lunedì 13 agosto 2012

Recensione: IL FASCISMO E LA TRADIZIONE ITALIANA di Piero Vassallo (Edizioni Solfanelli)


RIVALUTATA LA TRADIZIONE ITALIANA


  Dopo i pregevoli e recenti volumi, ‘Contravveleni e antidoti al pensiero debole’ (2011) e ‘I figli del sole’ (2012), Piero Vassallo si è ripresentato, in questi giorni, all’attenzione degli studiosi, con un nuovo aureo saggio dal significativo titolo ‘Il fascismo e la tradizione italiana’ (Solfanelli, Chieti, luglio 2012) ; studio che, idealmente, ripercorre alcuni temi già presenti nei menzionati volumi, tutti, comunque, caratterizzati dai tratti dell’originalità.
   Esso esordisce con tale categorica, e condivisibile, affermazione: "gli intellettuali-‘golem’, sapientemente mossi dai poter forti, ottengono il consenso o almeno l’assuefazione ai caratteristici prodotti dello ‘sfascismo’”.
   Poteri forti, aggiungiamo, che, dalla fine del secondo conflitto mondiale, non hanno fatto altro che demonizzare sia la politica e la cultura germaniche, sia, ancora, il fascismo e la secolare tradizione italiani dimenticando, a bella posta e con pervicacia, i risultati di un movimento che non ha fondato soltanto città e bonificato vaste aree malsane, ma ha pure operato profonde riforme sociali unitamente alla grande attenzione riservata alla scuola – Riforma Gentile -, alla scienza e al patrimonio intellettuale costituiti, per fare un esempio, dalla grande Enciclopedia Italiana.
   Istituzioni, per limitarci solo ad alcune, sempre autorevolmente promosse e dirette dal più grande filosofo italiano del Novecento – ed uno dei maggiori europei – che risponde al nome di Giovanni Gentile.  Ma, come osserva Vassallo, il metodo imposto dai cosiddetti ‘progressisti’ “regna e imperversa, quasi indisturbato, negli ambiti della teologia  inquinata dalla plutocrazia esoterica” e contaminata, altresì, da dottrine decadenti volte solo a sollazzarsi nell’apodittica convinzione  del fascismo quale ‘male assoluto’.
   Fermo restando, a dire dell’Autore, che nessuno può cancellare  “gli errori del fascismo né diminuire la gravità dell’ingiustizia compiuta nel 1938 quando furono approvate le leggi a difesa della presunta razza italiana”.
   Lo studioso genovese ricostruisce, da par suo, tutte le vicende, politiche, culturali e sociali,  che vanno dalla fine della seconda guerra mondiale ai giorni nostri non senza soffermarsi sui personaggi che si sono alternati sul proscenio della storia italiana, pontefici compresi – segnatamente Pio XII che nel 1949, a detta di Vassallo, “dichiarò il suo cordoglio  per la fine atroce di Mussolini” – e con l’aggiunta, sempre secondo il nostro studioso - che il fascismo italiano costituì  “l’eccezione, ovvero il nobile tentativo di percorrere la via di una modernità indirizzata oltre gli errori dei moderni”. In effetti, con tale operazione il movimento politico, nato in Italia,  recuperava la ‘Weltanschauung’ di quell’umanesimo cristiano che aveva avuto come illustri interpreti S. Francesco,S. Tommaso d’Aquino, Dante Alighieri e Francesco Petrarca, per riferirci solo ad alcuni.
   L’Autore, inoltre, padroneggiando, a menadito, la materia, non si lascia sfuggire le implicazioni relative a quei personaggi – nella fattispecie il Cardinale Siri – che seppero opporsi alle derive progressiste vaticinando la fine del comunismo successiva alla caduta del muro di Berlino. Ma, sempre al  papa Pacelli sono, da Vassallo, riservate pagine di alto significato morale oltreché spirituale per il semplice motivo che il vescovo di Roma fu l’uomo più pacifico e clemente del XX secolo ove si consideri la grandezza della sua missione pastorale con buona pace del drammaturgo tedesco Hocchuth che aveva cercato di infangarne la memoria.
   Tornando alla tradizione italiana e alla messa al bando, da parte di Mussolini, della Massoneria, lo studioso genovese non omette di ricordare, doverosamente, l’azione esercitata dal filosofo italiano Francesco Orestano; operazione tesa alla realizzazione della tanto attesa pacificazione fra Stato e Chiesa in un momento in cui il primo aveva bisogno dell’apporto della seconda, e viceversa; e ciò,  anche in vista di una collaborazione che mettesse fuori gioco le ingerenze neo-paganeggianti tedesche nella politica italiana.
Pure altri intellettuali – del calibro, ad esempio, di Nino Tripodi – contribuirono ad alleggerire il fascismo dalle seduzioni di alcuni sistemi speculativi non del tutto in linea con i dettami della tradizione italiana.
  In merito, il pensiero va subito a Giambattista Vico che di tale tradizione fu l’interprete più genuino ed autorevole con la sua ‘Scienza Nuova’ incentrata non solo sul principio del "verum ipsum factum”, bensì pure sulla categoria della Provvidenza quale fattrice di tutte le cose. Per non parlare, altresì, della posizione antirazionalistica e anticartesiana del grande filosofo napoletano, così apprezzata, a detta di Tripodi,  per la netta rivendicazione della responsabilità dell’agire umano nell’ambito della storia.
   Ma, se le suddette considerazioni sono vere, è altrettanto certo che anche l’attualismo gentiliano ebbe un ruolo importantissimo in direzione dell’affermazione del ‘novus ordo’ instaurato dal fascismo; e ciò, per il semplice motivo che più visioni del mondo contribuirono a conferire una sistemazione filosofica alla novella impalcatura politica: il futurismo, il sindacalismo rivoluzionario, il sorelismo, la filosofia di Gentile, etc. Speculazione, quest’ultima,  sempre apprezzata dall’Autore del libro in questione.
   Non a caso, nel volume ‘Cos’è il fascismo?’, Mussolini riconosceva che “Giovanni Gentile esaltava, nel Fascismo, un ideale ‘intelligentemente universale e umano'” e, nel medesimo saggio, egli, sottolineava che  “la riforma Gentile ha portato uno spirito nuovo nelle scuole italiane, uno spirito di probità, uno spirito di dignità, uno spirito di serietà di lavoro”.

