mercoledì 16 luglio 2014

Riflessioni sul cammino della filosofia italiana

Primo Siena su Gentile

Riflessioni sul cammino della filosofia italiana

 In occasione del settantesimo anniversario della morte di Giovanni Gentile, Marco Solfanelli, editore anticonformista in Chieti, propone un avvincente saggio di Primo Siena  (Giovanni Gentile Un Italiano nelle intemperie) che introduce un'antologia di testi del grande filosofo e le riflessioni sull'attualismo scritte da Padre Leonardo Castellani, da George Uscatescu e da Armando Carlini.
 Allievo di Silvano Panunzio, Primo Siena appartiene al numero ristretto degli studiosi (Lino Di Stefano, Antonio Fede, Gaetano Rasi, Franco Tamassia, Francesco La Scala)  che, nel tormentato dopoguerra, hanno tentato, con brillanti esiti, la rilettura e la riabilitazione del filosofo attualista.
 Gentile, rimosso dall'elenco dei fascisti, in obbedienza al dogma crociano, che nel bieco ventennio contemplava una vuota, antistorica e selvaggia parentesi, infatti, fu deportato nell'incredibile  elenco dei continuatori di Marx. Operazione che Siena liquida rammentando che il marxismo di Gentile fu definito da Roberto Mazzetti una barzelletta. Lino Di Stefano, opportunamente citato da Siena, dal suo canto, ha dimostrato la fragilità e la inclinazione al fallimento delle filosofie sedicenti ultime, neopositivismo, esistenzialismo ateo, costruttivismo, pensiero debole. Di qui la proposta di rileggere la filosofia gentiliana, collocandola nell'orizzonte post-fascista, quale alternativa alla catastrofe che sta travolgendo l'Occidente, vittorioso in guerra, perdente nella finta sua pace.
 Per evitare le insidie rappresentate dal politicamente corretto, palude chiacchierante, "in cui ha la peggio chi più ragiona e più si fa un dovere di procedere con metodo e con rigore" [1], occorre consultare, anzitutto, gli avvincenti testi proposti da Siena, testi che furono scritti tra il 1925 e il 1926 da Giovanni Gentile, il filosofo che sarà autore della Dottrina del fascismo, il documento che conferì al movimento delle camicie nere la dignità che compete a una vera avanguardia filosofica.  
 Ora Gentile, nel saggio appena citato, demistifica la vittoria delle potenze occidentali nella Grande Guerra, vittoria che puntellava un regime indirizzato "alla dissoluzione sociale dello stato, che seguirono immediatamente alla vittoria e che il fascismo troncò".
 La segreta causa del consenso alla nuova cultura italiana aveva origine "dal carattere schiettamente religioso dello spirito fascista" e in ultima analisi dalla volontà di capovolgere l'ideologia ateista,  insegnata da "quei teneri filosofi dell'illuminismo, così leggeri ma così filantropi, dei quali i massoni leggono ancora con riverenza infinita gli oracoli"- Tali erano gli errore che squalificavano e fiaccavano la vincente Internazionale dei liberali.
 Gentile sosteneva risolutamente che Benito Mussolini "ha tante volte espresso, con l'energia che è propria del suo pensiero intuitivo, il lato mistico del fascismo, come culto reso a tutta l'anima della nazione. ... E non c'è dubbio, che uno dei più potenti motivi, anzi il motivo più potente del fascino dal Mussolini esercitato dai giovani sulle masse e su tutti, deriva da questa corda, che egli sa far vibrare fortemente negli animi be che vibra prima di tutto nel suo, ogni volta che egli si abbandona all'ispirazione centrale del suo pensiero, e riesce veramente eloquente".
 Di qui una lucida interpretazione del programma di Mussolini: "Il fascismo che intende la necessità della vita religiosa dello spirito, fuori della quale non c'è se non il materialismo dell'individualismo liberistico o della socialdemocrazia, intende perciò innestarsi  nel tronco antico ma pur sempre vivo e poderoso della religiosità storica italiana, che per effetto dell'innesto getterà nuovi germogli e rinverdirà in novelle fronde".  
 Nella religione cattolica, Gentile, pur essendosi ancora liberato dalle suggestioni fatte cadere da Hegel dal vertice speculativo della modernità, vedeva la radice della combattività dei giovani fascisti e la ragione delle speranze che la rinnovata cultura italiani esercitava nella gioventù insofferente e pronta a battersi contro la piattezza cui è indirizzata la via al capitalismo perfetto e la falsa pace generata dal conformismo.
 Scriveva Gentile: "A me in verità leggendo il Vangelo, da cui tante cose ho imparato, han sempre fatto una vivissima impressione quelle parole divine di Gesù - Non veni pacem mittere sed gladium. Veni enim separare hominem adversus patrem suum et filia adversus matrem suam. ... Questo il patto divino e la storia di tutte le religioni che hanno acceso nei cuori umani le maggiori fiamme d'amore, ma anche i più vasti incendi di odio".
