città italiane, peraltro, si stanno costituendo centri di cultura finalizzati a rimettere in circolo le idee umiliate e sepolte dalla destra militante per la chiacchiera e per la cadrega.
 Le testimonianze autorevoli raccolti dagli scrittori Antonio Sala e Vito Mauro nel volume "L'identità comunitaria Dal Partito tradizional popolare ai tradizional popolari", ISSPE, Palermo 2014, dimostrano le ragioni del passaggio dalla tabula rasa in cui si agitano i frammenti della falsa destra, alla grande biblioteca in cui sono conservati i segreti della rinascita italiana. D'ora in avanti il progetto culturale dei tradizionalisti palermitani sarà inteso alla ricerca di un'intesa con i centri di studio e di formazione che finora operano (a Roma, a Milano, a Firenze, a Genova, a Padova, a Bologna, a Benevento, a Vicenza, a Torino,) e con le case editrici, gli ingenti prodotti della quali circola in mezzo alle difficoltà seminate dall'eversione culturale al potere.
 Nelle città di cui sopra operano numerosi giovani di alto profilo intellettuale e di collaudate attitudini alla comunicazione. Si tratta di un robusto nucleo capace di sostenere l'urto di una macchina culturale potente ma ridotta allo spurgo di idee che hanno cittadinanza nel vespasiano.
E' dunque possibile progettare l'uscita della cultura tradizionale  dall'isolamento in cui la ha precipitati la folle guerra della destra in guerra contro il libro e contro la formazione. (Una guerra avviata negli anni Settanta dall'emarginazione degli editori Giovanni Volpe, Pucci Cipriani e Tommaso Romano) 

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 Attualmente la presenza politica dei cattolici è segnata da un frazionamento patologico e paralizzante, causato dall'incombere di teologi ruminanti, che l'incapacità di capire l'inversione nichilistica delle ideologie moderne mette in bocca le imperiose ma defunte chiacchiere del modernismo.
 Nel migliore dei casi i teologi accreditati e incensati sono fermi a quella lettura ottimistica e gongolante del "moderno" che fu proposta negli anni Trenta da Jacques Maritain e imposta al suono dei tamburi rahneriani durante i travagliati anni del post-concilio.
 Alcuni autorevoli prelati, quasi promuovendo Scalfari alla dignità di padre della chiesa modernizzante, sono addirittura convinti della liceità del tentativo inteso ad associare la dottrina cattolica alla gnosi hegeliana, alla morale francofortese e al fracasso demenziale dei sedicenti carismatici.
 La ripresa della politica d'ispirazione cristiana tuttavia non è impossibile, purché l'iniziativa sia condotta da persone capaci di sottrarsi all'influsso mortifero delle tramontate filosofie dopo Cartesio e pertanto decise a non prestare ascolto alle indicazioni provenienti dal sottobosco, in cui trionfano le anacronistiche e atrofizzanti sentinelle del neomodernismo e del dossettismo.
 Al proposito scrive l'autorevole Publio Fiori: "Se le varie anime della Gerarchia Ecclesiastica appaiono ancora incerte e divise, i cattolici laici debbono rivendicare la loro autonomia di analisi, di progetto e di iniziativa politica".
 Il cuore della politica cristiana deve essere lanciato oltre la baraonda delle teologie estenuate dal perpetuo dialogo tra bigotti stralunati e vescovi deliranti.

 L'uscita dei tradizionalisti di Sicilia dal teatrino della destra marginale/residuale e dal clericalismo pseudo cattolico è un primo, importante passo indirizzato alla restaurazione e al rinnovamento della cultura politica degli italiani.

Piero Vassallo

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