Ciò significa, evidentemente, che anche Gentile s’inseriva, ‘iusto iure’, nella falsariga della tradizione italiana; e il discorso ‘La mia religione’ del 1943, riconfermava la sua professione di fede con queste testuali parole: “Sono cristiano perché credo nella religione dello spirito. Ma, voglio subito aggiungere, a scanso di equivoci: io sono cattolico. E non da oggi; sia anche questo ben chiaro. Cattolico a rigore,  sono dal giugno 1875, ossia da quando sono al mondo”. 
   Il libro di Vassallo, ricchissimo di considerazioni e di notizie, sempre di prima mano, si sofferma anche sul pensatore Augusto Del Noce al quale non mancarono dubbi ed incertezze consistenti, per lo studioso ligure, nel  “liberalismo ‘nel suo senso etico’ ”.
Dopo aver discettato, ‘ex professo’, sul fascismo, sul post-fascismo e sui migliori  eredi della dottrina politica fondata da Mussolini - quali Enzo Erra,  Vanni Teodorani, Primo Siena, Giano Accame, Giovanni Volpe e numerosi altri – tutti in contrasto con la linea almirantiana – lo studioso genovese completa la propria fatica con altre osservazioni.
  Come, ad esempio, quelle, su Julius Evola che fraintese, nel dopoguerra “la lezione cesarista interpretata da Mussolini e dalla scuola di Mistica fascista”, su Elias de Tejada che definì gli hegeliani pensatori  “fuori tempo massimo”  e su tante altre figure sbandate  “dell’antifascismo a destra”, secondo le testuali parole di Vassallo. Non mancano in questo saggio alcune riflessioni sulla concezione corporativa sia inerente al versante del regime, sia concernente il pensiero cattolico; quest’ultimo trovò in Giuseppe Toniolo il suo corifeo più eminente ed agguerrito.
   Tutto ciò, ed altro, è presente nel pregevole saggio ‘Fascismo e la tradizione italiana’. Sorretto dalla consueta preparazione filosofico-culturale e dalla solita ‘vis’combattiva dell’Autore, il volume si fa anche apprezzare per l’acutezza dello stile che tiene desto il lettore senza concedergli mai nessuna tregua.  

Lino Di Stefano



Piero Vassallo
IL FASCISMO E LA TRADIZIONE ITALIANA
Pagg. 152 - Euro 12,00