 L'anno successivo Gentile scrisse un nuovo articolo per meglio definire le radici filosofiche e teologiche del fascismo, un testo in cui si rammentava che "tra gli iniziatori memorandi della nuova Italia è il grande filosofo napoletano Giambattista Vico". E ai contraddittori, che sorridevano a sentire "che il buon filosofo cattolico della Scienza nuova è tra i maestri spirituali del fascismo" [2],  suggeriva di studiare la morale eroica di Vico, che contempla i primitivi in  fuga per pudore dalla Venera vaga "e con la forza e le loro violente passioni conformi ai disegni della provvidenza fondarono le famiglie e quindi la società e lo Stato".
 A Gentile è stata attribuita l'intenzione di rovesciare la filosofia di Vico nel pensiero hegeliano. Ma il testo citato da Siena sembra manifestare una intenzione del tutto diversa, cioè riconoscere che la Scienza Nuova contempla il primato della divina Provvidenza nella storia: "Perché pur gli uomini hanno essi fatto questo mondo di nazioni ... ma egli è questo mondo, senza dubbio, uscito da una mente spesso diversa ed alle volte tutta contraria e sempre superiore ad essi fini particolari, che essi uomini si (Scienza Nuova, Conchiusione dell'opera).
 Alla luce della Scienza Nuova, Gentile chiarisce il significato della deplorata barbarie fascista: "intendete il significato giusto di questa barbarie e noi ce ne vanteremo, come di sane energie frantumatrici di idoli fallaci e funesti, e restauratrice della salute delle nazioni nella potenza dello Stato. La nostra barbarie sdegnerà la falsa cultura intellettualistica traviatrice e falsificatrice, prona e indulgente alle velleità individualistiche e agli egoismi anarcoidi, come sdegnerà la falsa pietà e la ipocrita fratellanza e perfino le regole del galateo che divezzino dalla rude e sana franchezza e avvezzino al reciproco inganno e a tutte le intollerabili tolleranze".
 La lettura del testo gentiliano appena citato sollecita gli storici non prevenuti ad esplorare i lontani e nascosti orizzonti dell'attualismo, ossia, giusta l'acuta interpretazione di Primo Siena, a svelare l'intenzione di Gentile di uscire dalle strettoie della filosofia hegeliana.
 Vico filosofo del fascismo" [3], sarà infatti il progetto dichiarato da Nino Tripodi, un acuto studioso militante nella Scuola milanese di Mistica fascista. Quasi anticipando la tesi di Francisco Elias de Tejada, Tripodi dimostrò che la Scienza Nuova è l'ultimo e vero orizzonte della riforma avviata da Benito Mussolini e da Giovanni Gentile.
 L’indirizzo dell’avanguardia fascista, peraltro, era stato dichiarato già nel 1919. Al proposito Siena ha rammentato un'osservazione di Nino Tripodi: “È significativo che proprio a  Vico, e proprio il 23 marzo del 1919, si sia riferito Paolo Orano nel commentare, sul Popolo d’Italia, la fondazione dei Fasci di combattimento. Orano indicava nel filosofo della Scienza Nuova il precursore dell’interpretazione del tempo, chiamandolo maestro dei nostri orientamenti ed evocando la sua teoria del fatto come sede del vero[4].
 Siena ha indicato la via percorribile da una cultura italiana post-fascista e da una destra finalmente liberata dai paradossi e dalle suggestioni iniziatiche (ridicolmente dadaiste ed eleusine) di un'avanguardia prigioniera dell'ultra-antico.

Piero Vassallo





[1]             Giovanni Gentile, "Caratteri religiosi della presente lotta politica", citato da Primo Siena, "Giovanni Gentile Un italiano nelle intemperie", Solfanelli editore, Chieti 2014, pag. 71.
[2]             Giovanni Gentile,"Che cosa è il fascismo",cfr. Pagine gentiliane, in: Primo Siena, "Giovanni Gentile Un italiano nelle intemperie", op. cit., pag. 89 e segg.
[3]             Il saggio di Tripodi , "Il pensiero politico di Vico e la dottrina del fascismo", fu pubblicato da Cedam, Padova 1941.
[4]              Cfr.: Fascismo così, Ciarrapico editore, Roma 1984 pag. 21. Il filosofo Paolo Orano (Roma 1875 - Padula  1945) dopo aver militato nel partito socialista aderì al fascismo. Nel 1936 fu nominato rettore dell'Università di Perugia.  Sostenne che "i patti del Laterano chiudendo e risolvendo il dissidio tra Stato e Vaticano in Italia, pongono come obbligo assoluto al cittadino, alla scuola, alla cultura di non riaccenderlo". Nel 1945, Orano fu imprigionato dagli alleati e chiuso nel campo di concentramento di Padula, dove morì.

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